Informare sotto pressione: il lavoro dei giornalisti e la qualità della democrazia locale

Il sistema dell’informazione è uno dei pilastri essenziali di ogni democrazia. La possibilità per cittadine e cittadini di formarsi un’opinione consapevole dipende in larga misura dalle condizioni in cui operano i giornalisti: dalla loro autonomia, dalla sicurezza personale, dalla stabilità lavorativa e dal rispetto delle regole deontologiche. Negli ultimi anni, tuttavia, diversi segnali indicano che anche in Trentino-Alto Adige/Südtirol queste condizioni non possono più essere date per scontate.

Un primo quadro significativo è emerso dall’indagine promossa nel 2022 dall’Ordine dei giornalisti del Trentino-Alto Adige/Südtirol in collaborazione con il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento. Lo studio ha restituito l’immagine di una professione sempre più segnata da precarietà e discontinuità: oltre la metà dei rispondenti risultava operare come freelance, spesso con compensi bassi e irregolari, difficilmente compatibili con una prospettiva professionale stabile. Accanto agli aspetti economici, l’indagine ha messo in luce carichi di lavoro elevati, stress crescente, tensioni tra giornalisti contrattualizzati e non contrattualizzati, discriminazioni sulla base delle idee politiche, genere, età e condizione professionale, casi di mobbing nelle redazioni e una percezione diffusa di vulnerabilità, fattori che rischiano di incidere sulla qualità e sull’indipendenza dell’informazione prodotta.

A questo quadro strutturale si affiancano i dati più strettamente legati alla sicurezza. Il rapporto annuale 2024 sugli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti del Dipartimento di pubblica sicurezza, pubblicato a gennaio 2025, descrive una situazione nazionale in peggioramento, con 114 episodi registrati nel 2024, in aumento rispetto all’anno precedente. Le intimidazioni provengono in larga parte da contesti socio-politici e sempre più spesso si manifestano attraverso il web e i social network, alimentate da una percezione distorta di anonimato e impunità. Il rapporto segnala inoltre aggressioni fisiche, minacce verbali, danneggiamenti e scritte ingiuriose come modalità ricorrenti.

Anche il Trentino-Alto Adige/Südtirol compare nel rapporto. Nel 2024 sul territorio regionale sono stati registrati almeno due episodi rilevanti, uno riconducibile a un’aggressione fisica e uno a un danneggiamento. Numeri contenuti se confrontati con quelli di altre regioni, ma tutt’altro che irrilevanti: bastano pochi episodi per incidere sul clima in cui i giornalisti lavorano, soprattutto in contesti territoriali ristretti, dove le relazioni personali e professionali sono più esposte e dove l’effetto intimidatorio può essere amplificato.

Il tema è tornato al centro dell’attenzione pubblica anche a livello nazionale dopo il grave attentato contro il giornalista Sigfrido Ranucci. Su sollecitazione delle minoranze parlamentari, le minoranze parlamentari hanno chiesto un’informativa al Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, il quale ha illustrato un quadro complessivo delle minacce ai giornalisti in Italia (resoconto stenografico dell’informativa urgente del 22 ottobre 2025), richiamando il lavoro di monitoraggio svolto dal Ministero e i dati sugli atti intimidatori con rilevanza penale. Si è trattato di un passaggio importante, che ha ribadito la centralità della libertà di stampa come bene costituzionale.

Allo stesso tempo, la relazione ministeriale ha mostrato alcuni limiti evidenti. Il focus è rimasto prevalentemente sugli episodi più gravi e penalmente rilevanti, senza entrare nel merito delle differenze territoriali né affrontare in modo sistematico il contesto più ampio in cui i giornalisti operano. Sono rimasti sullo sfondo, ad esempio, i problemi legati alla precarietà lavorativa, alla pressione economica sulle redazioni, alla concentrazione della proprietà dei mezzi di informazione nelle mani di pochi o al rischio di condizionamenti indiretti, tutti elementi che incidono profondamente sulla libertà e sulla qualità dell’informazione, pur non configurando necessariamente reati.

A livello locale, infine, colpisce la difficoltà della politica nel riconoscere questa complessità. Una recente interrogazione presentata in Consiglio regionale dal gruppo consiliare Team K per chiedere dati puntuali sulla situazione del Trentino-Alto Adige/Südtirol (int.183/XVII del 3 novembre 2025) ha ricevuto una risposta formale e generica da parte del Presidente della Regione Arno Kompatscher, limitata a riaffermare una scontata e doverosa attenzione di principio al tema, senza fornire informazioni concrete né indicare iniziative specifiche. Un atteggiamento che rischia di ridurre una questione centrale per la qualità democratica del territorio a un tema marginale, da archiviare con dichiarazioni di circostanza.

Riflettere sullo stato dell’informazione locale significa allora andare oltre il conteggio degli episodi più eclatanti. Significa interrogarsi sulle condizioni quotidiane in cui i giornalisti lavorano, sulla loro capacità di svolgere un ruolo di controllo diffuso del potere e sulla responsabilità delle istituzioni nel garantire un contesto favorevole a un’informazione libera, pluralista e indipendente. Perché senza giornalisti messi nelle condizioni di lavorare bene, anche la democrazia locale diventa più fragile.

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Un pensiero su “Informare sotto pressione: il lavoro dei giornalisti e la qualità della democrazia locale

  1. Il giornalismo locale appare carente anche in ciò che si potrebbe definire “giornalismo d’inchiesta” e, spesso e volentieri è un riproduttore sistemico di narrazioni che coincidono quasi perfettamente con la visione delle forze economiche, sociali e politiche che detengono il potere. Il giornalismo dalla schiena dritta, salvo encomiabili eccezioni, diventa sempre più una rarità mentre l’informazione pullula di penne a libro paga dei vari principati.

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