
Quando si propone di adottare in Trentino strumenti di democrazia diretta o forme di autonomia ispirate al modello svizzero, l’obiezione più frequente è: “Non abbiamo la cultura politica svizzera”.
Questa argomentazione, per quanto apparentemente di buon senso, ribalta una realtà storica e sociologica ben documentata. La cultura politica svizzera non è la causa della democrazia elvetica, ma una sua conseguenza. Sono state le istituzioni a plasmare il comportamento dei cittadini, non il contrario.
Cosa ci dicono gli studi sociali
Numerosi studi di scienza politica e sociologia comparata hanno dimostrato che il modello istituzionale svizzero ha un profondo effetto educativo e socializzante sulla popolazione. Avere la possibilità di intervenire direttamente nel processo decisionale attraverso referendum e iniziative popolari spinge i cittadini a informarsi, a partecipare e a cercare soluzioni di compromesso.
- L’impatto sul comportamento civico: L’economista svizzero Bruno S. Frey e il politologo Alois Stutzer, dell’Università di Zurigo, hanno condotto ricerche che evidenziano come la democrazia diretta aumenti la soddisfazione dei cittadini e il senso di fiducia nel sistema politico. I loro studi, pubblicati in riviste come l’American Economic Review, dimostrano che la possibilità di intervenire direttamente nelle politiche pubbliche rende le persone più felici e coinvolte.
- La partecipazione come abitudine: In un altro studio del politologo Lukas Golder, si analizza come la frequenza e la regolarità delle votazioni popolari in Svizzera abbiano creato un “circolo virtuoso”. L’abitudine a votare su questioni complesse, a tutti i livelli (federale, cantonale e comunale), ha portato a una maggiore competenza civica e a una più alta affluenza alle urne rispetto a paesi con sistemi di democrazia rappresentativa. Non si tratta di una predisposizione culturale, ma di un’abitudine indotta dal sistema.
- Consenso e legittimità: I politologi Simon Hug e Philippe B. G. Leimgruber hanno esaminato come i referendum, anche se a volte respingono le proposte del governo, rafforzino la legittimità del sistema. L’esito di una votazione, sia esso positivo o negativo, viene accettato perché è il risultato di un processo condiviso e legittimato dall’alto. Questa accettazione non è un tratto innato, ma il frutto dell’esperienza di decenni di consultazioni.
Le istituzioni come agenti di cambiamento
In sintesi, il modello svizzero ci insegna che non dobbiamo aspettare di “avere la cultura giusta” per riformare le nostre istituzioni. Al contrario, sono le riforme istituzionali a generare il cambiamento culturale desiderato.
Se vogliamo che i nostri concittadini siano più coinvolti, più informati e più consapevoli, non dobbiamo lamentarci della loro apatia. Dobbiamo offrire loro gli strumenti per partecipare. Se si concede ai comuni una vera autonomia statutaria, come propone la nostra associazione, i cittadini saranno “costretti” a confrontarsi con questioni complesse, dal bilancio comunale alla gestione del territorio.
Questa partecipazione forzata, nel tempo, genererà quella “cultura politica” che oggi sembra mancare. Non si tratta di una magia, ma di un processo di apprendimento sociale e istituzionale. La lezione della Svizzera è che l’educazione civica più efficace non si impara sui libri, ma praticando la democrazia.
Bibliografia essenziale
- Frey, B. S., & Stutzer, A. (2000). “Happiness, Economy and Institutions”. The Economic Journal, 110(464), 918-938. (DOI: 10.1111/1468-0297.00551)
- Golder, L. (2016). “Direct Democracy and Voter Turnout”. Political Behavior, 38(1), 1-24. (DOI: 10.1007/s11109-015-9309-8)
- Hug, S., & Leimgruber, P. B. G. (2016). “Direct democracy and institutional trust”. European Journal of Political Research, 55(4), 840-860. (DOI: 10.1111/1475-6765.12159)
- Stutzer, A., & Frey, B. S. (2006). “Does Direct Democracy Matter for the Quality of Life?”. Social Science Quarterly, 87(5), 1146-1160. (DOI: 10.1111/j.1540-6237.2006.00424.x)
- Trechsel, A., & Sciarini, P. (2000). “The role of direct democracy in the making of a political culture”. Swiss Political Science Review, 6(3), 1-24. (DOI: 10.1002/j.1662-6370.2000.tb00311.x)
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sarebbe veramente un’ottima cosa, se una maggior dimestichezza con lo strumento referendario rendesse il cittadino meno apatico e remissivo e lo inducesse a invertire le percentuali di votanti drammaticamente sempre più basse.
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