Quando un dialogo genera condivisione: la tesi sull’ecologismo radicale americano di Fabio Peterlongo sul nostro blog

Capita che un’iniziativa pubblica, un incontro, una riflessione condivisa possano generare connessioni inaspettate. È quello che è successo durante la cerimonia di premiazione del bando “Vince la democrazia”, organizzata dalla nostra associazione congiuntamente con l’Ufficio Alumni dell’Università di Trento, dove è stata premiata la tesi di Giulia Sabaini sul tema dell’equità intergenerazionale.

In quell’occasione, rivolsi un invito aperto: che anche studenti e studentesse di altri dipartimenti dell’Università di Trento – non solo di Giurisprudenza – considerassero di dedicare i loro lavori di tesi ai temi della partecipazione democratica, del coinvolgimento civico, della trasparenza e della cittadinanza attiva. Temi che sono al cuore dell’impegno della nostra associazione.

Fabio Peterlongo, presente alla cerimonia in qualità di giornalista de L’Adige, ha raccolto questo stimolo. Pochi giorni dopo, mi ha fatto avere la sua tesi magistrale, scritta all’interno del Dipartimento di Lettere e Filosofia. Un gesto che ho molto apprezzato, non solo per la qualità del lavoro, ma per il senso civico che vi sta dietro: la volontà di contribuire a una riflessione pubblica sui fondamenti della democrazia, partendo da prospettive anche non convenzionali.

La tesi di Peterlongo, intitolata Al di là della civiltà: gerarchia, tecnologia e libertà nell’ecologismo radicale americano (relatore prof. Michele Nicoletti), analizza il pensiero di Murray Bookchin – teorico dell’ecologia sociale – e lo fa con uno sguardo attento al nesso tra ecologia e democrazia, tra crisi ambientale e necessità di una rinnovata partecipazione dei cittadini. Pur muovendosi su un terreno filosofico e politico radicale, il lavoro di Fabio tocca molte corde a noi care: assemblee cittadine, eco-comunità, autogoverno locale, critica della delega, educazione civica e coinvolgimento attivo.

Per questo abbiamo deciso di ospitare sul nostro blog una sintesi della tesi, con particolare attenzione agli aspetti legati alla partecipazione popolare e alla relazione tra democrazia diretta e rappresentativa.

Una dimostrazione concreta di come il dialogo tra cittadini, studenti, ricercatori e attivisti possa far circolare idee, arricchire il dibattito democratico e costruire ponti tra mondi diversi, ma non lontani.

* * *

Partecipazione popolare e coinvolgimento civico

Il lavoro di Peterlongo, attraverso l’analisi del pensiero di Murray Bookchin, evidenzia una forte enfasi sulla partecipazione popolare e il coinvolgimento civico come pilastri fondamentali di una società autenticamente libera e armoniosa. Bookchin, pur provenendo da una formazione marxista, si allontana da una lettura puramente economicista per concentrarsi su una critica anarchica della gerarchia e sul dominio dell’uomo sull’uomo.

Il concetto di “Politica” come partecipazione comunitaria

Per Bookchin, la “politica” non è l’amministrazione dello stato burocratico, ma la cura degli interessi comunitari attraverso la partecipazione attiva e condivisa dell’individuo. Questa concezione trae origine da fenomeni storici come la polis ellenica (con l’agorà), la civitas romana (con il forum) e i comuni medievali. Tali esperienze storiche sono accomunate dall’introduzione di un’idea di agire comunitario come “azione pubblica di confronto mirato al bene di tutti”, spesso con il riconoscimento di diritti civili anche a stranieri, superando i legami di sangue in favore di un’idea di humanitas universale.

La città come spazio ideale per la partecipazione

Bookchin sottolinea come la civiltà urbana sia indissolubilmente connessa a questa concezione di “politica”. La città, in quanto “municipalità”, è vista come la dimensione ideale per favorire la partecipazione e la cura della comunità, permettendo la discussione “faccia a faccia” e un controllo reciproco ispirato all’interesse pubblico. Questo differenzia l’urbanizzazione dalla “civificazione” (citification), intesa come la promozione di un’autentica partecipazione civile.

Rinascita della politica attraverso la crisi ambientale

Bookchin profetizza che il capitalismo, con il suo imperativo di “crescere o soccombere”, sta creando le condizioni per una crisi ecologica globale. Sarà questa crisi a suscitare un interesse generale per un cambiamento sociale radicale, provocando una rinascita dei concetti di “popolo”, “pubblico” e “interesse generale”. Solo un movimento ecologico radicale, secondo Bookchin, potrà consentire questa rinascita della “politica” e dell’impegno del cittadino per la sua comunità.

Il ruolo delle assemblee e dei movimenti di base

L’ideale di Bookchin si articola attorno alla centralità dell’assemblea dei cittadini, che si contrappone al “centralismo oppressivo”. L’autore rileva come la domanda di maggiore controllo diretto dei cittadini abbia portato alla costituzione di numerosi comitati, associazioni e gruppi d’azione locale, i quali hanno colmato un vuoto nella rappresentanza dei partiti tradizionali, nati dall’“inaccessibilità mostrata dai vertici statali ed imprenditoriali”.

Sovranità del cittadino e semplificazione

Per Bookchin, ogni cittadino va considerato competente negli affari pubblici e incoraggiato a occuparsene. Il senso della cittadinanza (“un’arte”) risiede nella convinzione che ciascuno possa dare il proprio contributo al bene pubblico, in virtù della propria probità morale, lealtà alla comunità e razionalità. Questo rovescia la logica statale che vede il cittadino come “non competente” e “persino infantile”, al massimo in grado di votare “periodicamente ed obbedientemente per candidati preselezionati”. La sua visione mira a una rete confederata di assemblee popolari, una “eco-comunità orizzontale”, che “deprofessionalizzi” la gestione della società, rendendo accessibile e gestibile da comuni cittadini la maggior parte della cosa pubblica.

