Intervista a Thomas Benedikter

Thomas Benedikter è ricercatore economico-sociale nonché collaboratore della Accademia Europea di Bolzano EURAC e sostenitore di “Iniziativa per più democrazia” di Bolzano. E’ inoltre autore di varie pubblicazioni sulla democrazia diretta come indicato in un elenco a piè di pagina. Di seguito riportiamo l’intervista che ci ha gentilmente concesso.

Quali sono a tuo avviso i punti più significativi e quelli più innovativi del ddl presentato dal comitato di Più Democrazia in Trentino?
La vostra proposta di legge riprende principalmente le nostre proposte di Più democrazia di Bolzano, sviluppate durante gli ultimi anni e portate a referendum propositivo nel 2009, e lo integra con alcuni elementi ed istituti interessanti ed originali. L’istituto dei pritani potrebbe avere un ruolo di integrazione degli strumenti tradizionali della DD. L’istituto del recall nella forma della sfiducia al Presidente della Provincia potrebbe semmai imporsi nel caso in cui questo fosse eletto direttamente dal popolo. Fin quando è il Consiglio provinciale a votarlo, come è il caso tuttora in Alto Adige, fiducia e sfiducia dovrebbero competere allo stesso organo, cioè alla rappresentanza politica.
Molto ben elaborate sono le norme sull’esercizio elettronico della DD, un concetto di e-democracy che va continuamente ampliato. In merito all’iniziativa popolare bisognerebbe precisare che occorre prevedere di andare alla votazione nel caso in cui il Consiglio provinciale non accettasse la sostanza della proposta dei cittadini, ma comunque deve spettare ai promotori giudicare quando una proposta non soddisfa le loro richieste.
Nella vostra pdl ci sono tutti e tre gli strumenti referendari principali, ma non si parla del referendum statutario. Tuttavia, tutto sommato una proposta di legge ben ragionata, comprensiva degli elementi essenziali. La legge elettorale andrebbe però elaborata distintamente.

Noi abbiamo pensato all’istituto dei pritani per esprimere un parere su situazioni dove il governo locale ha un potere assoluto. In alcuni casi abusa di tale potere senza perseguire il bene comune (es. legge elettorale, nomine di personaggi senza le necessarie competenze in ruoli di interesse pubblico, gestione di società controllate e/o partecipate etc.). Qual è la tua opinione riguardo ai consigli di cittadini estratti a sorte?
Per la legge elettorale e la legge sulla democrazia diretta mi sembra che dovrebbero esserci anche gli strumenti referendari disponibili ai cittadini; per le altre competenze menzionate nella domanda i pritani possono essere utili, senza dubbio.

La proposta di Più Democrazia in Trentino si è ispirata esplicitamente a quella di Mehr Demokratie di Bolzano, tuttavia è arrivata ad un risultato diverso sia da un punto di vista dei contenuti che della forma, hai maturato un giudizio a riguardo?
È legittimo trovare soluzioni specifiche per ogni provincia autonoma o regione autonoma. L’Alto Adige, per esempio, ha questa specificità etnolinguistica, non elegge il Presidente della Provincia direttamente. In ogni caso entrambe le Province sono sottoposte allo stesso Statuto di autonomia, che prevede la possibilità di legiferare sulla forma di governo in maniera autonoma, ma non prevede l’iniziativa popolare in questa materia. Sicuramente una lacuna da colmare. Inoltre nello Statuto manca tutta una serie di altre forme e meccanismi di partecipazione popolare alla politica. Nella prossima riforma dello Statuto di autonomia occorre perciò puntare su un miglioramento significativo di questa dimensione della nostra autonomia.

In Alto Adige i comuni senza o con bassissima percentuale di quorum di partecipazione allo stato attuale sono una decina (Ortisei, La Valle, Cortaccia, Fiè, San Candido, Verano, Varna, Lana, Dobbiaco, Terento, etc.). In termini percentuali questo significa che circa un comune su dieci ha adottato optato per un maggiore coinvolgimento dei cittadini nella gestione del potere locale. A cosa è dovuta questa accelerazione rispetto al resto d’Italia, Trentino incluso?
Sicuramente questo fatto è dovuto alla sensibilizzazione di tanti cittadini e amministratori comunali sul funzionamento della DD e sull’effetto nefasto del quorum di partecipazione. In tantissimi i sudtirolesi hanno capito che, se vogliamo promuovere la partecipazione dei cittadini, dobbiamo accettare il principio “Chi va a votare decide, chi sta a casa, lascia la decisione agli altri”. Il quorum e altre angherie amministrative (tipo di raccolta delle firme, iter per arrivare alla votazione, soglie di firme ecc.) continuano a frenare l’interesse dei cittadini. Non solo parecchi consigli comunali sono disposti ad aperture, ma la stessa SVP nella sua proposta di legge provinciale sulla DD si è congedata dal quorum. Dall’altra parte la SVP, che governa 109 su 116 comuni, è ancora molto restía ad un regolamento avanzato e citizen-friendly dei diritti referendari a livello comunale.

