
Dalla fine dell’Ottocento fino ai primi decenni del Novecento decine di migliaia di trentini lasciarono il Tirolo storico per emigrare oltreoceano, soprattutto verso gli Stati Uniti e il Brasile ma anche in Bosnia Erzegovina. La loro condizione giuridica fu però segnata da una profonda ingiustizia: a differenza di altri emigrati italiani, i trentini persero la cittadinanza a causa della legislazione austro-ungarica e, dopo il Trattato di Saint-Germain del 1919, molti diventarono di fatto apolidi, senza la possibilità di trasmettere lo status civitatis ai propri discendenti.
Questa discriminazione si è protratta per generazioni: mentre i discendenti di veneti, lombardi e friulani hanno potuto ottenere la cittadinanza italiana jure sanguinis senza limiti, quelli provenienti dal Trentino, dall’Alto Adige/Südtirol e dalla Venezia Giulia hanno visto precluso tale diritto o lo hanno potuto esercitare solo entro termini molto ristretti (come con la Legge 379/2000 che fu l’esito di un testo bi-partisan che unificò le iniziative legislative parlamentari dei senatori Renzo Gubert ed Ivo Tarolli e del deputato Sandro Schmid).
Oggi, a distanza di oltre un secolo, i loro discendenti — giunti ormai alla terzo, quarta o quinta generazione — continuano a nutrire aspettative legittime: il riconoscimento della cittadinanza italiana non come concessione burocratica, ma come atto di giustizia storica, a tutela della loro identità e dei legami profondi che mantengono con la madre patria.
Pensiamo alle comunità trentine di Rio dos Cedros, Rodeio o Nova Trento in Brasile, che ancora oggi custodiscono dialetti, tradizioni e memoria viva dell’emigrazione, oppure a personaggi di fama planetaria come Blue Lou Marini, che regolarmente visita Darzo, la terra da dove, nel 1904, emigrarono i suoi nonni paterni (interviste su L’Adige e su Il T + videointervista). Le aspettative di intere comunità sono frustrate da una politica che sembra voltare loro le spalle.
La recente risposta del presidente della Regione Arno Kompatscher a un’interrogazione sulla cittadinanza degli emigrati dai territori ex austro-ungarici a prima firma di Paul Köllensperger con cui si chiedevano informazioni sul numero di richieste di cittadinanza presentate da cittadini emigrati dal Trentino-Alto Adige prima del 16 luglio 1920 e dai loro discendenti, sui riconoscimenti effettivamente concessi e sulle eventuali criticità riscontrate, ha confermato un dato ormai evidente: la politica locale non intende occuparsi seriamente delle esigenze delle comunità trentine all’estero declinando ogni responsabilità di fornire dati e risposte al Ministero dell’Interno.
Eppure, si tratta di comunità ancora vive e fortemente legate alla madre patria: sotto il profilo familiare e culturale, grazie ai rapporti personali, all’uso del dialetto e al mantenimento delle tradizioni; sotto il profilo economico, attraverso investimenti, iniziative imprenditoriali e scambi commerciali che hanno rafforzato i legami con il Trentino.
Negli ultimi decenni, però, si è assistito a un progressivo allontanamento istituzionale. Dopo aver ridotto e, di fatto, soppresso l’esercizio dei diritti politici dei trentini all’estero, ora, come sottolineato dal Vice presidente della III Commissione Tematica – Diritti Civili, Politici e Partecipazione del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) Daniel Taddone (lettera aperta alle comunità italiane nel mondo – versione portoghese), si compie un ulteriore passo: quello di ignorare i loro diritti di cittadinanza e i loro legittimi legami con l’Italia.
Così facendo, si trasmette un messaggio chiaro ma ingiusto: chi è partito e i loro discendenti non contano più. Una scelta miope, che cancella una parte importante della nostra identità collettiva e rischia di chiudere definitivamente il rapporto tra queste comunità e la loro terra d’origine.
Per questo motivo, sono state recentemente depositate due iniziative:
- il 25 agosto, la proposta di voto 7/XVII in Consiglio regionale su iniziativa dei consiglieri del Team K, con cui si chiede al Parlamento e al Governo di riconoscere i diritti dei discendenti degli emigrati trentini, sudtirolesi e giuliani partiti prima del 1920 ed eliminare le discriminazioni introdotte dal Decreto-Legge 36/2025;
- il 1° settembre, la proposta di voto 6/XVII in Consiglio provinciale a prima firma del consigliere Michele Malfer, per sollecitare la riapertura della finestra per la richiesta di cittadinanza ai sensi della Legge 379/2000, riconoscendo il valore storico, culturale e identitario dei flussi migratori trentini e il legame con le comunità di discendenza italiana nel mondo.
È necessario che la politica locale smetta di considerare secondarie queste tematiche e torni a farsi interprete delle istanze delle comunità trentine nel mondo: non un peso, ma una risorsa culturale, sociale ed economica da valorizzare.
ITER DI APPROVAZIONE DELLA LEGGE 379/2000
Seduta del 21 marzo 2000: Primo esame e prime proposte di modifica
La discussione sul disegno di legge C. 4541 Schmid inizia in questa data con l’illustrazione del relatore, Marco Boato.
- Posizione del Relatore (Marco Boato, misto-verdi-U):
- Obiettivo della legge: Il relatore spiega che la proposta mira a sanare una disparità di trattamento creata dalla legge sulla cittadinanza n. 91 del 1992. La legge si rivolge a persone nate e residenti nei territori dell’ex Impero austro-ungarico (annessi all’Italia con il Trattato di Saint Germain) che emigrarono prima dell’annessione e non poterono esercitare il diritto di opzione per la cittadinanza italiana.
