DECIDIM: la piattaforma partecipativa delle Pubbliche Amministrazioniper un governo aperto ai cittadini

Una delle poche cose su cui tutti i partiti e tutti i politici sono d’accordo, forse l’unica, è lamentarsi perché la gente partecipa sempre meno alla vita politica: astensionismo e disinteresse – dicono tutti – sono un problema che va affrontato quanto prima, ne va della tenuta stessa della democrazia. Bisogna correre ai ripari, spiegano; poi giurano: faremo innamorare di nuovo gli elettori della politica, che è una cosa bellissima solo quando è condivisa. E se per una volta la percentuale di votanti non è diminuita tutti stappano lo spumante, perdenti compresi.

Curiosamente, però, questo tipo di nobilissime preoccupazioni inizia un paio di giorni prima delle consultazioni, ha il suo apice non appena le urne si chiudono e si spegne quietamente nella concitata prima settimana post-elettorale.

Il politico-candidato si strappa le vesti per la mancata partecipazione, ma il politico-eletto, si direbbe, ha altre preoccupazioni: anzi, una volta presi i voti e ricevuto un incarico considerato “in bianco” per i cinque anni successivi, trasparenza e partecipazione diretta dei cittadini diventano quasi più un fastidio che una risorsa.

Vale a tutti i livelli della cosa pubblica, dal consiglio dei ministri alla giunta comunale. Nel migliore dei casi, le cose serie si decidono fra pochi e si infilano discretamente nelle centinaia di pagine di qualche delibera o decreto omnicomprensivo; nel peggiore, sono riservate a conversazioni informali, dietro porte chiuse e su invito, nel nome dell’efficienza di governo. Se continuiamo a discutere e se seguiamo l’iter ufficiale non si arriva a niente, ci assicurano: ci avete votato, quindi ora fateci lavorare.

Non è una sorpresa, quindi, se poi l’elettore sente di valere poco – soprattutto a urne lontane. Lo si vede nei livelli di partecipazione a quei rari incontri pubblici, tendenzialmente solo consultivi e comunque poco pubblicizzati, che di tanto in tanto ancora si tengono. Ma vale in generale anche per le tendenze che tutti notiamo: astensionismo, disinteresse, quartieri e paesi che diventano sostanzialmente dormitori.

Un simile clima è peraltro ideale per chi diffonde intenzionalmente virus letali per la democrazia come il qualunquismo, il cinismo e la disinformazione. I social, nati con ben altre aspirazioni, oggi sono diventati in effetti più parte del problema che della soluzione.

Eppure, esistono modalità di partecipazione moderne ed efficaci che sfruttano gli straordinari strumenti di Internet per portare a compimento i grandi ideali di comunità globale dei pionieri del web (e non la mercificazione degli utenti che ha arricchito molti odierni guru). Non sono iniziative velleitarie di un manipolo di idealisti: esiste un movimento internazionale a favore del governo aperto, OpenGov, sulla base di direttive fatte proprie anche dall’OCSE. A OpenGov partecipano 75 nazioni del mondo, Italia compresa.

La nostra Pubblica Amministrazione stila dal 2011 dei Piani di Azione Nazionale per favorire un rapporto chiaro e trasparente fra stato e cittadini: attualmente siamo al sesto piano d’azione, o 6NAP (2024-2026).

In questi piani d’azione, un ruolo fondamentale è quello delle nuove tecnologie. È il caso per esempio di ParteciPA, una piattaforma online predisposta dalla pubblica amministrazione. ParteciPA offre uno spazio open source in cui qualunque ente pubblico può organizzare dibattiti e consultazioni, proporre webinar, etc.; gli utenti possono discutere fra loro e con gli amministratori, inserire proposte e commenti ai documenti condivisi, e molto altro ancora.

Ma esiste un altro strumento ancora più innovativo, promosso sempre da OpenGov e usato in più di 31 paesi al mondo (circa 500 enti, tra pubblici e privati). Si tratta di Decidim, una piattaforma gratuita ed open source, inizialmente sviluppata dalla municipalità di Barcellona e poi diffusa in tutto il globo: offre ai cittadini uno spazio non solo di discussione e informazione, ma anche di voto, con consultazioni che possono essere proposte tanto dall’ente pubblico quanto dai partecipanti stessi.

Sono strumenti straordinari, quasi futuribili, nel senso che se utilizzati in modo sistematico potrebbero davvero creare un’agorà virtuale dove ogni cittadino potrebbe informarsi, assistere o prendere parte a dibattiti, fare proposte, votare e cambiare le cose. Non solo: la partecipazione è gratuita ed è aperta a tutti i cittadini, è costruita in modo da favorire l’utilizzo da parte delle pubbliche amministrazioni, ma allo stesso tempo non ha padroni e ha alle spalle una lunga tradizione internazionale, a garanzia di un processo democratico davvero trasparente, rigoroso e libero.

