Note in merito alla formulazione del quesito del referendum costituzionale

approvateonoQuesito referendario del 4 dicembre 2016: approvate il testo della legge costituzionale recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”

(di Maria Saja) Secondo eminenti giuristi quali Luigi Ferrajoli ed ex presidenti emeriti della Corte Costituzionale, quali Ferdinando Imposimato e Valerio Onida, e secondo diversi esponenti dei comitati per il No, il problema della correttezza e legittimità nella formulazione del quesito referendario si pone in modo evidente e grave.

Per il giurista Luigi Ferrajoli la formulazione del quesito è ingannevole e fuorviante: “Siamo di fronte a un condizionamento premeditato dell’esercizio della sovranità popolare nel quale consiste il referendum costituzionale” (Il Fatto Quotidiano).

Il quesito, anche se formalmente corrisponde al titolo del disegno di legge approvato dal Parlamento, risulta fuorviante e non veritiero rispetto ai contenuti delle norme varate.

Il voto popolare per il referendum oppositivo alla riforma della Costituzione deve permettere una reale espressione del diritto di voto, libero da qualsiasi tipo di condizionamento e supportato dal diritto di informazione corretta, chiara e veritiera sulle singole norme oggetto di revisione.

Sono ormai innumerevoli, a tutt’oggi, i ricorsi presentati sia al Tar del Lazio, sia al Tribunale di Milano da parte dei legali di diverse Associazioni, tra cui gli avvocati E. Palumbo e G. Bozzi nella loro qualità di elettori ed esponenti dei Comitati Liberali per il No e per il Coordinamento della Democrazia Costituzionale.

I ricorrenti – si legge in una nota de “Il Fatto Quotidiano” del 05 ottobre 2016 – lamentano che il quesito predisposto dal Quirinale non tiene conto di quanto stabilito dall’ art. 16 della Legge 352/1970, secondo cui quando si tratti di revisione della costituzione, il quesito referendario deve recare la specifica indicazione degli articoli revisionati e di ciò che essi concernono. Il quesito oltre a non specificare quali siano gli articoli della Costituzione interessati dalla riforma, si limita invece a riprodurre il titolo del disegno di legge di revisione, che assieme al corretto ma insufficiente riferimento ad alcuni istituti incisi dalla revisione, riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge (il c.d. contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni), che non trova specifico riferimento in alcuna delle norme revisionate, potendone semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria”.

Altri ricorsi al Tar del Lazio sono stati presentati dal M5s e Sinistra Italiana; il ricorso è stato accolto e si prevede una sentenza entro il 17 Ottobre (sentenza TAR Lazio).

Sempre sul fronte dei ricorsi, l’11 ottobre 2016, il Presidente Emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida e la Prof. B. Randazzo hanno presentato due ricorsi, uno al Tar del Lazio ed uno al Tribunale civile di Milano (vedi ”Huffington Post” dell’11 ottobre 2016), in cui in sostanza si impugna il quesito referendario.

La motivazione centrale riguarda il fatto che in un unico quesito vengono sottoposti all’elettore una pluralità di oggetti eterogenei; nei ricorsi si chiede il rinvio della questione alla Corte Costituzionale.

In particolare al Tribunale di Milano si chiede di: “Accertare in via d’urgenza il diritto dei ricorrenti in qualità di cittadini-elettori a votare al referendum costituzionale su quesiti non eterogenei a tutela della libertà di voto; si chiede di azionare il potere della Corte Costituzionale di sospendere il referendum”.

Il ricorso al Tar, che fa leva anch’esso sul diritto di voto in piena libertà (art. 1 e 48 Costituzione), è rivolto contro il decreto d’indizione del referendum, in quanto ha recato la formulazione di un unico quesito suscettibile di un’unica risposta affermativa o negativa, pur essendo il contenuto della legge sottoposta al voto plurimo ed eterogeneo. Per questo si chiede l’annullamento, previa sospensione, del Decreto del Presidente della Repubblica di indizione del referendum e di “ogni altro atto preliminare connesso o conseguenziale”.

Il ricorso ricorda come i necessari caratteri di omogeneità del quesito referendario siano gli stessi richiesti secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale relativa al referendum abrogativo.

Nel recente convegno dell’Associazione Più democrazia in Trentino, i relatori Mario Staderini e Stefano Longano, hanno riproposto il problema centrale della reale libertà di espressione del proprio voto da parte del cittadino. In questo senso Staderini ha riportato il tentativo, non andato purtroppo a buon fine, di richiedere lo ”spacchettamento” del quesito referendario. Stefano Longano ha ricordato come, sul problema della necessità di omogeneità dei quesiti, la Corte Costituzionale abbia diverse volte “bocciato” la formulazione dei quesiti non omogenei.

Ricordiamo che l’associazione “Più Democrazia in Trentino” si è da sempre battuta e si batte attualmente perché informazione e trasparenza negli atti pubblici e amministrativi siano il primo tassello nella costruzione di un processo di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica sempre più ampio e consapevole (qui petizioni provinciale e regionale su Change.org).

Pertanto, come iscritta all’associazione, esprimo la personale preoccupazione sul fatto che il quesito referendario, al di là delle responsabilità e dei meccanismi a monte che lo hanno determinato, nella attuale formulazione non obbedisce ai criteri di trasparenza e chiarezza rispetto all’intero articolato della riforma, che modifica ben 47 articoli della II parte della Costituzione.

Auspico inoltre che i ricorsi presentati da personaggi autorevoli, in primis il Presidente Emerito della C. Costituzionale Valerio Onida, abbiano un esito favorevole per permettere un reale esercizio della sovranità popolare e della libertà di voto sanciti nella Costituzione Repubblicana del 1948.

Maria Saja – socia di Più Democrazia in Trentino
(lettera inviata al giornale L’Adige e al giornale Trentino il 19 ottobre 2016 – Non pubblicata)

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