La partecipazione nella nuova Costituzione: conferma di un triste paradosso

referendum-4dicembreA pochi giorni dal voto rendiamo note le motivazioni che ci inducono a respingere la proposta di nuova Costituzione Renzi-Boschi.

Nel rispetto delle diverse appartenenze dei soci, abbiamo deciso di guardare alle caratteristiche salienti e agli articoli della Riforma che riguardano le questioni della partecipazione e della sovranità popolare.

L’interrogativo che ci siamo posti per esprimere il nostro giudizio sulla Riforma è il seguente: il nuovo Testo favorisce l’accesso agli strumenti di democrazia diretta? Rimuove gli ostacoli normativi e operativi che negli ultimi 50 anni hanno reso impervio il ricorso alla partecipazione popolare? Restituisce effettivamente la libertà di voto ai cittadini?

La nostra risposta è NO.

La nuova Costituzione nei fatti rende più difficile il ricorso agli strumenti di democrazia diretta.
È certo l’innalzamento da 50mila a 150mila del numero di sottoscrizioni necessarie per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare (Art. 71), sono incerte le garanzie di trattazione e deliberazione (rimandate a regolamenti inesistenti).
Per quanto riguarda i nuovi istituti, ossia referendum propositivo e di indirizzo, siamo nuovamente al cospetto di un annuncio: nel mentre si modifica grosso modo 1/3 della Carta, per disciplinare la partecipazione dei cittadini e renderla effettiva si rinvia ad altra (e futura) legge costituzionale e ad altra (e futura) legge ordinaria di attuazione.

L’abbassamento del quorum partecipativo (Art. 75) a fronte della raccolta di 800mila firme non è elemento migliorativo di per sé. È evidente a tutti che già oggi in Italia solo chi dispone di un esercito di consiglieri comunali può riuscire a raccogliere legalmente 500mila firme in soli 6 mesi (si veda la recente vicenda relativa alla raccolta delle firme per il referendum costituzionale del 4 dicembre). Solo i grandi Partiti e le Organizzazioni sindacali dispongono di questo esercito. A tutti gli altri l’accesso è e rimarrà oggettivamente precluso. Chi potrà mai permettersi di ingaggiare a 25Euro/ora i cancellieri del tribunale per autenticare le firme?

Perché il Governo non ha presentato per tempo un disegno di legge per disciplinare favorevolmente la materia? Sarebbero bastante poche settimane per farlo – volendo. Attori e soggetti politici appartenenti a schieramenti diversi hanno presentato proposte concrete ma sono rimasti inascoltati.
Serve una legge che garantisca informazione e semplifichi le procedure, consentendo le firme online e ampliando la platea degli autenticatori, abolendo o perlomeno riducendo il quorum.
Non ci sono state risposte. La legge non è stata fatta. La nuova Carta è un florilegio di annunci.

La Costituzione su cui voteremo conferma un triste paradosso: gli istituti referendari, inseriti nella Carta con l’obiettivo di mettere a disposizione delle minoranze strumenti per poter contrastare mediante voto popolare le decisioni degli Esecutivi, sono e continuerebbero ad essere nella pressoché esclusiva disponibilità delle maggioranze, che ne faranno uso plebiscitario.

Come dice il Professor Rodolfo Lewanski (già presidente dell’Autorità per la Partecipazione della Regione Toscana) “la soluzione ai problemi della politica rappresentativa è “più democrazia” perché i mali della democrazia si curano con più democrazia e quindi con la partecipazione”.

Queste le nostre ragioni per dire NO alla Riforma Costituzionale.

VALUTAZIONE DELL’ARTICOLATO

I sostenitori della Riforma affermano che la Nuova Costituzione favorisce la partecipazione dei cittadini.

Noi non siamo di questo avviso e argomentiamo.

Questa Riforma conferma (e costituzionalizza) una effettiva riduzione degli spazi democratici e della rappresentanza, contraddicendo nella sostanza il principio fondamentale fissato all’articolo 1: “ … La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

Il nuovo Testo riduce significativamente la sovranità popolare: già oggi (cfr. Legge Delrio) i cittadini italiani non eleggono più i consiglieri provinciali, benché le Province ancora esistano – e i Prefetti pure.

La Riforma stabilisce che i nuovi senatori non saranno più eletti a suffragio universale.

Art. 57 “I Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori”. La disposizione è chiarissima: i nuovi senatori saranno eletti dai rappresentanti. Non è invece chiaro cosa significhi “metodo proporzionale” e neppure si comprende come tale metodo possa essere declinato in modo da non contrastare la disposizione costituzionale.