Tanti enti nazionali, amministrazioni locali e anche istituzioni private (come le università) hanno fatto ricorso a questa piattaforma, a cominciare per esempio dalla Commissione Europea e dal parlamento francese, e in Italia dalle regioni Emilia-Romagna, Puglia e Sicilia, e dal comune di Milano.

Una nuova età dell’oro per la democrazia, dunque? L’Atene di Pericle è risorta e ora sta su Internet? Non proprio. Com’è facile immaginare, questi strumenti devono ancora migliorare molto, e nessuno nasconde che esistono vari problemi, come dimostrato nel caso del loro utilizzo in varie realtà italiane. Uno dei principali è la scarsa partecipazione, “da prefisso telefonico”, come si dice in questi casi. Se nessuno si aspetta che il 100% dei cittadini corra a iscriversi e ad avanzare le proprie proposte referendarie, è anche vero che percentuali molto basse sono spesso usate per dimostrare che la democrazia partecipata è solo un’utopia, e che le decisioni prese su Decidim non devono essere prese in considerazione, dato che è solamente la voce di pochi.

I motivi di questa scarsa partecipazione sono tanti: alcuni sono tipicamente italiani, come una diffusa scarsa dimestichezza tecnologica e una copertura Internet lacunosa, nonché il fatto che gli orari di molti dibattiti e webinar sono spesso organizzati dalle PA in sovrapposizione a quelli lavorativi. Non bisogna poi sottovalutare le conseguenze di decenni di allontanamento dalla politica e una scarsissima opera informativa verso la cittadinanza. Infine, c’è il problema non secondario che anche gli enti che a parole vogliono mostrarsi all’avanguardia finiscono purtroppo per utilizzare Decidim e simili solo su questioni secondarie se non marginali, lasciando le decisioni davvero importanti ancora ben chiuse all’interno dei palazzi.

Nessuno, quindi, vuole sostenere che la semplice adozione nel proprio comune o provincia di Decidim, di ParteciPA e di altre piattaforme di partecipazione democratica sia sufficiente a far rifiorire l’amore per la cosa pubblica nel cuore degli uomini.

Eppure, se usato in modo corretto e onesto, Decidim ha già dimostrato di non essere solo la piattaforma preferita di sognatori donchisciotteschi. Alcune sperimentazioni in questo senso sono già state fatte, anche in comuni di media grandezza. Prendiamo il caso di Vignola (MO), 27.000 abitanti: da 5 anni, il comune ha sottoposto all’attenzione della cittadinanza il Bilancio Partecipativo Vincolante, un modo per coinvolgere i cittadini nell’uso di parte del bilancio comunale. Quest’anno, per esempio, ben 100.000 € sono stati messi a disposizione per realizzare fino a cinque progetti di iniziativa popolare.

Manco a dirlo, la partecipazione alle votazioni è stata di tutto rispetto: se l’argomento è rilevante e ben pubblicizzato, i cittadini arrivano. Ma non si tratta solo di votare: i dibattiti si sono svolti in forma ibrida (in parte online su Decidim, in parte dal vivo), e anche la rendicontazione trasparente dei progetti avviene attraverso lo stesso portale. Questa esperienza attivata in forma ibrida in modalità digitale ed in presenza nei momenti possibili extra i classici orari di lavoro ha mostrato un importante ritorno a momenti di socialità di vicinato e di integrazione culturale multietnica, necessaria premessa al ritorno verso una società con una auspicabile matura democrazia. ,

Si tratta solo di un piccolo esempio, promettente ma circoscritto, di un processo che si preannuncia lungo e difficile. Eppure, non sarebbe male se in questo periodo di elezioni almeno alcuni dei candidati prendessero l’impegno di garantire, durante i loro mandati, l’utilizzo di queste piattaforme promosse dallo stato almeno per le decisioni che coinvolgono più direttamente i cittadini, quelle in cui gli elettori potrebbero voler dire la loro senza dover aspettare altri cinque anni prima di poter esprimersi attraverso le urne. Basterebbe almeno questo: un piccolo inizio facilmente attuabile, non certo una rivoluzione – purché sia su qualcosa di importante.

In fondo, come dicevamo, la notte dopo le elezioni ci insegna che la lotta all’astensione e alla disaffezione è una questione super partes, trasversale a tutti gli schieramenti: di conseguenza, anche l’adozione di strumenti di democrazia partecipata dovrebbe essere parte dell’alfabeto comune di tutte le amministrazioni, senza colori politici.

Erminio Ressegotti e Walter Pellegrini
Socio e tesoriere di Più Democrazia in Trentino

Un versione breve è stata inoltrata a Il T quotidiano il 5 maggio 2025 – Letter pubblicata il 14 maggio con commento di Donatello Baldo

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