Il vero risultato del referendum di Malles

Il titolo può sembrare paradossale. La risposta ovvia è che il referendum di Malles ha stabilito che venga modificato lo Statuto Comunale, prevedendo che nei trattamenti sulle coltivazioni siano utilizzati fitosanitari biodegradabili, quindi tendenzialmente di origine naturale, per limitare i loro effetti a breve e lungo termine sulla salute pubblica.

I commenti si sono concentrati sul risultato finale, e se la decisione sia una buona scelta o meno.

Ma per chi si occupa di migliorare gli strumenti di partecipazione democratica alle scelte pubbliche non è la scelta in se per il singolo caso che conta. Il popolo può sbagliare, come possono sbagliare i rappresentanti e come può sbagliare una valutazione chiunque di noi.

Di per se non è rilevante se la scelta fatta sia la più “giusta”, qualunque cosa si intenda per giusta.

Malles

Il paese di Malles con il Piz Sesvenna sullo sfondo

La questione rilevante è il processo che ha condotto a questa scelta, che ribadisce in maniera chiara quelle che sono le tesi che noi portiamo avanti con il progetti di iniziativa popolare in discussione in Consiglio e che molti Consiglieri e la Giunta, con in testa il presidente Rossi, cercano di affossare.

Quali sono gli elementi più importanti?

Innanzitutto che con quorum zero, il 20% è un palliativo per chi non ha il coraggio di eliminarlo, non vi è stata una campagna per l’astensionismo. Questo pessimo comportamento, che per altro invita a non compiere un dovere civico sancito dalla Costituzione, è stato completamente eliminato da questa semplice previsione regolamentare.

Entrambe le parti hanno fatto campagna unicamente sul merito della proposta. E questo è un risultato di democrazia e civiltà, che dimostra quanto abbiamo sempre sostenuto, ossia che il quorum avvelena il dibattito politico.

Che è anche quello che ha illustrato Robert Louvin nella conferenza di informazione organizzata dalla Presidenza del Consiglio Provinciale. So che nemmeno l’evidenza sarà sufficiente a far ragionare i sostenitori del quorum, ma per chi vuole valutare i fatti, questi sono davanti agli occhi di tutti.

Altro risultato è che il numero dei votanti è stato percentualmente superiore a quello delle ultime elezioni comunali. Anche questo in perfetto accordo con la tesi, da noi sostenuta sulla base delle evidenze empiriche degli altri paesi, che abolire il quorum aumenta la partecipazione. Ma in effetti chi vuole il quorum è anche chi invita all’astesione, e quindi nei fatti è contrario alla partecipazione, anche se magari a parole dichiara di volerla.

Infine sul risultato è importante la percentuale: 75% contro 25%. Contrariamente alle votazioni con il quorum, dove solitamente vanno solo i sostenitori e quindi le percentuali sono circa 95% di si, gli altri voti nulli, astenuti e qualche no di chi si ricorda il suo dovere civico, qui si ha una buona fotografia delle differenze tra sostenitori e contrari alla proposta.

A parte l’effetto sulla segretezza del voto, che con il quorum non è affatto garantita con distorsioni della volontà popolare effettiva, il confrontare favorevoli e contrari ha anche un effetto sulla riflessione post voto che la comunità può fare su se stessa.

Faccio spesso l’esempio della prima votazione in Svizzera sull’abolizione dell’esercito. Lo scoprire che quasi un terzo della popolazione aveva votato contro l’esercito, una cosa quasi inconcepibile visto il diffuso attaccamento alla tradizione dell’esercito di milizia, portò all’istituzione del servizio civile. In effetti, anche chi votò no vinse quell’elezione.

In una democrazia funzionante non solo il processo che porta alla votazione induce un dibattito nella società sui temi che vanno in ballottaggio, ma la discussione non si ferma dopo la votazione al semplice si o no, ma continua con l’analisi dei risultati e le proposte che da questa analisi possono scaturire.

Vale anche la pena di notare che il referendum propositivo riguardava modifiche allo statuto comunale, tema spesso esplicitamente escluso in molti nostri comuni dalle materie sottoponibili a voto popolare. La possibilità di votare su tutti gli argomenti per i quali ha diritto di iniziativa il consiglio comunale (e in generale, l’organo legislativo) è per noi questione fondamentale. Un plauso va all’intero consiglio comunale, che nel rivedere gli strumenti statutari e i regolamenti di partecipazione ha dato una corretta interpretazione della sovranità popolare.