A questa incontestabile contrazione di democrazia rappresentativa purtroppo non corrisponde un adeguato contro-bilanciamento attraverso strumenti di democrazia diretta che favoriscano l’esercizio di vigilanza e controllo da parte dei cittadini sull’operato di chi li rappresenta (e che probabilmente sarà eletto con sistema ipermaggioritario). Nella nuova Costituzione gli strumenti di partecipazione sono genericamente nominati o annunciati, ma non vi è traccia di garanzie volte a favorire l’accesso a tali strumenti.

GLI ARTICOLI CHE SI OCCUPANO DI DEMOCRAZIA DIRETTA SONO IL 71 e IL 75.

Art. 71 – Il nuovo Testo triplica (da 50mila a 150mila) il numero delle sottoscrizioni necessarie per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare, lascia intendere di voler dare certezza alla discussione e alla deliberazione delle proposte, ma rinvia ai regolamenti parlamentari il compito di disciplinare tempi, forme e limiti della discussione/deliberazione.

Da un lato perciò la certezza, fissata in Costituzione, di un innalzamento delle firme, dall’altra l’incertezza, ossia il generico rinvio a regolamenti inesistenti.

Ma se la volontà politica è davvero orientata a favorire la partecipazione dei cittadini perché i vari Parlamenti, incluso l’attuale, non li hanno fatti questi regolamenti? Avrebbero potuto farlo, non serviva di certo riformare la Costituzione!

Eppure i numeri del “fallimento” dell’iniziativa dei cittadini è sotto gli occhi di tutti: dal 1979 al 2014 , sono state depositate in Parlamento 260 leggi di iniziativa popolare, ciascuna con almeno 50 mila firme.
Solo 3 di esse, ovvero l’1,15%, è stata poi votata e approvata. Tutte le altre sono state ri-assegnate alle Commissioni (ove giacciono congelate) oppure sono state chiuse in qualche cassetto, condannate all’oblio.

La formulazione del nuovo Art. 71 è molto generica e non costituisce effettiva garanzia per i cittadini proponenti. La storia italica non depone a favore di una rapida attuazione dei regolamenti, basti ricordare che tra l’entrata in vigore della Costituzione (1948) e l’approvazione della legge ordinaria di attuazione della norma costituzionale relativa al referendum trascorsero 22 anni ( 1970).

Art. 75. – Nessuna apertura sui cosiddetti limiti di materia. Continuiamo a non poterci esprimere, per esempio, sui trattati internazionali. Ci fu “concesso” un’unica volta, nel 1989. Un referendum consultivo, non vincolante per il Governo. Riguardava la trasformazione della Comunità Europea in Unione Europea. Per permettere il voto si aggiustò in fretta e furia la Costituzione (che non prevedeva referendum consultivo).

Poi la porta si richiuse.

Ancor più avvilente il 3° comma: si prefigura un “premio”, corrispondente ad un quorum di partecipazione parametrato sull’affluenza al voto alle precedenti elezioni politiche – nel caso in cui i proponenti raccolgano 800mila firme.

Nuovamente: l’orientamento dichiarato è davvero volto a favorire l’accesso a questi strumenti?

A partire dal 1978 a livello nazionale sono stati presentati 197 referendum.

Il 66% (circa 130) non ha passato il vaglio formale – per difficoltà nella raccolta delle firme o per lo stop della Corte Costituzionale.

Sui 67 Referendum sottoposti a voto solo 39 hanno raggiunto il quorum di partecipazione.

Questi numeri testimoniano l’approccio palesemente sfavorevole da parte delle Istituzioni e dei Governi nei confronti della democrazia diretta negli ultimi 50 anni.

La nuova Costituzione non compie alcun effettivo passo in avanti per restituire la libertà di voto ai cittadini rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono l’esercizio:

– non semplifica le procedure di autenticazione,

– non garantisce la neutralità degli esecutivi, come stabilisce il Codice di Buona condotta sui Referendum del Consiglio d’EuropaCommissione di Venezia

– non disciplina l’informazione prevedendo l’opuscolo informativo

– non introduce la sottoscrizione elettronica, invece ammessa e praticata per l’ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei)

– non considera il fattore tempo per la raccolta delle firme

-… semplicemente “NON”

Siamo di fronte ad annunci o, a voler essere benevoli, a favorevoli auspici.

