
I referendum sulla tutela del lavoro e sulla cittadinanza non hanno raggiunto il quorum. Nessuna sorpresa. Lo avevamo previsto, come lo prevedono tutte le persone che conoscono l’effetto paralizzante di questo meccanismo. Lo stesso meccanismo che ha fatto fallire 38 referendum su 77. Il quorum di partecipazione è oggi uno degli strumenti più dannosi per la democrazia italiana, come ha rilevato la Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, che ne raccomanda da tempo l’eliminazione.
Eppure in Italia ci si ostina a mantenerlo, in nome di una logica falsamente prudenziale. Già Costantino Mortati, tra i più autorevoli padri costituenti, nella sua proposta iniziale sui referendum non prevedeva alcun quorum, ritenendo sufficiente la maggioranza dei voti validamente espressi. Successivamente, di fronte ad alcune resistenze emerse in Assemblea, accettò l’introduzione del quorum solo come compromesso, affermando chiaramente che “se adottato, dovrebbe valere anche per le elezioni” e dichiarandosi “favorevole al quorum, solo a patto che si introduca per le elezioni il voto obbligatorio”. Un’affermazione che mette in luce la profonda incoerenza democratica che ancora oggi ci trasciniamo dietro.
Sulla stampa nazionale, invece di affrontare seriamente il nodo del quorum, si è aperto un dibattito surreale sulla “crisi del referendum”. Come se fosse lo strumento in sé il problema, e non l’astensionismo crescente causato dalla sfiducia e dall’emarginazione dei cittadini dalle decisioni pubbliche. Un astensionismo che non riguarda solo i referendum: basti guardare le affluenze record al ribasso alle ultime elezioni europee (49,7%), alle comunali a Trento (49,9%), alle regionali nel Lazio (37%), in Lombardia (42%) o già nel 2014 in Emilia-Romagna (38%).
In questo contesto si inserisce il lavoro del comitato Basta Quorum, coordinato da Mario Staderini, figura di riferimento nella difesa dei diritti politici, e sostenuto da Più Democrazia in Trentino, Iniziativa per Più Democrazia in Alto Adige/Südtirol, Democrazia Radicale e Eumans. Il comitato ha agito con prontezza, raccogliendo oltre 70.000 firme in pochi giorni per un disegno di legge di iniziativa popolare, presentato ai sensi dell’art. 71 della Costituzione, con l’obiettivo chiaro: abolire il quorum di partecipazione previsto dall’art. 75 per i referendum abrogativi.
Ma mentre i cittadini firmano (per la stragrande maggioranza giovani), i partiti e i media dominanti lavorano in senso opposto: si parla apertamente di sopprimere la firma digitale SPID per il sostegno ai referendum, alzare il numero di firme necessarie, limitare le materie ammesse a referendum, inasprire il vaglio di ammissibilità. Il tutto condito da ipocrite proposte di abbassamento minimale del quorum, che non risolverebbero nulla ma servirebbero solo a simulare apertura, mentre si continua a soffocare il diritto dei cittadini a partecipare liberamente.
L’obiettivo non è dichiarato, ma è evidente: rendere il referendum un privilegio per partiti e corporazioni, e negare l’accesso allo strumento alla società civile.
Questa è la nuova ondata reazionaria che attraversa il nostro tempo: quella che, in nome dell’“ordine” e della “serietà”, vuole ridurre gli spazi di libertà democratica, rafforzare l’oligarchia dei partiti e dei gruppi d’affari a cui sono collegati, e impedire ai cittadini di decidere davvero.
La raccolta firme di Basta Quorum ha già raggiunto l’obiettivo minimo delle 50.000 sottoscrizioni, ma è ancora aperta online tramite la piattaforma SPID del Ministero della Giustizia (tutte le informazioni su www.bastaquorum.it). La certezza è che ora il Senato dovrà discutere la proposta, e lo farà accanto alle tante iniziative parlamentari che puntano invece a limitare ulteriormente la partecipazione.
Noi ci saremo. Con un’iniziativa partita dal basso, dalle realtà civiche territoriali, libera da logiche di potere e capace di parlare a quella parte di Paese che non ha rinunciato all’idea che il popolo debba contare. Sapremo farci valere. E non saremo soli.
Alex Marini – presidente di Più Democrazia in Trentino