* lettera pubblicata su Il T il 5 agosto 2025

A margine della duplice controriforma che ha rimosso il limite di mandati per sindaci e presidente della Provincia di Trento, negli ultimi mesi si è tornati a discutere di riforma elettorale. Tra le ipotesi è riemersa anche la possibilità di reintrodurre il sistema proporzionale. Un dibattito che, tuttavia, pare confinato a mere dichiarazioni d’intenti, prive di reali risvolti operativi.
Il problema non riguarda solo il livello provinciale: anche nei comuni manca il coraggio di avviare una riflessione seria su come i meccanismi elettorali influenzino la partecipazione democratica e la legittimazione delle istituzioni.
I dati delle recenti elezioni comunali in Trentino sono impietosi. L’affluenza è crollata al 54,53% (dieci punti in meno rispetto al 2020) e nella città di Trento ha toccato un preoccupante 49,93%. Ma c’è di più: in decine di comuni si è presentato un solo candidato sindaco e, in molti piccoli centri, la partecipazione formale al voto si è accompagnata a percentuali record di schede bianche e nulle. Questi comportamenti non possono più essere ignorati né letti con superficialità: sono sintomi evidenti di una crisi profonda, in cui la democrazia locale viene vissuta sempre più come un rituale stanco, svuotato di significato.
Le ragioni sono molteplici, ma una spicca su tutte: la combinazione tra elezione diretta del sindaco, potere esclusivo di nomina della giunta e un sistema maggioritario che assegna al vincitore una maggioranza schiacciante in consiglio ha alterato profondamente l’equilibrio istituzionale. Il sindaco è diventato un “monarca locale”, mentre il consiglio comunale si è ridotto a un organo marginale, privo di reale capacità di indirizzo o controllo.
Questo assetto iper-personalizzato favorisce appartenenze, clientele, logiche di potere locali e rapporti di subalternità nei confronti del governo provinciale, a scapito della trasparenza, del confronto e della partecipazione.
A trent’anni dall’introduzione dell’elezione diretta del sindaco, è tempo di fare un bilancio. Come associazione Più Democrazia in Trentino, riteniamo urgente un riesame critico di queste scelte, basato su dati quantitativi e qualitativi. Non si può più tacere davanti al calo drammatico della partecipazione civica, né ignorare le diseguaglianze di rappresentanza prodotte dal sistema maggioritario: interi segmenti sociali, forze politiche e formazioni civiche non allineate ai blocchi di potere dominanti restano esclusi dai consessi decisionali, senza nemmeno la possibilità di esercitare un diritto di tribuna. È una distorsione grave della volontà popolare.
Anche la Corte costituzionale, nel pronunciarsi sulla legittimità dell’allentamento dei limiti di mandato, ha riconosciuto nel dibattito critiche fondate che, implicitamente, evidenziano la perdita di pluralismo, la difficoltà di garantire un’effettiva alternanza nei ruoli di vertice e la crescente distanza tra istituzioni e cittadini.
Non è un caso che nei piccoli comuni, dove tutti si conoscono, crescano le schede bianche: è la forma di dissenso più sicura, l’unico modo per esprimere disapprovazione senza esporsi direttamente. È un comportamento che meriterebbe uno studio approfondito, ma che già ora segnala chiaramente una crisi di legittimità del potere locale.
Eppure, in risposta a una recente interrogazione (135/XVII di Maria Rieder) sull’ipotesi di riforma in senso proporzionale della legge elettorale nei comuni, l’assessore regionale agli enti locali Locher ha ammesso candidamente che «non ci sono critiche né richieste di modifica». Ma l’assenza di iniziativa da parte delle istituzioni non equivale all’assenza di problemi.
Servono proposte concrete, non proclami. Rimettere mano al sistema elettorale per renderlo più equo e rappresentativo, a partire dalla reintroduzione del proporzionale anche a livello comunale, non è una battaglia di retroguardia: è un investimento sul futuro della democrazia.

La lettera di Alex Marini contiene un’analisi molto chiara e completa nonostante la brevità.
Mi auguro che possa essere la base per un dibattito a tutti i livelli. provinciale e locale, e in tutti gli ambienti, sui problemi esposti.
Gioo
Giorgio Rossi
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Ciao Giorgio, grazie del commento: ci aiuta a capire che, nonostante il dibattito pubblico sia spesso asfittico, ci sono ancora cittadini sensibili e disponibili ad approfondire temi che possono sembrare desueti ma che, sul piano dei fondamenti della democrazia, restano di un’attualità estrema.
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