Blokker: «L’Europa ci aiuta a rivitalizzare la democrazia»

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Domenica, 3 maggio 2015 sul Corriere del Trentino è stato pubblicato il seguente intervento di Paul Blokker (CoPolis – Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Trento):

L’Europa ci aiuta a rivitalizzare la democrazia

Rivitalizzare la democrazia diretta in Trentino attraverso la Commissione di Venezia, organo del Consiglio d’Europa, può essere un’occasione preziosa.

A mio avviso, un rilancio del dibattito sulla democrazia diretta in Trentino attraverso un intervento della Commissione di Venezia può rivitalizzare una discussione affossata troppo presto. In un’Europa in cui la democrazia sembra una conquista sempre meno scontata — il caso ungherese è forse il più eclatante esempio, ma anche in Italia non pochi illustri osservatori temono una «svolta autoritaria» nell’attuale riforma elettorale — vale la pena cercare di aver maggior presa sui fondamenti della democrazia stessa e di avere maggior coraggio nell’affrontare le sfide del sistema attuale.

Se riteniamo che la democrazia vada salvaguardata, quali suoi elementi andrebbero rinforzati? Quali soluzioni possono davvero avere un senso in un contesto locale, con le sue tradizioni e culture politiche radicate? Sono domande a cui è difficile rispondere in modo definitivo. Un punto di partenza plausibile è guardarsi intorno, osservando le risposte date in altri Paesi europei, come lo è partire da principi e norme largamente condivisi, ad esempio quelli della Carta Europea dei diritti fondamentali e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Nel groviglio della politica nazionale e locale — con i suoi populismi, gli scandali legati alla corruzione, i conflitti e l’impotenza — è sempre più difficile capire quale strada sia percorribile per rinforzare la democrazia in modo efficace. Ma anche a livello di Unione europea manca trasparenza e, aspetto più importante, una vera competenza nel difendere i principi democratici. Per averne conferma, basta guardare al caso dell’Ungheria in cui la Commissione europea è stata poco efficace nel limitare i danni significativi alla democrazia che il governo di Viktor Orbán ancora oggi sta facendo.

In un simile contesto, la Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto — nota come Commissione di Venezia e organo del Consiglio d’Europa — è un’istituzione forse più credibile nella sua indipendenza. Non a caso è sempre più presente nei processi di riforma costituzionale e elettorale in Europa e oltre.

La legittimità della Commissione di Venezia deriva dal fatto che è composta da esperti internazionali, nominati dai governi degli Stati membri ma indipendenti. È un organo imparziale e i suoi pareri si fanno guidare dagli standard «universali» di diritto internazionale, dalle tradizioni giuridiche degli Stati membri, da analisi obiettive — per quanto possibile — del contesto locale. Un parere della Commissione non dà una soluzione specifica e definitiva a un caso, ma promuove «best practices» e «benchmarks», segnala inoltre problemi acuti ed elementi che possono essere di grande utilità nei processi di riforma in cui interviene.

La richiesta di un’opinione dalla Commissione di Venezia, a mio parere, ha almeno tre aspetti positivi. In primis, un parere della Commissione proviene da esperti indipendenti, senza alcun coinvolgimento in giochi di potere locali. Ad esempio, in Romania, nei conflitti accesi nel 2012 fra il presidente Băsescu e il governo di Victor Ponta, in cui era coinvolta perfino la Corte Costituzionale, la Commissione ha giocato un ruolo importante di mediatore, mettendo enfasi su aspetti dello Stato di diritto.

In secondo luogo, la Commissione tende nei suoi pareri a riferirsi a standard internazionali, all’analisi comparata di diverse esperienze nazionali e tradizioni giuridiche europee. In più, la Commissione, in collaborazione con Odihr, l’ufficio per le istituzioni democratiche e diritti umani dell’Ocse, propone codici di buona condotta, ad esempio sui referendum e sui partiti politici. Tali profonde conoscenze vengono poi applicate e tradotte negli scenari locali concreti. La Commissione visita infatti i territori locali e incontra governi, opposizione politica, ma anche rappresentanti della società civile. Va ricordato però che la Commissione può svolgere il suo ruolo in modo efficace solo se le informazioni sul caso sono piuttosto complete. Ad esempio, nel suo parere del marzo 2013 sulla bozza della costituzione islandese scritta da esponenti della società civile, la Commissione aveva a disposizione appena una piccola parte del materiale rilevante.

In terzo luogo, un parere della Commissione dev’essere inteso soprattutto come un catalizzatore del dibattito locale, un aiuto per delineare posizioni credibili e indicare strade percorribili. In tal senso, la Commissione non impone alcuna soluzione, ma suggerisce, cerca di persuadere e facilita un dialogo.

Un parere della Commissione di Venezia non può dunque essere una panacea e in alcuni casi può essere certamente contestabile. Ma se usato in modo responsabile e onesto, soprattutto dalle autorità rilevanti, può dare un input prezioso a un inevitabile processo di riforma democratica.

Paul Blokker
Coordinatore dell’unità di ricerca CoPolis (Constitutional Politics in Post-Westphalian Europe), Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Trento
20150503_interveto Blokker_rivitalizzare la democrazia

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3 pensieri su “Blokker: «L’Europa ci aiuta a rivitalizzare la democrazia»

    • E’ un po’ un problema di uovo e gallina. E’ difficile far partecipare le persone che quando pensano (a ragione) che poi la loro voce non conti.
      O che l’unico modo per intervenire su decisioni concrete è appellarsi all’eletto di turno.
      Il nostro DDL punta a sanare questo principio.
      Se i cittadini, in numero non troppo elevato, possono chiedere che qualunque decisione sia rimessa al corpo elettorale, dove, senza quorum, ogni voto conta, crediamo che il trend si possa invertire.
      E non serve che poi si voti effettivamente spesso. Lo strumento è per la sua sola presenza efficace nel modificare il comportamento degli eletti. E ridurre la distanza tra politica e cittadini.

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