Più autonomia o meno controlli? Due visioni a confronto sulla riforma dello Statuto

Le posizioni di Francesco Palermo (Professore ordinario di Diritto pubblico comparato presso l’Università di Verona ed ex senatore eletto come candidato indipendente nella lista SVP-PD della Bassa Atesina) e di Esther Happacher (Professoressa ordinaria di Diritto costituzionale italiano Università di Innsbruck) espresse sulla rivista Federalismi riguardo all’impatto della proposta di riforma statutaria sul sindacato di costituzionalità delle leggi provinciali sono nettamente divergenti. Mentre Palermo esprime una forte preoccupazione per quello che considera un tentativo di esautorare la Corte costituzionale, Happacher difende la riforma come un legittimo ripristino di competenze che non intacca la funzione di controllo della Corte.

Ecco un’analisi delle loro differenze di vedute.

La visione di Francesco Palermo: un’esautorazione della Corte Costituzionale

Secondo Francesco Palermo, l’intero progetto di riforma, guidato principalmente dalla Provincia di Bolzano, ha come obiettivo centrale la sottrazione della legislazione provinciale al controllo della Corte costituzionale e un progressivo isolamento dell’ordinamento provinciale da quello italiano. Egli identifica diversi strumenti attraverso cui si persegue questo fine, ma il più problematico è la modifica del ruolo delle norme di attuazione. Il rischio è che le norme di attuazione siano utilizzate come strumento di sostituzione del sindacato di costituzionalità

Palermo definisce la proposta di modifica dell’articolo 107 dello Statuto come “la parte della proposta di riforma peggiore sul piano tecnico e più preoccupante dal punto di vista dello Stato di diritto”. La versione iniziale della proposta prevedeva che le norme di attuazione potessero recare “disposizioni finalizzate a definire il rapporto tra la potestà legislativa statale e quella regionale e provinciale”.

Secondo Palermo, questo significa che in caso di dubbi su una competenza, la questione verrebbe decisa tramite una norma di attuazione (frutto di un negoziato politico tra Provincia e Governo) invece che dall’interpretazione della Corte costituzionale. Questo meccanismo non sarebbe una semplice reazione a singole sentenze “sgradite”, ma rappresenterebbe un’esautorazione strutturale del controllo di costituzionalità sull’esercizio delle competenze provinciali.

Palermo sostiene che questo passaggio trasformerebbe il ruolo delle norme di attuazione da “integrativo” a “sostitutivo” del controllo di costituzionalità. Un’operazione del genere, a suo avviso, potrebbe configurare una revisione costituzionale illegittima, poiché andrebbe a violare un elemento strutturale della Costituzione (il sindacato di costituzionalità), modificando la natura stessa della forma di Stato.

Anche l’operazione etichettata come “ripristino delle competenze” è vista da Palermo come una reazione per aggirare la Corte. Si tratterebbe di costituzionalizzare disposizioni di leggi provinciali già dichiarate incostituzionali, al fine di “superare così la giurisprudenza costituzionale ‘sgradita’”. Sebbene ritenga questa pratica comprensibile in alcuni casi specifici, la inserisce nel quadro più ampio di un disegno volto a limitare il sindacato della Corte.

In sintesi, Palermo interpreta la riforma come un’operazione architettata per isolare l’ordinamento provinciale dal controllo di legittimità costituzionale, paragonandola a un “court packing plan” che non incide sulla composizione ma sulle funzioni della Corte.


La visione di Esther Happacher e Walter Obwexer: un ripristino di autonomia nel rispetto del controllo

Esther Happacher – insieme a Walter Obwexer (Professore ordinario di Diritto dell’Unione europea e Diritto internazionale – Università di Innsbruck) – offre una prospettiva radicalmente diversa. La riforma non è vista come un attacco alla Corte, ma come un necessario ripristino degli standard di autonomia erosi dopo il 1992, in particolare a causa dell’interpretazione restrittiva della Corte costituzionale seguita alla riforma del Titolo V del 2001. Tale ripristino è considerato un obbligo giuridico per l’Italia derivante dal diritto internazionale. A loro avviso le norme di attuazioni sono dei meri strumenti di armonizzazione.

Happacher affronta direttamente le critiche di Palermo, sottolineando che la versione finale del disegno di legge ha ammorbidito la formulazione relativa all’articolo 107 dello Statuto. La dicitura secondo cui le norme di attuazione potevano “definire il rapporto” tra le potestà legislative è stata sostituita con una più blanda, che prevede disposizioni “volte ad armonizzare l’esercizio della potestà legislativa regionale e provinciale con quella statale”.

