Il consigliere Borga risponde alle domande del comitato

La pagina del consigliere provinciale Rodolfo BorgaTra i pochi consiglieri provinciali che hanno dedicato attenzione al disegno di legge di iniziativa popolare n.328 possiamo annoverare il consigliere provinciale Avv. Rodolfo Borga. Il consigliere, che appartiene al gruppo consiliare del Popolo della Libertà e che svolge anche le funzioni di vicepresidente della Prima commissione permanente, ha analizzato le proposte del ddl ed ha cordialmente risposto alle nostre domande nel corso delle vacanze pasquali.
La sua disanima è frutto di una lettura attenta della proposta di legge e si proietta ad analizzarne i possibili effetti che deriverebbero ipotizzando un’applicazione pratica della stessa. Le risposte originano da ragionamenti logici lineari che le rendono comprensibili al comitato promotore poiché esplicitate chiaramente insieme ai valori etici e personali che caratterizzano le sue posizioni.
Inoltre, il metodo utilizzato nella compilazione delle risposte risulta essere di notevole utilità al fine di rendere maggiormente interpretabile la sua posizione e facilitare quindi i lavori in commissione. In questo senso, crediamo che un simile approccio sia quello ottimale per migliorare la qualità del dibattito e quindi il risultato finale che verrà raggiunto nel corso dei lavori in commissione ed in Consiglio provinciale.
Le risposte del consigliere Borga sono riportate di seguito:

Domande relative alla proposta EDUCAZIONE CIVICA
I.      È d’accordo con questa proposta?

II.     Crede sia opportuno integrarla/migliorarla? Se si, come?
Dipende da come sarebbero strutturate le ore di lezione. Non nascondo, peraltro, le mia perplessità, determinate da due ordini di ragioni. La prima attiene al rischio di un'”ideologizzazione” dell’insegnamento. Rischio che, visti i tempi, non mi pare poi così remoto. La seconda è di carattere più generale e riguarda il numero crescente di materie e conseguentemente di ore di lezione previste per i nostri ragazzi. Sono convinto che le materie e le ore siano troppe e che, in un momento caratterizzato da un preoccupante analfabetismo di ritorno (la povertà lessicale e sintattica dei discorsi ed ancor più delgi scritti è preoccupante), ciò che si dovrebbe fare è concentrare le ore d’insegnamento in materie che finiscono con il trovare sempre meno spazio. Penso prima di tutto all’italiano, ma anche alla storia, alla matematica od al latino. E cioè alle materie che, al di là delle nozioni, aiutano a fornire agli studenti gli strumenti logico-intellettuali per affrontare al meglio il futuro. In tale contesto l’inserimento d ulteriori ore di lezione  mi lascia assai perplesso. Tra l’altro, una rigorosa formazione scolastica credo aiuterebbe la formazione di persone “pensanti” ed in grado quindi di meglio partecipare anche alla gestione della cosa pubblica, che non qualche ora in più di lezione. Infine, non nascondo la mia innata ritrosia nei confronti dello Stato che intende educare i cittadini. L’educazione è un compito che spetta in primo luogo alla famiglia. E se è vero che in un momento di crisi della famiglia la scuola può anche essere chiamata ad un ruolo di supplenza, è altrettanto vero che la pretesa di educare le persone, di formare il cittadino l’abbiamo già vista.

PRITANI
III.    Cosa pensa dell’istituto dei Pritani inserito in questa legge?
IV.    Per quale funzione lo proporrebbe se esistesse ora?
Mi pare che la funzione dei pritani sia piuttosto limitata. Sostanzialmente, per quanto mi è dato comprendere, possono, a determinate condizioni, sottoporre al Consiglio od alla Giunta delle proposte su questioni individuate dal Consiglio provinciale (almeno 1/3), dalla Giunta (almeno un componente), da 10 Comui (con almeno 20.000 abitanti complessivi) o da almeno 2.500 residenti. Ciò considerato, mi pare che analogo risultato possa essere raggiunto altrimenti, anche con modalità meno complesse e costose. Vedi di seguito le petizioni.

