
L’associazione Più Democrazia in Trentino ha organizzato un convegno pubblico per approfondire la riforma dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol, attualmente in discussione in Parlamento.
All’incontro, svoltosi presso la sala conferenze della Fondazione Caritro di Trento, hanno partecipato Alessandro Urzì (deputato di Fratelli d’Italia e relatore del disegno di legge governativo), Ugo Rossi (già presidente della Provincia autonoma di Trento) e Alfonso Colucci (deputato del Movimento 5 Stelle e capogruppo in Commissione Affari Costituzionali). L’incontro è stato moderato dal presidente dell’associazione Alex Marini
L’iniziativa ha offerto un confronto pluralista sui contenuti, le criticità e le prospettive della riforma, affrontando temi cruciali come il trasferimento delle competenze, il ruolo delle istituzioni, il sindacato di costituzionalità e gli strumenti di democrazia diretta.
L’obiettivo era promuovere un dibattito pubblico informato, aperto e rispettoso delle diverse sensibilità politiche, per comprendere quale direzione prenderà l’autonomia del nostro territorio (trovate il link alla videoregistrazione integrale dell’incontro a piè di pagina).
Nel suo intervento di apertura, Alex Marini, presidente di Più Democrazia in Trentino, ha ricordato la missione dell’associazione, nata nel 2011 per promuovere strumenti di partecipazione diretta sul modello svizzero, fondata su trasparenza, partecipazione e stato di diritto.
Marini ha sottolineato che non può esistere autonomia senza democrazia, e che un’autonomia priva di contrappesi rischia di trasformarsi in un sistema feudale, autoreferenziale e scollegato dai cittadini.
Ha inoltre criticato il metodo unilaterale e accelerato con cui la riforma è stata portata avanti, segnalando la mancanza di un vero dibattito pubblico e di adeguate analisi d’impatto.
Il punto di vista di Alessandro Urzì
Il relatore del disegno di legge, Alessandro Urzì, ha ricordato come le origini dello Statuto di autonomia siano legate alla necessità di dare una risposta politica e istituzionale alla questione delle minoranze linguistiche dopo la Prima guerra mondiale. L’autonomia, ha spiegato, ha rappresentato nel tempo un modello di convivenza che ha garantito stabilità, crescita e pace sociale.
La riforma oggi in discussione mira – secondo Urzì – a ripristinare gli standard di competenza e di garanzia del 1992, anno della quietanza liberatoria dell’Austria presso l’ONU, quando si riteneva pienamente soddisfatto l’accordo De Gasperi–Gruber. Negli anni successivi, soprattutto dopo la riforma del Titolo V del 2001, la Corte Costituzionale ha progressivamente ristretto il margine di autonomia delle Province, intervenendo anche su materie tradizionalmente considerate primarie. L’obiettivo del nuovo testo è quindi ridurre il contenzioso e semplificare i rapporti con lo Stato, ristabilendo una chiara divisione delle competenze.
Tra le principali novità, Urzì ha evidenziato il trasferimento di competenze in materia di tutela dell’ambiente, gestione dei rifiuti, ecosistemi e fauna selvatica, nonché il rafforzamento delle Commissioni paritetiche, chiamate a predisporre anche norme di armonizzazione tra i livelli istituzionali. Ha inoltre segnalato alcune misure di riequilibrio tra i gruppi linguistici, come la possibilità per un consigliere unico di minoranza in Alto Adige di entrare in Giunta e la riduzione da quattro a due anni del requisito di residenza per il diritto di voto.
Soffermandosi sul nuovo meccanismo di intesa tra Parlamento e Consigli provinciali, Urzì ha precisato che non si tratta di un diritto di veto, ma di uno strumento di consultazione preventiva utile a rafforzare la leale collaborazione e la partecipazione delle autonomie ai processi decisionali. Quanto al timore di un indebolimento del sindacato di costituzionalità, ha chiarito che la riforma non riduce i poteri della Corte, ma mira a definire con maggiore precisione i confini tra competenze statali e provinciali, così da evitare conflitti ripetuti e interpretazioni altalenanti.
L’intervento di Ugo Rossi
Rossi ha inquadrato la riforma in una prospettiva storica più ampia, sottolineando che per il Trentino il fondamento dell’autonomia non è solo la tutela delle minoranze, come per l’Alto Adige, ma la tradizione di autogoverno e la capacità di amministrare in modo responsabile il proprio territorio. Ha osservato che la riforma non può essere liquidata come un “lifting”, poiché introduce modifiche strutturali e competenze rilevanti, tra cui quelle sull’ambiente e sulla contrattazione collettiva del personale provinciale, che rafforzano l’autonomia gestionale.
Sull’intesa tra Stato e autonomie, Rossi ha definito il nuovo meccanismo come una forma di protezione debole ma necessaria: non si tratta di un diritto di veto, ma di uno strumento di leale collaborazione che potrebbe evolvere in una forma più efficace di concertazione. Ha ricordato, a questo proposito, il tentativo compiuto durante la scorsa legislatura – con il sottosegretario Bressa – di istituire una commissione ristretta capace di comporre i dissensi prima del voto parlamentare.
