Il percorso della riforma dello Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol prosegue senza un vero dibattito pubblico e con un confronto parlamentare ridotto al minimo. Mercoledì 10 settembre, in Commissione Affari Costituzionali alla Camera, il relatore Alessandro Urzì (FdI) ha dichiarato sin dall’inizio la propria opposizione preconcetta all’intero pacchetto di emendamenti presentati dalle opposizioni: «parere contrario su tutti», senza sviluppare alcuna argomentazione dialettica nel merito delle proposte. Un “no” a priori, avallato dall’unico intervento del Ministro Calderoli, che si è limitato a ribadire la posizione del relatore senza fornire ulteriori motivazioni, chiudendo così qualsiasi spazio di mediazione.
Gli unici contributi sostanziali sono arrivati dai parlamentari dell’opposizione. Colucci (M5S) ha richiamato l’attenzione sulla qualità della democrazia, chiedendo «più trasparenza nei procedimenti legislativi e un maggior coinvolgimento dei consigli regionali e provinciali», elementi del tutto assenti nella riforma. Ferrari (PD) ha sottolineato il ruolo del Consiglio e ha presentato emendamenti per il riconoscimento dell’Euroregione Euregio e l’introduzione del principio di parità di genere nello Statuto: «non possiamo parlare di autonomia moderna se non affrontiamo questi temi». Il resto della Commissione è rimasto in un silenzio assordante.
All’insegna di un’efficienza che somiglia più a una prevaricazione, in soli 40 minuti sono stati respinti 28 emendamenti di merito (6 del PD e 22 del M5S) – tutti volti a dare un minimo di respiro democratico al testo – e ne è stato approvato uno solo, a firma del relatore di maggioranza. Una riforma che modifica 14 articoli dello Statuto su temi cruciali è stata così svuotata di qualsiasi confronto. Una velocità che avrebbe fatto sorridere perfino Marinetti, celebrata come “magnifica” nel Manifesto del Futurismo, ma che applicata alla democrazia assume piuttosto i tratti di una farsa.
Se in Parlamento il dibattito è stato volutamente azzoppato, anche il ruolo dell’informazione locale non è stato da meno. I principali giornali trentini hanno raccontato la vicenda all’insegna di una logica bipolare semplificatoria, limitandosi a riportare le posizioni contrapposte tra Governo e PD, senza approfondire le implicazioni per i cittadini o le proposte alternative. La cronaca non riguarda il merito delle questioni bensì la raffigurazione di chi comanda oggi a Roma ed a Trento (destra) e chi potenzialmente potrebbe comandare domani (PD).
L’Adige e Il T hanno coperto l’evento parlamentare con un articolo nell’ordine di 3.000 battute ciascuno per riassumere le due singole posizioni, cristallizzando la narrazione nello scontro politico nazionale e tralasciando le criticità sostanziali della riforma.
Il Corriere del Trentino / Alto Adige, conscio del suo bacino misto, ha adottato un approccio pluralista, dedicando un articolo leggermente più esteso al complesso delle posizioni per poter includere anche il punto di vista favorevole del partito che comanda in Alto Adige / Südtirol, l’SVP, che in commissione però non è intervenuta. Tuttavia, nemmeno in questo caso sono stati analizzati nel dettaglio il contenuto e le motivazioni degli emendamenti respinti.
Che le aule parlamentari siano luoghi dove sempre più spesso si ratificano decisioni prese altrove è un dato di fatto, ampiamente descritto dalla letteratura sulla post-democrazia. Non si assiste più a vivaci dibattiti parlamentari che possono portare all’adozione di modifiche per arricchire o migliorare i testi di leggi sulla base di convergenze su questioni di interesse comune, ma a fredde procedure che sembrano condotte da guardie pretoriane più che da rappresentanti del popolo che esercitano liberamente e con senso critico il proprio mandato. Tuttavia, assistere alla cruda applicazione di questa logica su una legge fondamentale come lo Statuto di Autonomia, che disegna i poteri e i diritti del nostro territorio, non può che generare sconcerto e preoccupazione.
La regressione democratica di queste ore – fatta di procedure accelerate, assenza di dialogo e conformismo dei decisori – è la triste premessa di un futuro in cui gli spazi di partecipazione si restringono e le istituzioni si allontanano sempre di più dai cittadini. Una riforma nata per “ridurre i contenziosi” rischia così di alimentare un contenzioso ben più grande: quello tra la politica e la società che dovrebbe rappresentare.
Resoconto parlamentari dei lavori della Commissione affari costituzionali dell’11 settembre 2025 con l’allegato degli emendamenti:
Aggiornamento. Pareri delle commissioni sono stati approvati tra il 16 e il 18 settembre mentre e discussione finale in Commissione affari costituzionali ha avuto luogo il 24 settembre

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Un quadro desolante. Una riforma che tocca il cuore dell’autonomia regionale viene gestita con fretta, chiusura e superficialità. Il “no” pregiudiziale agli emendamenti, il silenzio della maggioranza, l’assenza di un vero dibattito pubblico e il ruolo marginale dell’informazione locale sono segnali preoccupanti di una democrazia che si ritrae. Lo Statuto dovrebbe essere il patto condiviso tra istituzioni e cittadini, non un testo blindato scritto altrove. Serve più trasparenza, più confronto, più partecipazione. E serve subito.
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