- Problema da risolvere: Attualmente, queste persone e i loro discendenti possono ottenere la cittadinanza solo dopo aver risieduto in Italia per almeno tre anni, a differenza di altri stranieri di origine italiana. La proposta di legge elimina questo requisito di residenza.
- Proposte di modifica: Boato propone di riformulare il titolo, eliminando il riferimento specifico al Trentino-Alto Adige per non limitare l’applicazione della norma, e di modificare l’articolo 1 per prevedere che la cittadinanza sia attribuita su base volontaria, tramite una dichiarazione da effettuare entro cinque anni.
- Posizioni degli altri commissari e del Governo:
- Giacomo Garra (Forza Italia): Si dichiara d’accordo sull’estensione del diritto a tutti i territori ex austro-ungarici, ma ritiene che il riferimento ai “discendenti” sia troppo ampio e si riserva di presentare un emendamento per delimitarlo più rigorosamente.
- Domenico Maselli (Democratici di Sinistra-l’Ulivo): Esprime pieno accordo con il testo del relatore, ma solleva una questione importante: la necessità di verificare se la legge possa creare nuove disparità di trattamento nei confronti delle persone emigrate da Istria e Dalmazia prima della loro annessione all’Italia.
- Sandro Schmid (Democratici di Sinistra-l’Ulivo, proponente): Sottolinea che il provvedimento risponde a una richiesta di lunga data da parte di associazioni di famiglie emigrate, in particolare quelle residenti in Brasile, e mira a rimuovere un’ingiustizia per coloro che si trovarono nell’impossibilità oggettiva di optare per la cittadinanza italiana prima del 16 luglio 1920.
- Paolo Armaroli (Alleanza Nazionale): Chiede un rinvio per approfondire aspetti tecnici, in particolare per determinare il numero di persone potenzialmente interessate. Il relatore Boato stima che siano tra le mille e le duemila persone.
- Governo (Sottosegretario Luciano Caveri): Esprime una valutazione favorevole sulla proposta, riservandosi un’analisi tecnica della riformulazione proposta dal relatore.
La seduta si conclude con il rinvio della discussione.
Seduta del 22 marzo 2000: Ampliamento dell’ambito di applicazione e adozione del testo base
La Commissione riprende l’esame tenendo conto delle osservazioni emerse il giorno precedente.
- Evoluzione della proposta (Relatore Marco Boato):
- Accogliendo le osservazioni, il relatore presenta una riformulazione del testo per estendere l’applicazione della legge anche alle persone emigrate prima del 16 luglio 1920 dai territori ex austro-ungarici che divennero italiani e furono successivamente ceduti alla Jugoslavia con il Trattato di Pace di Parigi del 1947. Questo include esplicitamente i territori come l’Istria e la Dalmazia.
- A seguito di un’osservazione di Roberto Menia (Alleanza Nazionale), il relatore accetta di includere anche i territori passati alla Jugoslavia con il Trattato di Osimo del 1975.
- Viene ribadito che la norma si applica solo a chi emigrò prima del 16 luglio 1920.
- Posizioni degli altri commissari:
- Franco Frattini (Forza Italia): Si dichiara favorevole al nuovo testo, poiché appare finalizzato a evitare esclusioni e discriminazioni.
- Sandro Schmid (Democratici di Sinistra-l’Ulivo): Conferma che è difficile quantificare con precisione i beneficiari, ma stima che coloro realmente intenzionati a chiedere la cittadinanza siano “alcune migliaia”.
Al termine della discussione, la Commissione adotta all’unanimità il nuovo testo come testo base. Il provvedimento viene quindi inviato alla Commissione Affari Esteri per il parere di competenza.
Seduta del 10 maggio 2000: Conclusione dell’esame in sede referente
La Commissione riprende l’esame dopo aver ricevuto il parere favorevole della Commissione Affari Esteri.
- Relatore (Marco Boato): Informa la Commissione del parere favorevole e, ricordando che il testo recepisce tutti i rilievi emersi, propone di concludere l’esame e avviare la procedura per il trasferimento in sede legislativa (per un’approvazione più rapida).
- Esito: La Commissione approva la proposta del relatore, dandogli mandato a riferire favorevolmente sul testo.
Seduta del 25 ottobre 2000: Discussione e approvazione finale in sede legislativa
La proposta di legge viene trasferita alla Commissione in sede legislativa per l’approvazione definitiva.
- Relatore (Marco Boato): Ringrazia tutti i gruppi per il consenso al trasferimento e riassume il percorso della legge, evidenziando come la proposta iniziale sia stata modificata per includere anche i territori passati alla Jugoslavia, auspicando un’approvazione unanime.
- Posizioni finali dei gruppi:
- Rosanna Moroni (Comunista) e Maria Celeste Nardini (Misto-RC-PRO): Pur avendo acconsentito al trasferimento per rimuovere una discriminazione, esprimono perplessità e critiche. Non condividono l’impostazione generale della legge sulla cittadinanza basata sullo ius sanguinis e sono critiche verso l’estensione del provvedimento ai territori ceduti alla Jugoslavia, astenendosi di fatto dal voto favorevole.
- Tutti gli altri gruppi presenti esprimono voto favorevole: Forza Italia, Lega Nord Padania, Minoranze linguistiche, UDEUR, Democratici di Sinistra-l’Ulivo e Alleanza Nazionale. Viene sottolineato il carattere “riparatorio” della legge.
- Esito: La Commissione approva in via definitiva la proposta di legge con votazione nominale finale.
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