PETIZIONI
V.     Quale è la sua posizione su questa proposta?
VI.    Ritiene vi siano modifiche o integrazioni da fare, e se si, quali?
La proposta mi pare condivisibile. Tra l’altro, la possibilità che Giunta o Consiglia possano essere chiamati ad esprimersi sulle questioni sollevate, mi pare possa raggiungere il medesimo risultato dell’istituto dei pritani, con minori costi e più semplicità. A mio avviso, però, il numero delle firme deve essere fissato in numero tale da evitare che possano essere presentate petizioni di poche persone, con conseguente intasamento delle commissioni e del consiglio e “svilimento” dell’istituto. Deve essere precisata l’età minima dei firmatari (iscritti nelle liste elettorali o sedicenni?). Deve, inoltre, ferma la possibilità di sottoscrizione via e-mail, essere limitata la possibilità di sottoscrizione ai residenti geograficamente lontani alle sole petizioni che rivestono carattere generale (penso, ad esempio, alla questione inceneritore). Laddove un interesse generale invece non vi sia, la sottoscrizione dovrà essere limitata ai cittadini direttamente interessati.

DIBATTITO PUBBLICO
VII.   Quali sono a suo parere i pro e i contro del dibattito pubblico per le grandi opere?
VIII.  Per quali opere pensate o in corso di valutazione sarebbe disponibile a chiedere subito un serio dibattito pubblico anche in assenza di obblighi di legge?
IX.   Non ritiene che sia proprio l’assenza di volontà di confronto con la popolazione che molte opere in Trentino richiedono anni per essere anche solo iniziate?
X.   Potrebbe essere una spiegazione per la mancanza di confronto il fatto che la possibilità di dire “decido io”, ossia esercito un potere, sia spinta maggiore per il politico che non la volontà di trovare soluzioni ai problemi?
Considerato il termine non superiore a sei mesi (con proroga di non più di tre) per la durata della procedura, mi sentirei di esprimere parere favorevole alla proposta, sia pure con alcune cautele. E’, infatti, a mio avviso opportuno limitare i casi in cui è possibile ricorrere alla procedura, con riguardo sia al numero dei cittadini (elettori?) richiedenti (1.500 possono essere veramente pochi), sia alla tipologia delle opere. Se si prevede per opere aventi grande impatto sociale, economico, territoriale o ambientale (a tale riguardo sarebbe necessario specificare bene cosa s’intende con tale locuzione) può andare bene. Faccio però presente che si vuole estendere alle opere di costo superiore ai due milioni di euro o che necessitano di VIA o VAS, si amplia di molto (troppo) la platea dei possibili interventi sottoponibili a dibattito. Le controindicazioni inerenti il possibile rallentamento od addirittura la paralisi dei lavori pubblici, mi pare siano superate dal termine di sei mesi e dalla circostanza per cui l’opera potrà comunque essere realizzata (con adeguata motivazione) quale che sia l’esito del dibattito. Essendo contrario in linea di principio alle consultazioni prive di quorum, per quanto mi riguarda il dibattito potrebbe anche essere obbligatorio. Ovviamente esiste un problema di corretta gestione della procedura (art. 17). Infine, per quanto riguarda il Trentino, tre opere che avrebbero potuto essere sottoposte a dibattito potevano essere la Valdastico, Metroland e l’inceneritore, le ultime due ormai di fatto abbandonate perché insostenibili economicamente.