Rivoluzione civica e culturale

In sostanza, per Bookchin un mondo migliore passa attraverso un uomo migliore, più attento, più disponibile all’ascolto e al confronto. Questa “rivoluzione” è civica e culturale, risiedendo nelle potenzialità di ogni individuo e nel suo pragmatico impegno comunitario quotidiano.

Interazione tra istituti di democrazia diretta e sistema democratico rappresentativo

Bookchin opera una distinzione netta tra la “politica” intesa come partecipazione civica e la “dimensione istituzionale dello stato burocratico”, ponendosi in critica verso il sistema rappresentativo.

Critica alla rappresentanza e alla delega

Bookchin esplicitamente mette in guardia contro la pratica della rappresentanza e il potere di delega, affermando che un popolo la cui unica funzione è eleggere delegati è una “massa” di monadi. Per lui, “delegare il potere significa spogliare la personalità dei suoi caratteri fondamentali; significa negare proprio la nozione che l’individuo è competente a occuparsi non solo della sua vita personale, ma anche del suo più importante contesto: il contesto sociale”. La sua visione contrasta con l’idea che la politica richieda specialisti o “tecnici”, un approccio che “sveste il cittadino della sua facoltà di intervenire direttamente sul suo destino e lo tiene ‘in pugno'”.

Esempi storici di democrazia diretta

Per dimostrare la fattibilità del suo ideale, Bookchin cita esempi storici di democrazia diretta, come la polis ateniese, la municipalità parigina (1789-1793) e la Comune di Parigi (1871), che gestirono efficacemente i problemi complessi attraverso meccanismi assembleari, anche in situazioni di emergenza. Menziona anche i “sovjét” della Rivoluzione Russa del 1917, soppressi dal partito bolscevico.

Scetticismo verso la democrazia referendaria ed elettronica

Bookchin si mostra scettico nei confronti della democrazia referendaria (come il modello svizzero), sostenendo che “nulla può sostituire il contatto faccia a faccia permesso dagli incontri assembleari”. Il voto, anche referendario, tende a “trasformare il cittadino in una monade, a deresponsabilizzarlo rispetto alle proprie scelte ed al proprio vicino, a trasformare scelte di rilievo pubblico in scelte private”. La sua lungimiranza si estende alla democrazia elettronica, che vede come una “riduzione tecnica di opinioni in mere preferenze, di ideali in meri gusti, […] in unità numeriche”. Sottolinea che “nessuno stratagemma tecnologico può consentire di rendere semplice l’esperienza umana: essa è un intrigo di complessità. Solo il confronto continuo e costante con i propri simili, ci verrebbe da dire, “di carne e sangue”, può sancire la giustezza delle nostre posizioni e non smarrirne la ricchezza”.

Critiche alla Visione di Bookchin

Le critiche a Bookchin, come quelle di John Clark, evidenziano un presunto “volontarismo” o “astratto idealismo” nella sua filosofia. Clark suggerisce che Bookchin non analizza sufficientemente il motivo per cui le riforme ambientaliste diverse dal municipalismo fallirebbero, e che la sua enfasi sull’imminenza del cambiamento potrebbe essere una “nuova forma di bakuninismo”. Un’altra obiezione, mossa da Adolph Gundersen, riguarda la mancanza di una chiara dimensione pedagogica nel pensiero di Bookchin. Bookchin presuppone uno “spirito genuinamente democratico”, ma non elabora come questo processo educativo dovrebbe articolarsi, rischiando un circolo vizioso in cui i luoghi di partecipazione sono anche i luoghi dove la coscienza civica si acquisisce.

In sintesi, Peterlongo ci presenta un Bookchin che non solo critica la civiltà tecnologica e gerarchica, ma propone un modello di democrazia radicale basato sulla partecipazione diretta e assembleare nelle “eco-comunità” cittadine, vedendo in questa “rivoluzione civica e culturale” l’unica via per superare l’alienazione e ristabilire un equilibrio armonioso tra umanità e natura. Questa visione, seppur utopica e con delle sfide pratiche, come notano i critici, enfatizza la necessità di un profondo coinvolgimento civico e di una riappropriazione dei poteri decisionali da parte dei cittadini, piuttosto che una delega in sistemi rappresentativi o dipendenze da tecnologie virtuali.

❤️❤️ Il tuo 5 per mille per una democrazia migliore! ❤️❤️

Un pensiero su “Quando un dialogo genera condivisione: la tesi sull’ecologismo radicale americano di Fabio Peterlongo sul nostro blog

  1. La mia lettura dell’articolo è ostacolata dall’affermazione, secondo me da discutere, che il suo obiettivo è quello di dimostrare
    “come il dialogo tra cittadini, studenti, ricercatori e attivisti possa far circolare idee, arricchire il dibattito democratico e costruire ponti tra mondi diversi, ma non lontani.”

    La costruzione di ponti serve a “connettere”; è funzionale al superamento del “digital divide”, quindi ad esportare “cultura digitale”.

    Per un “dialogo tra cittadini, studenti, ricercatori e attivisti” serve un “contesto” o “ambiente aperto di sistema” funzionale alla gestione e al mantenimento di uno “spartiacque culturale” che abiliti le persone ad “interconnettersi”, cioè ad “interoperare”.

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a CasaRayuela Cancella risposta