
Il 9 novembre ricorre il 104° anniversario della nascita di Clara Marchetto, maestra, antifascista e prima donna eletta nel Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige. La sua storia, ingiustamente dimenticata, rappresenta il destino di chi paga il prezzo della coerenza. Fu un’eretica nel senso più alto del termine: una donna libera che non piegò la testa né davanti al regime fascista né davanti alle convenienze della nuova Repubblica.
Nata a Pieve Tesino nel 1911, Clara crebbe in un ambiente permeato dallo spirito di autonomia e di autogoverno ereditato dalle antiche vicinie. Durante il fascismo, quando la vicinia del suo paese fu soppressa e molti suoi compaesani finirono al confino, maturò una profonda coscienza politica. Trasferitasi a Genova con il marito, tecnico navale all’Ansaldo, partecipò a una rete di antifascisti che cercava di far giungere in Francia disegni di navi militari. Arrestata nel 1940, fu condannata a morte dal Tribunale speciale, pena poi commutata in ergastolo. Passò quattro anni in carcere fino alla liberazione del 1944.
Dopo la guerra, tornò in Trentino e si impegnò per l’autonomia regionale. Partecipò alla fondazione del Partito Popolare Trentino-Tirolese, con cui nel 1948 fu eletta consigliera regionale: una conquista storica per le donne e per la democrazia trentina. Ma quella elezione segnò anche l’inizio della sua persecuzione politica. Diffamata come “spia antinazionale” da certa stampa, fu nuovamente arrestata nel 1949 e dichiarata ineleggibile a causa della condanna inflitta dal regime fascista. Mentre altri, ben più compromessi, sedevano indisturbati in Consiglio, lei veniva cacciata come un capro espiatorio, senza essere difesa né dai colleghi né dai suoi stessi compagni di partito.
Costretta all’esilio, visse tra Austria, Tunisia e Francia, dove lavorò come traduttrice e insegnante. Solo nel 1972, a sessant’anni, ottenne il condono della pena. Morì nel 1982 a Strasburgo, chiedendo che le sue ceneri fossero sparse nel cimitero del suo paese natale. Di lei restano poche tracce: non avendo eredi, nemmeno la sua lapide è oggi ben curata. Ma lascia un’eredità morale immensa: quella di una donna che ha anteposto la verità alla convenienza e la libertà al potere.
Oggi, grazie al ricordo nel calendario delle antenate trentine e al lavoro di studiosi e ricercatrici e, in ambito culturale, a un monologo curato da Paolo Cova, Romina Belli e Renato Pagliani, il suo nome è tornato a circolare. Ma la memoria istituzionale tace ancora. Nel 2022 il Consiglio regionale, su iniziativa di chi vi scrive – allora portavoce del M5S – approvò un ordine del giorno per intitolare spazi e luoghi delle sedi regionali a figure femminili che hanno segnato la storia dell’Autonomia. Da allora, però, nulla è stato fatto.
Ecco perché, in occasione di questo anniversario, rivolgiamo un appello alla Presidenza e all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale: onorate l’impegno assunto, restituite a Clara Marchetto il posto che le spetta nella memoria civile del Trentino-Alto Adige.
Che sia un’aula, una sala, un’opera d’arte o una commemorazione ufficiale, poco importa: ciò che conta è riconoscere pubblicamente una donna che fu due volte condannata – dal fascismo e poi dall’oblio repubblicano e delle istituzioni locali – per aver creduto nella libertà e nell’autonomia.
Restituirle visibilità non è un gesto formale, ma un atto di giustizia, utile anche a somministrare un antidoto ai rigurgiti autoritari sempre dietro l’angolo.
Perché la democrazia vive solo se ha il coraggio di ricordare i propri eretici.
Alex Marini – Presidente di Più Democrazia in Trentino
* richiesta di pubblicazione inoltrata a L’Adige il 7 novembre 2025
(nel giorno dell’anniversario della sua nascita la lettera non è stata pubblicata)
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Una meritata riconoscenza ad una donna antifascista e coerente nella sua vita.
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