Nuove competenze, vecchi pericoli: l’Autonomia senza contrappesi

Molti dei passaggi dell’intervista al professor Günther Pallaver sono condivisibili. Tuttavia, ridurre la riforma dello Statuto speciale a un semplice “lifting” rischia di sottovalutare un punto cruciale: l’acquisizione di nuove competenze, in particolare quelle su ambiente e rifiuti. Non si tratta di un dettaglio marginale, ma di un nodo delicatissimo che né a livello locale né a livello parlamentare è stato discusso con la necessaria profondità.

Al di là della fauna selvatica – tema usato più per calcoli elettorali che per reali questioni di equilibrio istituzionale – i trasferimenti sulle altre due materie possono avere conseguenze pesantissime. Nel recente passato, diverse inchieste giudiziarie hanno portato alla luce gravi violazioni nella gestione dei rifiuti e in campo ambientale. Queste iniziative sono state possibili grazie alle leggi statali e al lavoro degli organi di vigilanza nazionali, non certo delle strutture provinciali, spesso frammentate e sottoposte a un forte controllo politico. Basti ricordare i casi degli scarichi industriali illeciti, del traffico di rifiuti tossici o delle discariche autorizzate con procedure irregolari.

Il rischio concreto è che, come già accaduto con la normativa sulle cave, le leggi provinciali vengano scritte più per rispondere alle esigenze delle imprese che per garantire il bene comune. La storia del porfido – e l’operazione Perfido – ci hanno mostrato come interessi economici e logiche di profitto abbiano influenzato, se non determinato, politiche pubbliche a scapito di lavoratori, ambiente e bilanci pubblici. Perfido è stato la prova del nove: la lobby del porfido ha saputo consolidare relazioni con politica, giustizia e vari settori del ceto dirigente trentino, ottenendo legittimazione e coperture.

Nulla vieta che scenari simili possano ripetersi, anzi, gli strumenti dell’Autonomia rischiano di amplificarli. Come ricordava già nel 2013 il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura, l’autonomia provinciale può diventare un incentivo all’infiltrazione, poiché rende più semplice corrompere amministratori locali per controllare appalti e concessioni, evitando il filtro delle istituzioni nazionali. In questo quadro, anche nell’ambito ambientale, la corruzione rischia di assumere l’attributo di “corruzione a norma di legge”.

Il problema non sta tanto nel trasferimento delle competenze in sé, quanto nell’assenza di contrappesi. Trasparenza, separazione dei poteri, pluralismo, procedure democratiche, così come forme di monitoraggio delle politiche pubbliche e di valutazione delle leggi, dovrebbero accompagnare ogni nuovo trasferimento. Ma la riforma dello Statuto non si occupa di nulla di tutto ciò. Forse perché non è nell’interesse dei beneficiari locali di queste competenze aprire un dibattito sulle loro possibili distorsioni.

* lettera pubblicata su Il T il 9 settembre 2025

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