Purtroppo non è da tutti. E questo è stato dimostrato anche dagli interventi politici durante la campagna referendaria. Quando Arnold Schuler, assessore all’agricoltura e ai comuni, ha provato a limitare il significato del referendum, è toccato al Sindaco di Malles ricordargli che un referendum non è un sondaggio.

Vale la pena ricordare che Schuler è stato l’estensore e il relatore della legge “truffa” sulla democrazia diretta bocciata dal voto popolare il 9 febbraio scorso. Evidentemente non ha ancora capito la lezione: “quando il Popolo parla, il Governo si inchina”.

Penso sia legittimo credersi superiori al popolo. Ma chi lo crede deve anche avere il coraggio e l’onestà di dire che non si riconosce nella democrazia, e che vorrebbe una forma di governo differente.

5 pensieri su “Il vero risultato del referendum di Malles

  1. Condivido con Ruggero Pozzer. Splendide le riflessioni di Stefano Longano.
    Sottolineo il passaggio in cui dice che i temi oggetto di una consultazione non si esauriscono con l’esito ma sono occasione per approfondimenti che continuano e che producono effetti come l’introduzione del servizio civile in Svizzera.
    Fantastico il rimbrotto del Sindaco all’assessore all’agricoltura che gli ricorda come un referendum non sia un sondaggio.
    Qualche dubbio sull’asserzione che entrambe le posizioni fanno campagna sul merito della questione. Leggo dal blog di Internazionale http://www.internazionale.it/opinioni/gerhard-mumelter/2014/09/09/il-comune-che-rifiuta-i-pesticidi/#comment-1583029510 che alcuni promotori dell’iniziativa sono stati aggrediti verbalmente, hanno subito danni nei giardini, nelle tombe di famiglia. Sono convinto anch’io che la pratica degli strumenti di democrazia diretta porti ad un confronto leale e approfondito ma probabilmente serve anche una sperimentazione abituale per vedere a pieno gli effetti straordinari del decidere insieme. Io se avessi votato leggendo il pamphlet del comune spedito ai cittadini avrei votato no e sarei stato con la minoranza. Non ho partecipato a tutto il lungo confronto ma se avessi saputo che i promotori erano stati minacciati avrei probabilmente votato diversamente. La protervia e la prepotenza mi avrebbero convinto a votare l’altra parte.
    Un altro dubbio sul fatto che il quorum non garantisca la segretezza. Vuol essere un motivo per abolire il quorum. A sostegno dell’abolizione io preferisco far notare quanti siano coloro che hanno deciso debba esserci un quorum. Mai sono stati i cittadini a volere questa regola. È sempre stata imposta dall’esigua minoranza degli eletti.
    L’esigenza della segretezza nasce dal fatto che non ci sentiamo tra pari. A Glarona votano per alzata di mano ancora oggi. In molte assemblee di società anche in Italia si vota solo con voto palese. Per approvare il bilancio del mio fondo integrativo pensione per esempio. Anche nei town meeting del New England credo ci sia il voto palese.

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  2. Vi ringrazio dei commenti. Ho un paio di integrazioni basate sul commento di Emanuele.
    Sulla questione del dibattito, so anch’io che vi sono stati degli episodi di violenza e intimidazione contro i promotori. Coloro che li hanno perpetrati meritano una condanna sociale prima di tutto e penale, sperando che vengano individuati. Chi utilizza questi mezzi non ha cittadinanza in un consesso civile.
    Non mi sembrava quindi il caso di sottolineare che chi ha fatto campagna “civilmente” lo ha fatto unicamente sul merito della questione. Non vi sono stati (antidemocratici) appelli ad andare al mare da parte di nessuno. E nessuno si è spinto a giustificare, o persino a legittimare, un comportamente in palese contrasto con i doveri civici dei cittadini.
    E in fondo l’assenza di quorum in qualche modo aiuta anche a mitigare il potere di coloro che utilizzano mezzi intimidatori per influire sui risultati. Perchè è facile controllare chi va o non va a votare, mentre è più difficile controllare cosa ciascuno vota.
    Per quanto riguarda il quorum, esistono moltissime ragioni per abolirlo. Per esempio l’amico Paolo Michelotto ne cita 13:
    http://www.paolomichelotto.it/blog/2011/05/23/13-motivi-per-abolire-il-quorum-dai-referendum/
    La Commissione di Venezia, nel suo Codice di Buone Pratiche sui Referendum è più stringata, ma non meno tranchant.
    Ma visto che avevo citato l’art. 48, mi pareva utile ribadire quanto veniva prima dell’affermazione sul dovere civico di votare:
    Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
    Lo stesso vale per l’art. 21 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo:
    Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
    Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
    La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, a voto segreto o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

