L’articolo intitolato Giovane Europa è solo il primo degli approfondimenti scritti da Andrea Casna all’interno della rubrica Democrazia in Europa e pubblicati sul magazine online Lagarina.it. A seguito del pezzo in cui richiama alla memoria gli ideali mazziniani per una rivoluzione democratica in Europa, ne sono seguiti molti altri, dove Andrea – storico con la passione per il giornalismo – ha posto l’accento sul tema della democrazia diretta.
In modo rigoroso ed esauriente ha raccontato il dibattito pubblico in Francia, l’esito referendario in Sardegna, le speranze post-referendarie dei sardi, il caso del comune di Villa Lagarina – allo stato attuale l’unico comune trentino senza quorum –, le assemblee popolari in Svizzera ed il costituzionalismo dal basso in Islanda. In questa serie di articoli ha cercato di proporre un’alternativa all’anti-politica ovvero l’altra-politica, citando peraltro in più di un’occasione il caso di Più Democrazia in Trentino (per ultimo l’intervista su Città Nuova).
A partire dall’interesse dimostrato nel corso della campagna raccolta firme, ho pensato di sottoporgli alcune domande per raccogliere il punto di vista di un addetto che lavora nel mondo dell’informazione. In particolare ho voluto investigare il suo pensiero sulla funzione dei media locali in relazione all’iniziativa popolare promossa da Più Democrazia e soprattutto alle riforme che potrebbero scaturire se le proposte più qualificanti fossero trasformate in legge.
Dove nascono le motivazioni che ti hanno portato ad approfondire la materia?
A.C. «Nel 2010 ho seguito per l’Adige le elezioni comunali a Lavis. Il dibattito era concentrato su tre cose: no inceneritore (tormentone sostenuto dal centro destra) e no alla nuova variante al prg e no al centro commerciale (tormentoni sostenuti dal centro sinistra). Tre argomenti diversi che in comune hanno una cosa: mancato coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni prese dalla politica. In quel contesto ho capito l’importanza, per il buon governo, del dialogo fra cittadini e istituzioni. I cittadini di oggi, rispetto a quelli di mezzo secolo fa, sono molto più istruiti, preparati e informati. Quindi, ho pensato, è sciocco non prendere in considerazione il parere della gente comune».
A tuo avviso quali sono le proposte più innovative nel ddl promosso dal comitato?
«Vista la situazione in Italia posso dire che le proposte più innovative sono: referendum senza quorum, referendum consultivo promosso dai cittadini aperto ai maggiori di 16 anni, mozione di sfiducia del Presidente della Provincia o di uno o più assessori, i limiti del mandato, educazione civica, i Pritani e la cessazione del trattamento economico dei consiglieri che non acconsentono alla pubblicazione della loro situazione patrimoniale».
Come reagiranno i soggetti che più beneficiano dell’attuale modello di governo dove i politici e cittadini sono in una situazione asimmetrica? Disinteresse, boicottaggio all’iniziativa o difesa attiva del loro status?
«Non mi fido molto dei nostri politici. E rispondo così: se io fossi un consigliere (conigliere) o assessore della Provincia non darei di certo la possibilità al popolo di presentare mozioni di sfiducia nei confronti degli eletti. Inizierei, con tutta probabilità, a boicottare la vostra iniziativa al fine di difendere il mio status e i miei privilegi».
Prendendo atto dell’attenzione marginale dedicata nel corso della campagna per la raccolta firme, quale sarà l’approccio degli organi di stampa locali al momento della discussione in sede legislativa del ddl in tema di democrazia diretta?
«Daranno spazio. Anche qualche apertura, ma non azzeccheranno nemmeno una “H”. Perché? Perché hanno seguito poco l’iniziativa e quindi non conoscono i contenuti della proposta. Sarebbero costretti a studiare il vostro disegno di legge. Cosa da fantascienza anni ’80, tipo Visitors».
Qualora il ddl fosse approvato nei suoi aspetti più significativi che opportunità potrebbero presentarsi per i mezzi di informazione? Potrebbe essere l’occasione per definire un nuovo metodo di compilazione dell’agenda mediatica?
«Cambierebbe il modo di fare giornalismo: un modo ancora più vicino alla gente. Le redazioni, in vista di un referendum, (per esempio) sarebbero costrette a dare il via al dibattito non un mese, ma mesi e mesi e mesi e ancora mesi prima del voto. Quindi, sì, “potrebbe essere l’occasione per definire un nuovo metodo di compilazione dell’agenda mediatica”. Ma siamo in Italia. Quindi tutto questo sarà possibile, forse, fra vent’anni».
In una situazione in cui si dovranno informare i cittadini su decisioni specifiche e non su rapporti di forza tra correnti e gruppi di potere credi che il ruolo degli editori possa essere meno condizionato dalle posizione di vertice della politica?
«In teoria sì, ma tutto dipende dalla libertà intellettuale dei singoli. Ricordiamoci che, allo stato attuale, viviamo nel paese dell’Ilva, della trattativa Stato-Mafia, della P2 di Licio Gelli. Non dobbiamo dimenticare il blitz alla Diaz, la macelleria di Bolzaneto e la guerra contro e pro il Tav in Val di Susa. A livello provinciale, se si sa qualcosa della Cantina La Vis è grazie ad una rivista ben precisa. Per come sono messe le cose, sarà difficile avere una stampa meno condizionata dalle posizioni della politica».