La risposta ai tre dilemmi sulla democrazia diretta

tre dilemmi di marco brunazzoLa lettera di Marco Brunazzo ci permette di affrontare in un unico momento alcuni temi importanti che sono stati oggetto di approfondimento in passato sul sito del comitato.

Parto dall’ultimo quesito che viene posto e che riguarda l’incidenza delle scelte, perchè forse il più rilevante. Come abbiamo anche scritto nell’articolo pubblicato da questo giornale, il cuore del provvedimento sono i referendum propositivi e confermativi. Con il primo il voto popolare fa entrare direttamente in vigore la legge, se ottiene la maggioranza dei voti espressi, mentre il secondo può impedire che una norma controversa entri in vigore, se avversata dalla maggioranza del corpo elettorale che si reca alle urne.

BrunazzoInoltre, secondo la nostra proposta, i cittadini possono intervenire con questi strumenti su ogni materia di competenza del Consiglio e in qualche caso anche della Giunta. E’ piuttosto l’attuale esecutivo che non vuole che questi strumenti siano vincolanti e preferisce abbiano efficacia limitata. In Prima commissione consiliare, il presidente Rossi e gli assessori Gilmozzi e Daldoss hanno chiaramente espresso la volontà di limitare al massimo la potenzialità di questi strumenti, se non addirittura di toglierli dalla legge. Concordiamo con il professor Brunazzo che in questo caso saranno loro stessi la causa di un’ulteriore disaffezione dei cittadini per la politica. Il contrario di quanto dichiarano.

Incidentalmente il presidente Rossi non vuole nemmeno applicare il Codice di Buona Condotta sui Referendum del quale il Consiglio d’Europa raccomanda l’immediata applicazione in tutti gli stati membri e che è stato approvato anche dal Congresso delle Autorità Locali e Regionali del Consiglio d’Europa nel 2007 con il voto del rappresentante della Provincia Autonoma di Trento, che allora era Carlo Andreotti.

Il secondo quesito, sulla sfiducia, ci pare invece frutto di una visione limitativa delle scelte pubbliche. Noi non nominiamo dei rappresentanti per avere dei capri espiatori da sfiduciare se sbagliano. I rappresentanti sono eletti per operare delle scelte nell’interesse comune, dedicandovi più tempo, e sperabilmente più sforzo di approfondimento, di quanto possano fare normalmente i cittadini. Vale comunque la pena di ricordare che la mera presenza di istituzioni elettive non garantisce un buon sistema di governo, e nemmeno la sua democraticità, altrimenti dovremmo considerare democratici i parlamenti e i governi italiani usciti dalle elezioni del 1929 e del 1934.

Il disegno delle autorità, le regole procedurali, i meccanismi che assicurano il bilanciamento tra i poteri e il controllo reciproco e da parte del corpo elettorale sono fondamentali per garantire il buon funzionamento di un sistema democratico. I referendum propositivi vincolanti e i referendum confermativi sono parte di questo indispensabile sistema di “bilanciamento e controllo”. Dove il loro disegno istituzionale è stato ben concepito si sono dimostrati gli strumenti più efficaci a garantire il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche.

Quando le istituzioni rappresentative su un tema specifico non agiscono, o lo fanno in maniera difforme dalla volontà di coloro che ad esse hanno conferito il mandato, questi ultimi hanno la possibilità di farsi carico della decisione direttamente. Non è necessario attendere la fine del mandato per decidere semplicemente se rinnovare o revocare la sfiducia ai propri rappresentanti. Sempre che il sistema elettorale lo permetta, per altro.

E quando i cittadini prendono direttamente una decisione, fanno quello che fa qualunque persona adulta e responsabile. Si fanno carico delle conseguenze della propria scelta, senza cercare qualcuno a cui addossare le responsabilità di una eventuale decisione “sbagliata”.

Nel processo, avranno comunque imparato qualcosa.

Per ultima, ma non da meno, la questione della partecipazione. Esiste, a livello puramente teorico, la possibilità che vengano coinvolte solo delle minoranze motivate. Se gli strumenti sono efficaci, questo è però altamente improbabile. Quando un tema ci tocca più direttamente, e abbiamo la possibilità di influire concretamente, è naturale partecipare.

In Svizzera questo è evidente. Benchè la partecipazione alla singola tornata referendaria abbia percentuali tra il 40% e il 70%, con una media di poco superiore al 50%, la partecipazione nel corso di un anno, dove ci sono quattro tornate referendarie, è intorno all’80%. La gran parte della cittadinanza si sente coinvolta, e sceglie quando partecipare.

Però è necessario, come detto sopra, che i cittadini possano intervenire su tutti i temi rilevanti, e senza ostacoli eccessivi.

 

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Un pensiero su “La risposta ai tre dilemmi sulla democrazia diretta

  1. Quello che Marco Brunazzo non riesce o non vuole immaginare è che i cittadini che potessero votare su una consultazione (non un sondaggio) che essi stessi avessero chiesto, sarebbero in uno scenario che, chi come lui osteggia la democrazia diretta, non riesce o non vuole intravvedere: Individuato il tema si dovrebbero raccogliere le firme sufficienti. Fatto questo si stabilirebbe la data della consultazione. SENZA QUORUM TUTTI SAPREBBERO CHE ALLA SCADENZA LA DECISIONE SAREBBE PRESA. Nei mesi, dal completamento della raccolta firme alla data della consultazione, le tesi in campo avrebbero motivo di dare il meglio di se per essere il più chiare e convincenti. Si potrebbero fare le domande più diverse proprio per approfondire piuttosto che per confliggere. Chi risponde cercherebbe di farlo in maniera esaustiva consapevole che diversamente favorirebbe la tesi avversa. Avremmo così cittadini informati e consapevoli per una decisione condivisa, certa e di buon senso e si stupirebbe egli stesso del numero di partecipanti.
    Due domande per Marco Brunazzo. Ha idea di quale sia il numero minimo di cittadini che hanno partecipato ad un referendum in Italia? E c’era il quorum che ha impedito una informazione compiuta. Rispondo io perché le domande per lui sono dopo. Furono 11.118.401 a giugno del 2009.
    Domanda 1) Secondo Brunazzo valgono più 11 milioni di cittadini che vanno alle urne spontaneamente o 945 tra deputati e senatori (che poi a decidere sono ancora meno)? Aspetto la risposta ma ne immagino una. I deputati e senatori sono i rappresentanti liberamente eletti e quindi senz’altro questi ultimi sono da ritenersi legittimati a decidere per tutti. Rispondo che se i cittadini chiedono un refrendum la decisione dovrebbe spettare a loro congiuntamente con rai rappresentanti. La delega non fa di un eletto una persona 49.000 volte più intelligente o razionale o preparato dei sui rappresentati (è il rapporto tra il numero aventi diritto e il numero degli eletti). Secondo il Mensa il 60 percento delle persone adulte ha un Quoziente Intelligenza compreso tra 80 e 120 e solo il 2% supera il 133. Se siamo fortunati avremo dei rappresentanti che sono poco meno di una volta e mezza più intelligenti della gran parte di noi è mai in nessuna maniera potranno valere 49.000 volte.
    Domanda 2) Secondo Brunazzo è corretto che a decidere un quorum siano stati i rappresentanti da soli senza mai un confronto con i cittadini?

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