Referendum. Il quorum di partecipazione è dannoso per la democrazia

ci-prendono-per-il-quorumLe discussioni sul quorum di partecipazione applicato ai referendum sono oramai una costante del dibattito politico italiano degli ultimi due decenni. Da un lato coloro che lo vogliono eliminare, dall’altro coloro che sono favorevoli al mantenimento dell’ostacolo a una piena partecipazione popolare. I primi si sforzano di considerare elementi empirici e analisi giuridiche comparative per palesare le disfunzionalità prodotte dal quorum mentre i secondi giustificano le loro posizioni su premesse che, nella maggior parte dei casi, si basano su fondamenti logici precari.

Oltre che per gli approcci analitici, i due gruppi si distinguono però anche per la finalità della loro azione. Gli appartenenti al primo gruppo hanno sovente a cuore i principi democratici e il rigore delle regole nell’affrontare i processi decisionali, invece, i secondi, sembrano divisi in due fazioni. Un sottogruppo che, secondo la classificazione idealtipica dell’azione sociale di Max Weber, sembrerebbe agire per abitudini acquisite “obbedendo a dei riflessi radicati da una lunga pratica senza chiedersi se esistano altre strade per raggiungere lo stesso scopo” (azione tradizionale). E un sottogruppo ben organizzato che parrebbe agire con tecniche raffinate ad alto livello (vedi le controriforme costituzionali in via di approvazione) per conservare la struttura del potere costituito.

L’effetto più deleterio del dilungarsi della disputa sul quorum è la fossilizzazione dell’equilibrio sociale e politico in un processo di generale decadimento culturale. La mancata disciplina di strumenti referendari ispirati alle buone pratiche democratiche causa l’incagliarsi dei processi decisionali a tutti i livelli di governo in ordine alle materie più disparate: sistemi elettorali, procedure per l’acquisizione della cittadinanza, riconoscimento dei matrimoni fra persone delle stesso stesso, indirizzi della politica dei trasporti, adeguamento dei diritti dei lavoratori, grandi opere, riforma previdenziale ed altro ancora.

Tale situazione non permette un dibattito politico equilibrato e informato contribuendo a determinare la cosiddetta disaffezione dei cittadini dalla politica. Favorisce inoltre l’azione delle lobby e le contrattazioni sottobanco. D’altra parte è più facile corrompere un ministro o un assessore che l’intero corpo elettorale. La falsificazione degli esiti referendari e il conseguente svilimento dello strumento referendario, le cui modalità e frequenze di utilizzo, non a caso, vengono utilizzate per misurare la qualità della democrazia e del capitale sociale, sono quindi solo gli indicatori del crescente gap fra eletti ed elettori.

Per affermare i principi democratici e per sgomberare il campo da convinzioni maturate erroneamente e da supposizioni arbitrarie, spesso finalizzate al mantenimento dello status quo, la Commissione di Venezia (per esteso Commissione per la Democrazia attraverso il Diritto, organo consultivo del Consiglio d’Europa), una volta per tutte e senza mezzi termini, ha ritenuto opportuno rispondere al dilemma raccomandando l’abolizione del quorum e di qualsiasi requisito relativo alla limitazione dell’affluenza alle urne.

L’organo del Consiglio d’Europa ha inoltre sottolineato recentemente (parere 797/2014 in ordine all’iniziativa popolare provinciale sulla democrazia diretta) che la misura dell’abolizione del quorum può essere compensata con un aumento della soglia di raccolta delle firme per richiedere un voto popolare. Tuttavia, non è bene che tale incremento sia eccessivo. Ad esempio, nel caso della Provincia Autonoma di Trento, il 2% degli aventi diritto al voto appare congruo per stabilire un ragionevole supporto alla richiesta di un referendum.

Tale raccomandazione dovrebbe essere tenuta in conto, non solo dal Consiglio provinciale che proprio in questi giorni ha ripreso l’iter dell’iniziativa popolare costituendo un gruppo di lavoro ad hoc, ma soprattutto dai consigli comunali, i quali, entro il 9 dicembre, dovranno adeguare gli statuti comunali alla legge regionale in materia referendaria.

Pubblicato su il Corriere del Trentino – 21 novembre 2015
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3 pensieri su “Referendum. Il quorum di partecipazione è dannoso per la democrazia

  1. Su questo argomento si sta creando un loop di un confronto teorico/intellettuale che non troverà mai fine. In alcune occasioni ho avuto modo di proporti una ipotesi concreta per uscire da questo stallo. La proposta è abbastanza semplice. Nessuno ha la dimostrazione concreta che la propria tesi sia quella più realistica. Se su entrambi i fronti non vi sono scheletri nell’armadio o convinzioni assolutamente immodificabili, l’unica possibilità alla quale non intravedo significative obiezioni sta nel proporre una fase transitoria sperimentale con soglie basse. Vedasi quorum zero, soglie di raccolta firme per indizione referendum differenziate per tipologia di tipo partecipativo /consultivo/ deliberativo ( basse ) e di referendum vincolanti abrogativo/propositivo (ragionevoli). Contestualmente nello statuto o nel regolamento sulla partecipazione si inserisce il concetto di verifica periodica che mette in evidenza abusi o non utilizzo di tali strumenti, che permette di tranquillizzare i politici che hanno perplessità e che “casualmente” sono la stragrande maggioranza trasversale di chi è stato eletto, ricordando che è in soli 60 giorni rendere operative modifiche statutarie potere modificare al rialzo le asticelle, ovviamente dopo averne dimostrato l’abuso. L’unica residuale obiezione, a cui prestare la dovuta attenzione, può essere quella dei costi, specialmente per chi non ha capito o recepito che il risparmio che è insito in realtà con la presenza di questi strumenti come la Svizzera insegna, all’interno della quale si dimostra oggettivamente che nei comuni più democraticamente virtuosi rispetto alla media nazionale Svizzera, il PIL è del 5% più alto, la raccolta rifiuti è inferiore del 10&, le tasse sono inferiori del 20% ed il debito delle casse comunali è più basso del 20%. Ciò non toglie che si debbano cercare modalità con le attuali tecnologie, modalità operative e volontari si possano ridurre significativamente.

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    • Erminio, la tua proposta è non solo concreta ma anche di buon senso ma non devi rivolgerla ad Alex o al gruppo più democrazia. Devi riuscire a convincere gli eletti che sono in tutt’altre faccende affaccendati.

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  2. importante la riflessione proposta da Alex.
    Diciamo che se si facesse un sondaggio, i FAVOREVOLI al mantenimento del QUORUM sarebbero in soverchiante maggioranza proprio perché senza ragionarci su, senza assistere ad un confronto franco e ponderato, si risponderebbe “obbedendo a dei riflessi radicati da una lunga pratica“.
    Cosa accadrebbe se a decidere fosse la comunità dopo gli opportuni approfondimenti (non un sondaggio quindi) non ci è dato sapere perché non è consentito.
    Chi decide se c’è il quorum è un’esigua minoranza tra coloro che sono favorevoli al mantenimento del quorum e sono nel sottogruppo che agisce per conservare la struttura del potere costituito. Diversamente da quanto paventa Alex, io non credo che costoro abbisognino di tecniche raffinate ad alto livello per mantenere lo status quo, anzi, la tecnica più semplice è ignorare il problema e parlarne il meno possibile tanto, a decidere sono gli eletti.

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