INIZIATIVA POPOLARE E REFERENDUM CONFERMATIVO
XI.     Cosa pensa della iniziativa popolare?
XII.    Cosa pensa dei referendum confermativi?
XIII.   Quale è la sua posizione sui 3 punti qualificanti della proposta sul referendum (materie, firme, quorum)?
XIV.   Quali emendamenti pensa eventualmente di proporre?
Come anticipato, sono contrario agli istituti in esame. Di fatto sarebbe possibile proporre referendum su qualsiasi atto, anche amministrativo, di competenza della Provincia, anche se con riferimento agli atti amministrativi (art. 23, coma 2) la questione non è chiara. Ad esempio, cosa si prevede per gli atti amministrativi che prevedono tagli in luogo di uscite? Pare comunque facile prevedere che ciò determinerebbe un ricorso assai frequente all’istituto, determinato non soltanto da motivazione d’interesse generale, ma anche, e sopratutto, di carattere corporativo. Alcune categorie, numericamente consistenti, potrebbero percorrere con frequenza tale strada e, forti dei numeri, in assenza di quorum, ottenere l’esito sperato. Ma non sempre l’interesse particolare coincide con quello generale.
Altre considerazioni:
– Mentre è comprensibile che su progetti di particolare rilievo i cittadini siano chiamati ad esprimersi (vedi il dibattito), ritengo discutibile che l’intera attività amministrativa della Provincia sia condizionata da una serie d’interventi che di regola producono conseguenze che vanno oltre il “caso specifico” oggetto di consultazione.
– Ritengo che gli istituti in esame finirebbero con l’attribuire troppa influenza a minoranze di elettori motivate ed organizzate, che finirebbero con il prevalere sulla maggioranza dei cittadini che, a torto od a ragione, ritengono “esaurito” il proprio ruolo con il voto e pretendono, non a torto in verità, che ad occuparsi dell’amministrazione della cosa pubblica siano coloro che per questo sono stati eletti. E che sulla base del loro operato saranno giudicati alle elezioni successive.
– Vi è il rischio tangibile che persone non sufficientemente informate su questioni che non di rado sono assai complesse e richiedono competenze particolari, siano chiamate a prendere decisioni anche molto importanti che poi vincolano tutti sulla base di informazioni parziali o di suggestioni. Certo questo è un rischio che si corre anche con gli eletti nelle assemblee legislative, che effettivamente non di rado votano provvedimenti di cui non conoscono l’effettiva portata, spesso soltanto sulla base della indicazioni del partito d’appartenenza. Ma tale circostanza mi pare nulla tolga alla mia argomentazione.
– Infine, ritengo discutibile l’opzione di fondo della proposta, che mi pare raccolga in qualche misura quell’idea di democrazia diretta di cui tanto sentiamo parlare in questi giorni e che l’ispiratore del movimento di Grillo ha ipotizzato. Una sorta di controllo diretto dei cittadini (ma di fatto soltanto di una piccola parte di essi) sull’operato degli amministratori, che di fatto dovrebbero diventare, anche mediante l’utilizzo della rete, dei meri esecutori delle direttive impartite dagli elettori (ma quanti e quali?) via internet. A prescindere dal fatto che in tale ottica vien da chiedersi a cosa servano le assemblee legislative, ritengo, sulla base dell’esperienza maturata, che vi siano una gran numero di questioni troppo complesse per poter essere gestite “direttamente”. Ovviamente ciò non significa che gli eletti offrano garanzie di competenza, ma è innegabile che chi è chiamato ad occuparsi a tempo pieno di amministrazione, abbia (quantomeno in teoria) maggiori possibilità di assumere decisioni consapevoli. Evidenzio, concludendo, la, pur non dirimente, questione dei costi, che, ove l’istituto fosse attivato con una certa frequenza, non sarebbero irrilevanti (oltre a queli inerenti il voto, segnalo quello inerente l’invio dell’opuscolo di cui al 2° comma dell’art. 30 ad oltre 300.000 persone).

