
* pubblicata su Questo Trentino il 1° febbraio 2025
Nell’analizzare l’intervento (Il T, 8 gennaio 2025) del presidente dell’Associazione provinciale delle Asuc trentine, Robert Brugger, sulla vicenda del locale Super G ApreSki di Nambino, emerge l’opportunità di approfondire alcune peculiarità degli usi civici, con particolare attenzione al ruolo dell’associazione provinciale rispetto ai comitati. Pur apprezzando il tentativo di chiarimento, emergono alcune criticità significative.
Sulla questione economico-ambientale: Brugger afferma che va superato il mito della limitazione delle Asuc alle attività agrosilvopastorali, sostenendo la necessità di garantire ritorni economici per la gestione dei beni e l’erogazione di servizi ecosistemici. Questa posizione, applicata al caso della val Nambino, sembra giustificare l’impatto ambientale in nome della raccolta di risorse per la tutela ambientale stessa. Tale paradigma appare particolarmente discutibile per un’Asuc come quella di Fisto, tra le più solide del Trentino sotto il profilo finanziario. Esistono alternative sostenibili, come la valorizzazione del patrimonio attraverso progetti di turismo sostenibile, agricoltura biologica o gestione forestale certificata, che potrebbero garantire introiti nel rispetto della legge 168/2017 sui domini collettivi, in attesa dell’introduzione di un quadro europeo di certificazione per riconoscere un valore economico al carbonio assorbito dal patrimonio boschivo.
Sui processi decisionali: l’affermazione che i comitati debbano rispondere “solo” alle comunità di riferimento travalica il concetto di autonomia previsto dalla legge. Il legislatore, infatti, riconosce l’autonomia degli enti esponenziali ponendo però precisi paletti sulla tutela del patrimonio naturale, economico e culturale in prospettiva intergenerazionale. La pianificazione territoriale e i principi dell’ordinamento giuridico costituiscono un quadro di riferimento ineludibile.
Sulla partecipazione democratica: la posizione di Brugger sulla non necessità di consultazioni popolari si scontra con la tradizione delle carte di regola, dove l’assemblea dei censiti rappresentava il fulcro decisionale della comunità. Esempi storici documentati, come le assemblee della Val di Fiemme, della Val di Fassa e delle stesse Valli Giudicarie, dimostrano come le decisioni strategiche venissero prese collegialmente, con meccanismi che garantivano la rotazione delle cariche e prevenivano la concentrazione del potere, peraltro nel rispetto massimo degli equilibri eco-sistemici. Non è casuale che il sistema referendario svizzero si sia sviluppato proprio da simili tradizioni assembleari alpine, le cosiddette Landsgemeinde.
In conclusione, il caso della val Nambino, come prima il caso del tentativo di allargare il carosello sciistico all’area del lago di Serodoli, rappresentano la cartina di tornasole della crisi ambientale e della crisi democratica che stiamo vivendo. Sulla carta si dichiara la massima attenzione allo sviluppo sostenibile. Nella pratica si fa il contrario e si punta dritto alla resa economica facendo leva sugli istinti consumistici e predatori della specie umana. L’associazione provinciale delle Asuc su questi temi dovrebbe dimostrare di non avere dubbi sulla scelta da che parte stare.
Le soluzioni per garantire la sostenibilità finanziaria delle Asuc possono essere perseguite attraverso l’attivazione di progetti di valorizzazione sostenibile del territorio, il riconoscimento del ruolo ecosistemico attraverso specifici meccanismi di compensazione sul sistema della finanza provinciale e lo sviluppo di partnership con enti di ricerca, organizzazioni ambientali e certificatori dell’assorbimento di carbonio.
Sul fronte della partecipazione, vi è l’opportunità di ripristinare istituti e momenti assembleari strutturati per le decisioni strategiche, di introdurre strumenti di consultazione popolare negli statuti e sviluppare piattaforme e consuetudini di coinvolgimento continuativo dei censiti e più in generale delle comunità e degli attori che vivono sul territorio.
Questa si presenta come un’occasione per elaborare una critica costruttiva utile a ripensare il modello di gestione degli usi civici, bilanciando esigenze economiche, tutela ambientale e partecipazione democratica secondo la migliore tradizione delle comunità alpine. Non bisognerebbe farsela sfuggire.

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