La crisi della democrazia rappresentativa si evidenzia quotidianamente attraverso l’autoreferenzialità degli eletti, la sfiducia consolidata dei cittadini nei loro confronti e le distorsioni risultanti dalla concentrazione di potere nelle mani di pochi (partitocrazia, tecnocrazia, videocrazia, casta, etc.).
Il Trentino non può pensare di essere estraneo a questa tendenza. Le modalità di difesa dell’attuale tipologia di autonomia da parte delle elite provinciali sono patetiche. Infatti la proprietà pubblica in un sistema di governo clientelare e protezionista non corrisponde alla tutela ed allo sviluppo degli interessi collettivi. L’autonomia non può essere impacchettata in una cassetta di sicurezza e gestita secondo logiche proprietarie per favorire una ristretta cerchia di soggetti. Al contrario, l’autonomia ha il potenziale di essere ampliata e rafforzata coinvolgendo i cittadini.
Tutte le donne e gli uomini adulti devono avere un eguale potere nel decidere come governare il territorio in cui vivono ma c’è di più. Le ragioni di un maggiore coinvolgimento dei cittadini non si basano solo su una legittima aspirazione ad un processo di democratizzazione dei processi decisionali ma anche su una situazione sociale diversa da quella in cui fu ideata l’attuale architettura istituzionale.
The world has changed come scriveva il giornalista di The Economist, Brian Beedham[1]. I cittadini oggigiorno rappresentano più che mai una risorsa. La pubblica amministrazione ha tutto il vantaggio di relazionarsi con loro per trovare le idee migliori e valorizzarle a beneficio della collettività. Partendo da queste assunzioni, Più Democrazia in Trentino nel disegno di legge di iniziativa popolare propone nuovi e diversi meccanismi di interazione tra cittadini e pubblica amministrazione al fine di ottimizzare la relazione fra gli stessi.
Perché i cittadini vanno coinvolti nei processi decisionali?
1) La prima ragione è che il cambiamento economico e sociale del secolo scorso ha eliminato, o per lo meno fortemente ridotto, la distanza fra l’èlite ed il resto della popolazione. Nonostante la ricchezza e le opportunità non siano distribuite equamente, la maggioranza della popolazione vive in una situazione di maggiore comfort e benessere rispetto agli anni ‘50. Tale situazione ha avuto una ricaduta positiva in termini di educazione e quindi di capacità di comprendere la complessità delle decisioni collettive[2]. Il capitale umano rispetto ai decenni scorsi si è consolidato trasversalmente a tutte le classi sociali.
2) La seconda ragione emerge dall’impetuoso sviluppo dell’information technology, che ha determinato lo sviluppo dei mezzi attraverso i quali le persone possono apprendere quasi istantaneamente cosa sta accadendo intorno a loro. L’essenza di ciò è che risulta possibile a tutti acquisire una conoscenza su qualsiasi argomento in tempo reale in misura uguale a quella di un rappresentante politico. In una simile condizione ognuno ha la possibilità di elaborare un giudizio consapevole ed informato su qualsiasi argomento.[3] Dall’avvento di internet e dei media sociali, l’ecosistema dell’informazione ha conosciuto un’accelerazione dell’innovazione sotto tutti i profili producendo un informazione di qualità maggiore.[4] Infine, un aumento esponenziale dell’istruzione è coinciso con l’emergere del più grande meccanismo di distribuzione della conoscenza che il mondo abbia mai visto: internet.[5]
3) Con la caduta del muro di Berlino ha avuto luogo un inesorabile mescolamento delle politiche socialiste con quelle individualiste e dell’economia socializzata con il libero mercato. Le elezioni hanno perso il valore ideologico che le caratterizzava. E’ ormai condiviso il principio che per cambiare non servono elezioni[6] poiché i partiti politici hanno perso la loro etichetta ideologica ed hanno incrementato la loro ambiguità rendendo difficile se non impossibile la previsione della loro posizione nei processi decisionali.
4) L’ultima e non meno importante ragione è che il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali li rende più consapevoli e maturi. Gli stessi, invece di essere chiamati ad esprimersi solo occasionalmente nella vaga e pressoché irrazionale scelta fra una schiera di candidati a loro sconosciuti, attraverso gli strumenti della democrazia diretta sono invitati ad esprimersi su questioni puntuali. La loro posizione è tradotta così in politiche concrete e facilmente controllabili. Un voto migliore consente anche la formazione di un cittadino migliore perché questo processo lo rende indubbiamente più informato, più consapevole, più responsabile ed in ultima istanza più attento alle proprie azioni.[7]
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