Purtroppo né i precedenti Governi, né l’attuale – benché più volte sollecitato – si è adoperato per tradurre i benevoli auspici in azioni concrete.

CHI SIAMO – L’Associazione Più Democrazia in Trentino è nata scegliendo di essere allo stesso tempo apartitica e politica: nostro obiettivo primario, fissato nello Statuto, è adoperarci affinché i cittadini possano concorrere alla formazione delle decisioni che li riguardano anche tra un’elezione e l’altra facendo ricorso a strumenti di democrazia diretta e deliberativa. Ci impegniamo affinché la partecipazione popolare diventi pratica diffusa e sia normata (e praticata) ad ogni livello istituzionale, dai Comuni sino al Parlamento, nazionale ed europeo.

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6 pensieri su “La partecipazione nella nuova Costituzione: conferma di un triste paradosso

  1. aggiungerei questo entriando nel merito del quorum: Quanti referendum passati non hanno raggiunto la soglia del 37,6% di votanti? (come da nuova proposta Costituzionale e cioè il 50% delle ultime votazioni). Degli ultimi 23 referendum solo quello del 18/04/99 (quota proporzionale, 49,6%) e quello dell’acqua (12/06/2011, 54,8%) superarono l’ipotetico 37,6% citato sopra. Tutti gli altri, BEN 21 e cioè l’87%, sarebbero stati invalidati. Ricordiamoci che per le firme è richiesto il 60% in più rispetto a prima. DAVVERO SI AGEVOLA LA PARTECIPAZIONE come dicono i sostenitori del SI’?

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  2. A mio avviso continuiamo a fare alchimie matematiche lasciando immutate a ciscuno la loro soggettività di valutazione di numeri più o meno congrui.
    Dobbiamo invece, a mio avviso, cambiare l’approccio del confronto

    Prima domanda: al politco che ti sta di fronte.

    Tu sei sicuramente onesto e ritieni che le tue decisioni politico/amministrative sono il massimo positivo che tu possa esprimere e sei convinto che la maggioranza di chi ti ha votato e che ha votato il parttio o la coalizione a cui tu appartieni ti sosterrebbe su ogni tua decisione che hai preso o prenderai ?

    Seconda domanda:

    Con questa certezza, cosa ostacola la tua disponibilità a mettere normativamente gli strumenti di partecipazione permettendone concretamente e facilmente (raccomandazioni Commissione di Venezia) per te ed altri onesti come te ad un confronto con i cittadini per una verifica serena delle tue certezze, con informazione istituzionale ai cittadino con libretto informativo per ogni singolo elettore o nnucleo famigliare con uguale spazio per le varie tesi a confronto, con procedure certe e scadenze garantite?

    Dalla mia esperienza Credo che la risposta più probabile che il più delle volte nasce da un inconfessabile retropensiero o dall’inconscio, è quella di motivare la preoccupazione che quorum zero e basso numero di firme possa generare una valanga di istanze che intaserebbero gli uffici e frenerebbero l’attività decisionale politico/amministrativa.

    Terza domanda:

    Premesso che questa tua preoccupazione sia sincera e che non ti vuoi sottrarre a questo possibile confronto con la volontà dei popolo (art. 1), Pemesso altresì che queste soglie possono essere inserite in leggi costituzionale e non nella costituzione nella quale si potrebbe prevedere solo un quadro normativo, lasciando la definizione di tale soglie nei valori massimi proprio a referendum popolari.
    Saresti favorevole o contrario all’ipotesi di partire con quorum zero e sogle basse di firme e inserire nelle legge che obbligatoriamente e periodicamente debba fare una analisi dei fatti avvenuti e ci sia la possibilità di proporre un innalzamento di tali soglie, guistificate dai fatti e non a priori da preoccupazioni indimostrate.?

    Quarta domanda:

    Facendo riferimento anche riferimento all’esperienza di oltre 150 anni di utilizzo degli strumnenti di partecipazione diretta e referendaria nella Svizzera, non credi che l’utilizzo anche sistematco di tali strumenti, non sia un fastidioso ed inutile costo per le risorse pubbliche ma che possa essere considerato un ottimo investimentp come strumento educativo che possa riportare nei cittadini ad una partecipazione che gli compete alla vita politico/amministraiva e potrebbe diventerà sempre più matura, superando la attuale generalizzata crisi di disaffezione?