Oltre che di democrazia diretta ti occupi di minoranze etniche. Il libro “Europe ethnic mosaic” ne è la testimonianza più evidente. In molti, soprattutto fra coloro che potrebbero essere definiti intellettuali di sinistra, ritengono che i referendum siano una minaccia per le minoranze poiché una maggioranza semplice potrebbe ledere i loro diritti. Qual è il tuo pensiero riguardo ad affermazioni di questo tipo?
Infatti, strumenti referendari che nel loro regolamento non tengono conto l’eventuale presenza di minoranze etnolinguistica o religiose, possono accentuare questo rischio. È questo uno dei motivi centrali per cui in Macedonia la forte minoranza albanese si è opposta ad un rafforzamento della DD a livello nazionale, e come esempio più vicino, tantissimi italiani dell’Alto Adige continuano a nutrire il sospetto che una DD ben evoluta possa andare a scapito della minoranza numerica del gruppo italiano (26% della popolazione). Ma di fatto dipende dall’ordinamento costituzionale o statutario e dal regolamento specifico degli strumenti referendari. Per la Svizzera, paese con 4 gruppi linguistici, la prassi di DD che dura da 140 anni, ha mai portato a seri conflitti fra i 4 gruppi, sia perché questioni linguistiche vengono sollevate molto raramente sia perché nel federalismo svizzero i diritti linguistici sono ben radicati (vedi il mio saggio, Direct Democracy and linguistic minorities in Switzerland and South Tyrol – A comparison, qui allegato, uscito nel 2011 su EDAP dell’EURAC di Bolzano).
In Alto Adige/Sudtirolo l’Iniziativa per più democrazia nella sua proposta di legge ha previsto un meccanismo di “doppia maggioranza” riferita alla caratteristica della popolazione a livello comunale), nel caso in cui venissero portati al voto referendario questioni “etnicamente sensibili”. Comunque, il problema si risolve istituendo a livello statutario costituzionali forti per le minoranze etnolinguistiche come pure quelle religiose, non referendabili. A livello regionale in Italia possono essere portate a referendum solo questioni di competenza regionale o provinciale.

La strada per incrementare i diritti politici dei cittadini è lunga e tortuosa, non si tratta solo di ridistribuire il potere ai cittadini ma anche di ricostruire un nuovo spirito civico che sembra smarrito, a tuo avviso quali obiettivi sono raggiungibile nel breve periodo?
Inanzitutto occorre creare più informazione e conoscenza sul funzionamento di un sistema di DD ben evoluto. Niente di rivoluzionario, perché anche nei paesi con lunga tradizione di DD, sono sempre i governi e i parlamenti a prendere il 99% delle decisioni. Inoltre, in quelle realtà non necessariamente osserviamo una politica solo più progressista, o solo liberale o solo conservatrice. Gli strumenti referendari servono come specchio per le posizioni presenti nell’elettorato rispetto problemi concreti specifici, un servizio che le elezioni non possono sortire. Più potere in mano ai cittadini è la forma semplice, ma efficace percreare spirito civico. Più deleghe ai politici, assenza di diritti partecipativi e di controllo portano a più menefreghismo e frustrazione. Ciò è comprovato da varie ricerche scientifiche in vari paesi, ma anche dove il potere politico è fortemente decentralizzato (stati federali, autonomie regionali). La nostra autonomia regionale-provinciale in Trentino-Alto Adige ha avvicinato l’esercizio del potere alla gente, perché riesce a controllare e responsabilizzare i propri rappresentanti. Ma questo va integrato con una gamma più completa possibile di diritti referendari. Non è un compito troppo difficile, tant’è vero ch ein Sudtirolo il 45% degli elettori del gruppo tedesco l’hanno avvallato votando SI alla nostra proposta di legge nel referendum del 2009. È la scarsa partecipazione del gruppo italiano, dovuta a vari timori e una clamorosa disinformazione, alla farci mancare il quorum (il 40%).

PUBBLICAZIONI

  • Più democrazia per l’Europa (Edizioni ARCA, 2010)

  • Mehr direkte Demokratie in die italienische Verfassung! (Campagna nazionale Quorum zero e più democrazia, 2012

  • Europe’s Ethnic Mosaic – A Short Guide to Minority Rights in Europe (EURAC 2008)

  • Più potere ai cittadini (Edizioni SONDA, 2008)

  • Modern Autonomy Systems (EURAC Bolzano 2010, su: http://www.gfbv.at) e Moderne Autonomiesysteme (Bolzano 2012)

  • Introduzione poco riverente nel mondo dei sudtirolesi (Edizioni ARCA, 2012)

  • Il groviglio del Kashmir (Ed. Frilli, Genova, 2006)

  • Il dramma del Kosovo (Ed. DATANEWS, Roma 1998)

  • Krieg im Himalaya (Ed. LIT, Berlino 2003)

  • Linguistic Minorities in India (Ed. LIT Berlino 2009)

  • Solving Ethnic Conflict through Self-Government (sull’Internet. ed. EURAC Bolzano)

  • Direct Democracy and linguistic minorities in Switzerland and South Tyrol – A comparison, 2011 su EDAP dell’EURAC Bolzano – CLICK PER SCARICARE ALLEGATO

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