
Nelle settimane scorse abbiamo pubblicato un’analisi delle nuove Linee Guida sulla Democrazia adottate dalla Confederazione Svizzera. La lettura di un documento così strategico, che nasce dalla consapevolezza di una “regressione democratica globale” e di una crescente sfiducia nelle istituzioni, ci ha profondamente colpito. Vedere uno Stato che, in risposta a queste sfide, non solo riafferma la democrazia come priorità, ma definisce un piano d’azione concreto per rafforzarne la resilienza, è una grande fonte di ispirazione.
Questo ci ha spinto a riflettere e a porci una serie di domande. E se anche l’Italia, o la nostra stessa Autonomia della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e della Provincia autonoma di Trento, adottassero un approccio altrettanto strutturato? Proviamo a immaginare insieme, in forma interrogativa, uno scenario utopico in cui i principi guida svizzeri venissero applicati al nostro contesto.
Ecco le domande che sono emerse, come spunto per un dibattito che speriamo possa essere fecondo.
• E se la Costituzione italiana contenesse un articolo che, come quello svizzero, affidasse esplicitamente allo Stato il compito non solo di “essere” democratico, ma di promuovere attivamente la democrazia come valore fondamentale della sua politica interna ed estera?
• E se il Governo italiano, o gli esecutivi di Regioni e di Province come la nostra, smettessero di affrontare le crisi di fiducia e partecipazione con misure estemporanee e adottassero invece una strategia pluriennale e organica, con obiettivi chiari e risorse dedicate, per rafforzare la “sostanza democratica” del Paese?
• Come cambierebbe il nostro dibattito pubblico se esistesse una strategia nazionale per sostenere attivamente i media indipendenti e locali e per promuovere un’educazione civica permanente che fornisca a tutti i cittadini gli strumenti per riconoscere la disinformazione e partecipare in modo consapevole, come previsto dalle linee guida svizzere?
• Quale sarebbe l’impatto sulla fiducia dei cittadini se le riforme istituzionali fossero guidate dal principio di sussidiarietà e da un reale decentramento di poteri e responsabilità verso Comuni e comunità locali, avvicinando le decisioni ai cittadini e rafforzando la resilienza del sistema contro la concentrazione del potere?
• Potremmo superare la polarizzazione e la sfiducia se, a tutti i livelli, venissero sperimentati e istituzionalizzati nuovi strumenti di deliberazione e partecipazione, come i referendum, le assemblee popolari, le giurie di cittadini o i bilanci partecipativi, per affrontare le grandi sfide attraverso un dialogo costruttivo?
• Infine, come si trasformerebbe il rapporto tra cittadini e istituzioni se la lotta alla corruzione fosse intesa non solo come un’azione repressiva, ma come una strategia preventiva per proteggere l’integrità dei nostri processi democratici e garantire che le decisioni vengano prese per il bene collettivo e non per interessi particolari?
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