Ferme le mie perplessità di fondo, segnalo comunque l’opportunità di alcune modifiche:
a) Una più precisa individuazione degli atti amministrativi oggetto di referendum.
b) L’attribuzione ai Consigli comunali e non genericamente ai Comuni della possibilità di richiedere il referendum. Diversamente credo che debba intendersi come organo titolare la Giunta, il che non mi pare opportuno.
c) La modifica del numero degli elettori/sottoscrittori per le questioni inerenti le minoranza linguistiche. C’è, infatti, una rilevante sproprozione tra il numero di elettori stabilito per le questioni che interessano tutta la popolazione trentina e quello stabilito per le questioni che interessano le minoranze. Sarebbe opportuno prevedere per le minoranze linguistiche un numero di sottoscrittori in misura percentuale corrispondente a quella prevista per tutti i Trentini. Inoltre, si dovrebbe a rigore distinguere minoranza e minoranza. Mocheni e Cimbri sono qualche centinaio, mentre i Ladini qualche migliaio. In sostanza, se per i referendum “trentini” si prevede la sottoscrizione di una certa percentuale di iscritti alle liste elettorali, la medesima percentuale dovrebbe essere prevista per i referendum che interessano le minoranze linguistiche.
d) Infine, non si comprende perché i due membri della commissione per la partecipazione eventualmente designati dai promotori possono essere privi dei requisiti prescritti per quelli nominati dal Consiglio provinciale. I requisiti debbono essere gli stessi per tutti. Alternativamente (e mi pare la soluzione migliore) si preveda un membro incaricato di rappresentare le ragioni del comitato promotore in commissione, privo però di diritto di voto.

LEGGE ELETTORALE E REVOCA DEL MANDATO
XV.     Quali è la sua posizione nei confronti delle norme che prevedono la revoca del mandato da parte dell’elettorato?
XVI.    Cosa pensa del limite dei mandati?
XVII.  Quale è la sua posizione sull’anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati e cosa dovrebbe contenere a suo parere?
XVIII.  E’ d’accordo con questi 3 articoli, ed eventualmente quali eliminerebbe o emenderebbe, e in questo caso, come?
Art. 44 (mozione di sfiducia di iniziativa popolare): Favorevole.
Art. 45 (limite dei mandati): Due mandati per presidente ed assessore possono essere sufficienti. Discutibile il limite dei tre mandati per il consigliere. Penso soprattutto, in un contesto piuttosto “condizionato” come quello trentino, alle difficoltà di trovare candidati forti per le minoranze.
Art. 46 (pubblicità della situazione patrimoniale): Favorevole.

8 pensieri su “Il consigliere Borga risponde alle domande del comitato

  1. quante chiacchiere! Una persona può anche dire delle cose sensate, ma se milita in un partito di proprietà di un bugiardo puttaniere amico dei mafiosi e dei piduisti, che valore assumono le sue bele idee? Se l’immagina cosa succederebbe se affidassimo l’educazione dei figli a dei padri che assomigliano al signor Berlusconi? Rifletta,signor Borga:se lei vuol apparire credibile abbandoni quell’armata di servitori addestrati a dire sempre si al loro padrone.

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    • Bisogna dare atto a Borga che finora è stato l’unico tra i consiglieri provinciali a rispondere alle nostre domande. Insieme a Bombarda e Firmani è fra i pochi che ha ascoltato le istanze del comitato.
      Ora, a differenza di quanto sta accadendo con gli altri consiglieri provinciali, con Borga abbiamo avviato un dialogo che si è peraltro esteso ad un incontro organizzato dall’UDU presso la facoltà di Sociologia di Trento nel corso del quale abbiamo parlato dell’eliminazione del quorum e di democrazia diretta. Il dibattito è stato moderato dall’ex difensore civico Donata Borgonovo Re ed hanno partecipato Mattia Tomasi (che ha scritto una tesi sulla democrazia diretta), Stephan Lausch, Claudio Civettini ed il sottoscritto.

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  2. “..anche con gli eletti nelle assemblee legislative, che effettivamente non di rado votano provvedimenti di cui non conoscono l’effettiva portata”
    La formazione del consenso, per i referendum, è basata proprio sulla creazione di “leader” che trascinano la gente, portando avanti argomentazioni…mentre per gli eletti si fa quello che comanda il partito.
    Non so perchè mi fido di piu’ dei cittadini 🙂

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    • Esatto, gli strumenti di democrazia diretta danno valore alle proposte lungimiranti ed impegnano il popolo a valutarne i possibili effetti futuri interiorizzandone anche le motivazioni che le hanno originate. Questo è il modo migliore per selezionare i leader e la concretezza delle loro idee, per far rispettare le leggi poichè condivise e quindi per aumentare l’efficienza delle politiche pubbliche.

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