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  3. Cari Amici di Più Democrazia, ovviamente essendo voce minoritaria sul SI al prossimo Referendum all’interno del gruppo mi trattengo dall’aprire discussioni complicate, anche perché molte delle cose che dite sono difficilmente contestabili se si usa la lente del “quale posto e forza per i cittadini?” Nel senso che quanto esposto da Daniela va accettato a meno che non si assumano prospettive diverse.
    Tuttavia in una battuta permettetemi di “contropesare” il principio che i “cittadini sono sempre in grado di cogliere il filo rosso della ‘saggezza popolare'” che traspare da questi commenti alla riforma (Qualcuno forse ricorda un passo molto bello del Celestino V di Ignazio Silone che si esprime sulle grida di giubilo del popolo di Napoli).
    La nostra storia insegna che questa relazione tra “popolo e buon senso per una buona politica” non è una ‘relazione lineare’. A volte vanno insieme ed eleggi Obama, a volte vanno in controtendenza ed Eleggi Trump tanto per citare l’ultimo caso. Anche se ogni esempio pone molte complessità in gioco.
    Vale il punto di Lewanski, serve Più Democrazia, punto. Questo però vuol vuol dire molte cose anche diverse e apparentemente contraddittorie tra loro e che variano nel tempo. Tra le altre cito il fatto che alla partecipazione ci si educa, e quegli apprendimenti non sono mai dati come acquisiti per sempre. Le carte costituzionali servono ma non sono tutto, sono una parte fondamentale, ma non il “tutto”. Con questa bellissima costituzione abbiamo creato disuguaglianze stridenti e spesso ci sentiamo a disagio nel nostro bel Trentino di fronte prima ai nostri migranti che se ne sono andati, poi i migranti del sud e ora di fronte agli sfollati del medio oriente e dell’Africa.
    La costituzione è ben poca cosa senza il lavoro quotidiano e l’impegno di ciascuno nel renderla voce viva e invito a cercare il benessere di tutt@ sempre e comunque.

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    • Caro Alberto, innanzitutto mi auguro che chi (come te e altri) è socio di Più Democrazia in Trentino e sceglie di accogliere la Nuova Costituzione Renzi-Boschi votando SI, riconosca l’onestà intellettuale della nostra posizione e apprezzi lo sforzo di rispettare sia i principi fondativi su cui poggia l’Associazione, sia la libertà di pensiero (e di scelta) dei soci.
      Conosci bene la passione e la fatica con cui da quasi 5 anni lavoriamo per costruire una democrazia migliore. Questo approccio non cambierà di certo, qualunque sarà l’esito del voto referendario.
      E’ vero, nessuna regola – foss’anche scritta nella Carta – è bastante di per sé senza il lavoro quotidiano per dare voce e corpo a quella regola. Altrettanto vero però è che se quella regola non è data, la tenacia del “fare” sarà significativamente indebolita.
      Un concetto però mi piace evidenziare: i sistemi democratici NON servono e non serviranno mai per prendere le decisioni giuste (qualunque cosa giusto significhi per ciascuno di noi). Servono per prendere decisioni che siano quanto più possibile condivise.
      Non credo nella retorica “il popolo sa essere sempre saggio”. Neppure credo che “gli eletti sanno essere migliori”. Non è vera né l’una né l’altra cosa. Sono invece convinta che il vero cambiamento stia nel capovolgere la geometria che ci ha condotto fin qui (e non è un bel “qui”).
      So che molto c’è da fare, che è indispensabile costruire una cultura civica che metta al centro consapevolezza e responsabilità individuale (e quindi collettiva).
      Registro però con crescente tristezza il perdurare di pessime pratiche plebiscitarie e demagogiche da parte di coloro che hanno la responsabilità di guidare.
      Stando nel merito: perché perpetuare l’inganno raccontando che con la Nuova Costituzione la partecipazione dei cittadini sarà favorita? E’ semplicemente falso. Ed è tristissimo.

      Grazie per aver letto e commentato 🙂
      A prestissimo

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  4. se in Trentino dimorasse ancora la politica, Daniela sarebbe in giunta comunale e Alberto in quella provinciale e le cose andrebbero sicuramente meglio di quanto non vadano ora. Ci vuole ancora un poco di pazienza, diciamo fino a primavera, e poi la politica tornerà in campo. Quante energie consumate dietro a questa ennesima inutile
    tenzone fra italiani! Buon fine settimana a tutti e due

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  5. Pingback: Relazione attività sociale – anno 2016 | Più Democrazia in Trentino

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