Crucialmente, Happacher sostiene che la funzione di controllo della Corte costituzionale rimane intatta. A sostegno di questa tesi, argomenta che:

  1. La Corte costituzionale può giudicare e dichiarare incostituzionali le stesse norme di attuazione, come ha già fatto in passato.
  2. Le leggi provinciali basate su tali norme di attuazione rimangono comunque sottoposte al controllo di legittimità della Corte e devono rispettare la Costituzione.

Di conseguenza, Happacher nega esplicitamente che vi sia una “esautorazione strutturale della Suprema Corte”. Ritiene inoltre che l’assetto proposto sia pienamente compatibile con la rule of law europea, poiché la funzione giurisdizionale non viene intaccata e le Commissioni paritetiche mantengono un ruolo puramente consultivo.

Happacher interpreta altre modifiche, come l’eliminazione del controllo governativo preventivo sulle leggi provinciali (art. 55 Statuto), non come un indebolimento dei controlli, ma come un semplice e opportuno allineamento al sistema di controllo successivo previsto dall’articolo 127 della Costituzione per le Regioni ordinarie. Si tratta, a suo avviso, di recepire a livello statutario una prassi già consolidata dalla giurisprudenza costituzionale.


Tabella comparativa delle differenze chiave

AspettoFrancesco Palermoe. Happacher e w. obwexer
Obiettivo della riformaSottrazione della legislazione provinciale al controllo della Corte Costituzionale e isolamento dell’ordinamento provinciale.Ripristino delle competenze autonome erose dalla giurisprudenza costituzionale, in adempimento a un obbligo di diritto internazionale.
Ruolo delle norme di attuazione (modifica art. 107)Diventano uno strumento sostitutivo del sindacato di costituzionalità, che porta a un’esautorazione strutturale della Corte.Hanno una funzione di armonizzazione tra legislazione statale e provinciale. La funzione di controllo della Corte rimane intatta.
Impatto sullo Stato di dirittoLa riforma rischia di essere una revisione costituzionale illegittima che viola la forma di Stato e il principio dello Stato di diritto.La riforma è compatibile con la rule of law europea, poiché la funzione giurisdizionale non viene alterata.
Controllo sulle leggi provinciali (soppressione art. 55)Si inserisce in un disegno complessivo di indebolimento dei controlli e di limitazione dei punti di contatto con l’ordinamento costituzionale.È una semplice modernizzazione e allineamento al sistema di controllo successivo già in vigore per le Regioni ordinarie.

In conclusione, la divergenza tra i due autori è fondamentale: Palermo legge la riforma come un tentativo deliberato di creare una “zona franca” dal controllo di costituzionalità, mettendo a rischio i principi cardine dello Stato di diritto. Happacher, invece, la interpreta come un meccanismo di riequilibrio per rafforzare l’autonomia, che opera all’interno del sistema costituzionale e nel pieno rispetto del ruolo ultimo della Corte.

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2 pensieri su “Più autonomia o meno controlli? Due visioni a confronto sulla riforma dello Statuto

  1. E’ chiaro che le due visioni partono da un presupposto diverso e configgente, Palermo ha come guida la sovranità incondizionata della costituzione che detta i confini entro i quali tutte le regolamentazioni legislative possono spaziare senza mai oltrepassarli.

    Happacher e Obwexer sono ancora convinti della illegittima italianizzazione dell’Alto Adige e vedono nelle norme di attuazione lo strumento per allentare progressivamente i legami con l’Italia e la sua costituzione.

    Richiamarsi alla legislazione Europea è solo fumo negli occhi perchè il problema di fondo resta sempre quella di dare al concetto di autonomia speciale un contenuto pari all’estraneità alla costituzione italiana.

    La corte costituzionale è appunto un organo costituzionale di garanzia che sovraintende al rispetto dei principi inviolabili che i padri costituenti hanno voluto consacrare nella carta costituzionale ed ogni azione volta a limitarne i poteri è oggettivamente incostituzionale.

    Le norme di attuazione oggi hanno valore para-costituzionale, ovvero rappresentano una legislazione rinforzata che non può essere modificata con semplice legge ordinaria e già questo basta a mettere al riparo l’autonomia da colpi di mano di stravaganti maggioranze parlamentari.

    L’argomento meriterebbe un confronto più approfondito e non nascondo che mi interesserebbe tanto .

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