Sul ruolo della Regione, Rossi ha espresso un giudizio netto: “Così com’è, non ha più senso”. Ha sottolineato che, per tornare a essere utile, la Regione dovrebbe trasformarsi in un luogo di cooperazione tra le due Province, uno strumento per affrontare temi di interesse sovraterritoriale come i trasporti, l’ambiente, la pianificazione energetica e il rafforzamento dell’Euregio.
Questa prospettiva, tuttavia, implica che Trento e Bolzano accettino di cedere una parte della loro sovranità a favore di una governance comune su alcune politiche chiave.
Rossi ha inoltre chiarito che la riforma non mira a ridurre il potere della Corte Costituzionale, ma a rendere più chiari i confini tra competenze statali e provinciali, per evitare un contenzioso costante. Ha concluso ricordando che, senza regole certe e senza partecipazione, nessuna autonomia può durare nel tempo.
Il contributo di Alfonso Colucci
Colucci ha posto al centro del suo intervento il tema della democrazia e della partecipazione, criticando il metodo con cui la riforma è stata condotta. Secondo il deputato, l’autonomia non può ridursi a un semplice trasferimento verticale di competenze, ma deve essere il risultato di un processo che coinvolga le comunità e le istituzioni rappresentative.
Ha denunciato la mancanza di un confronto democratico e la totale assenza di coinvolgimento delle altre Regioni a statuto speciale, dei Consigli provinciali e dei cittadini. Tale approccio, ha spiegato, rischia di svuotare il significato stesso di “autogoverno”.
Colucci ha poi sollevato rilevanti questioni di legittimità costituzionale, sottolineando che la soppressione del limite delle “riforme economico-sociali” non elimina davvero il rischio di interferenza dello Stato: concetti come “principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica” e “interesse nazionale” continueranno a essere utilizzati dalla Corte Costituzionale per delimitare la sfera di autonomia.
Ha inoltre espresso perplessità sulla nuova competenza in materia di contrattazione collettiva, che potrebbe entrare in conflitto con la competenza esclusiva statale in materia di diritto del lavoro (art. 117, comma 2 Cost.).
Sul piano politico, Colucci ha denunciato la marginalizzazione del Parlamento, che ha approvato il testo esattamente nella versione proposta dal Governo, senza modifiche. “Le leggi costituzionali dovrebbero essere l’espressione più alta del Parlamento – ha detto – non una ratifica di decisioni prese altrove.”
Ha quindi illustrato alcune proposte di riforma del M5S, tra cui l’introduzione del referendum confermativo sulle modifiche statutarie, la previsione di standard minimi di trasparenza e partecipazione e il rafforzamento del ruolo dei Consigli elettivi rispetto alle Giunte.
Colucci ha chiuso il suo intervento con un messaggio chiaro: “Non bisogna temere la democrazia: è l’antivirus più efficace contro qualsiasi deriva dell’autonomia”.
I temi emersi dal pubblico
Durante il dibattito sono state sollevate numerose questioni di interesse pubblico e istituzionale:
- Autonomia fiscale: la dipendenza dalle decisioni statali sulle imposte, come l’IRPEF, riduce la reale capacità delle Province di autogovernarsi.
- Democrazia diretta: richiesta di introdurre un referendum confermativo sullo Statuto, perché la carta fondamentale dell’autonomia deve appartenere ai cittadini, non ai partiti.
- Equilibri politici: preoccupazione per l’eccessiva concentrazione di potere in Alto Adige e per la mancanza di organi indipendenti di controllo.
- Tutela dei lavoratori della scuola pubblica: sono state segnalate situazioni di peggioramento dei diritti contrattuali ed economici del personale scolastico, in particolare nella scuola dell’infanzia, dove l’autonomia provinciale, pur avendo competenza primaria, avrebbe prodotto un arretramento rispetto agli standard statali di riferimento (vedasi iniziativa popolare delle maestre della scuola d’infanzia).
- Ruolo della Corte Costituzionale: timori per un possibile ridimensionamento della funzione di garanzia costituzionale.
In merito alla fauna selvatica, Urzì ha chiarito che la riforma attribuisce ai Presidenti di Provincia le funzioni di autorità di pubblica sicurezza anche in questo ambito. Sul tema del referendum statutario, ha spiegato che non è previsto per evitare squilibri tra gruppi linguistici, mentre Rossi e Colucci hanno ribadito che una partecipazione più ampia nella fase di elaborazione delle norme rafforzerebbe la legittimità complessiva del processo autonomistico.
Il convegno ha dimostrato che il confronto pluralista è possibile e necessario. Pur partendo da posizioni diverse, tutti i relatori hanno riconosciuto che la riforma tocca nodi fondamentali di equilibrio istituzionale, qualità democratica e rapporto tra autonomie e Stato. Per Più Democrazia in Trentino, il dibattito ha confermato che l’autonomia deve crescere insieme alla democrazia, accompagnata da trasparenza, partecipazione e controllo civico. Solo un’autonomia costruita su queste basi potrà davvero guardare al futuro come strumento di autogoverno condiviso, legittimato e consapevole.