    Spero di non trovare sofisti che dichiarino che queste disposizioni si applicano solo alle elezioni e non alle votazioni (referendarie).
    Perchè si possa parlare di voto libero, questo deve anche essere segreto. Troppe sono le possibilità di pressione altrimenti.
    Sebbene sia certamente vero che sia nei Landsgemeinde dei Cantoni di Glarona e Appenzello Interno si voti per alzata di mano, così come in molti comuni svizzeri dove non vi è consiglio comunale ma solo l’assemblea dei cittadini, le regole, i temi trattabili e le modalità di discussione sono comunque normati e relativamente limitati, mentre altri aspetti sono lasciati a votazioni nell’urna. Sui Town Meeting, anche è possibile deferire una questione ad un voto referendario, invece che ad un voto in assemblea, per mozione presentata prima o durante l’assemblea stessa. E vi si ricorre spesso quando il tema è controverso.
    Vi sono pro e contro al voto palese. Credo che nel nostro contesto siano opportuno, per quanto possibile, utilizzare il referendum con voto segreto.
    Riguardo la tua nota sulle assemblee societarie, la mia esperienza come socio di una cassa rurale mi fa vedere come il voto palese renda più forte la posizione degli attuali amministratori (che poi decidono se darti il mutuo o estenderti il fido) rispetto ai soci.
    Credo che almeno l’elezione degli amministratori andrebbe fatta a voto segreto, così come tutte le materie che riguardano le singole persone in linea generale. Credo migliorerebbe molto la selezione dei vertici.
    Ritengo anche che il voto sull’approvazione del bilancio andrebbe fatto a voto segreto. Anche in questo caso credo si migliorerebbe la gestione complessiva.
    Ma queste sono questioni diverse.
    Le scelte pubbliche e quelle private sono comunque soggette a dinamiche differenti.

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  3. Mi scuso con te Stefano se sono risultato pedante. Volevo solo proporre un ulteriore punto di vista che intendeva rafforzare l’idea che la pratica costante delle decisioni condivise alla lunga risolve anche episodi di tentativi di intimidazione.
    Anche per il voto segreto sono d’accordo con te che non possiamo farne a meno stante la situazione attuale ma fossimo tra pari…
    Non hai commentato il motivo aggiuntivo che propongo io per togliere il quorum. Il quorum così come il numero di firme per avviare una consultazione è deciso dai rappresentanti. Tutto qua. Evidenziavo che è un’anomalia.

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  4. No, non scusarti. Anzi, mi scuso io se ho involontariamente fatto pensare che il mio fosse un intervento in contrasto al tuo.
    Volevo unicamente aggiungere alcune considerazioni che non avevo incluso nell’articolo, e che mi sembrava utile integrare alla luce del tuo intervento.
    Eventualmente quindi sono stato io il pedante :-).
    Per quanto riguarda la tua osservazione, non ho commentato perchè mi sembra assolutamente corretta e evidente. Anzi, è mia opinione che mai si dovrebbe lasciare ai rappresentanti eletti legiferare su quanto li riguarda direttamente.
    Possono fare proposte legislative, ma queste dovrebbero sempre ed obbligatoriamente passare per il voto popolare.
    E per questioni che li riguardano, intendo quanto meno:
    Costituzione e leggi costituzionali, soprattutto quelle che riguardano l’ordinamento dei c.d. organi costituzionali, che altrimenti si sentono pericolosamente del tutto indipendenti da ogni controllo, quali per esempio la Corte Costituzionale o il Consiglio di Stato.
    Le leggi che determinano la dotazione finanziaria degli organi costituzionali e gli emolumenti pagati da questi ai suoi membri
    Leggi elettorali
    Leggi sui diritti popolari di partecipazione
    Le leggi che istituiscono nuove tasse o incrementano quelle esistenti
    Le leggi che devolvono la sovranità nazionale a enti sovranazionali (trattati internazionali vincolanti)
    Le leggi che finanziano grandi opere (spese uniche o pluriennali superiori ad una soglia prefissata)
    Le leggi urgenti che non hanno carattere temporaneo e limitato (i c.d. decreti legge)

    In tutte queste questioni, chi decide ha potenziali conflitti di interesse, o in ogni caso sono potenzialmente influenzabili da motivazioni che non sono quanto il popolo sovrano ritiene bene comune.

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