É la tua Costituzione, e solo tu puoi cambiarla

No, non è che di colpo i nostri legislatori, o almeno qualcuno di loro, si è reso conto dell’importanza del coivolgimento dei cittadini quando si vogliano fare modifiche sostanziali alla Costituzione. Purtroppo, per noi italiani, il titolo è invece preso dalla parte finale del messaggio del Presidente della Convenzione sulla Costituzione irlandese.Constitution of Ireland

Italia e Irlanda hanno carte costituzionale relativamente recenti. Ed entrambe segnano il passaggio dalla monarchia alla repubblica. L’Irlanda nel 1937, dopo la lotta per l’indipendenza dalla corona britannica, l’Italia nel 1948 dopo la seconda guerra mondiale e la lotta di liberazione partigiana.

La Costituzione Irlandese compie oggi, 1 Luglio 2013, 76 anni. Le sue modifiche sono regolate dall’articolo 46 della stessa. Come per la nostra Costituzione, l’iniziativa per la sua modifica è riservata al Parlamento, anzi per essere precisi l’iniziativa spetta alla camera bassa, Dáil Éireann, mentre l’approvazione delle modifiche deve avvenire in entrambe le camere.

Però in Irlanda qualunque modifica viene posta a votazione popolare, e entra in vigore solo se approvata con la maggioranza dei voti espressi.

Già qui si vede un diverso approccio rispetto all’articolo 138 della nostra Costituzione, che non solo ammette il referendum solo a richiesta, ma sottrae le modifiche totalmente al voto popolare se la modifica viene approvata con la maggioranza dei 2/3 dei parlamentari in seconda lettura.

Al di la dei tecnicismi, è evidente la filosofia completamente differente che sottende le due scelte. Quella irlandese che vede nel voto popolare la legittimazione della carta costituzionale e quella italiana che vede una sorta di supremazia della rappresentanza eletta.

A mio parere proprio in questa concezione sta il seme che ha portato i parlamentari, ed i partiti che li esprimono, a costituire quella che viene percepita come una casta al servizio di se stessa anzichè del paese.

Questa differente concezione si esprime anche nel modo in cui le modifiche costituzionali sono affrontate nei due paesi. In entrambi i paesi infatti vi à stata la convizione che fosse il momento di affrontare modifiche sostanziali alla costituzione, e che queste modifiche andassero fatte esulando in qualche modo dalla procedura standard.

E in entrambi i paesi la modalità scelta è stata quella di costituire una convenzione per le riforme costituzionali che, su mandato del parlamento, affronti una serie di temi predefiniti ed eventualmente ne possa proporre altri. Tale convenzione, in entrambi i paesi, è incaricata unicamente di elaborare le proposte di modifica, che poi vengono sottoposte comunque al Parlamento per l’eventuale approvazione, eventualmente anche con emendamenti.

In Irlanda questa convenzione è già stata costituita, ed è formata da 100 membri con la seguente composizione:

  • 1 presidente nominato dal Governo
  • 33 membri nominati dai partiti rappresentati in parlamento in maniera proporzionale alla loro rappresentanza, di cui 3 nominati dai partiti dell’Irlanda del Nord.
  • 66 membri selezionati a caso tra gli iscritti alle liste elettorali, in modo da essere rappresentativi della società irlandese

Come è evidente una larga maggioranza, quasi i 2/3, della convenzione è costituita da comuni cittadini. Per altro scelti a caso, e mi viene da pensare ai sedicenti esperti di diritto costituzionale che considerano disprezzabile l’istituto dei pritani previsto dalla nostra proposta di legge provinciale sugli istituti di democrazia diretta.

Le decisioni vengono prese a maggioranza dei presenti, e il presidente vota solo in caso di parità. Possono richiedere il parere di esperti nelle materie trattate.

In più tutti gli interessati, individui o organizzazioni, possono sottomettere documenti all’attenzione della convenzione. I documenti sono pubblicati sul sito della convenzione, e al momento ve ne sono oltre 1400.

Per la convenzione italiana al momento vi sono due proposte al Senato, una di iniziativa di un Senatore di Scelta Civica per l’Italia in quota UDC (de Poli, presentato a fine Marzo) e uno di iniziativa del Governo (Letta, Quagliariello, Franceschini, presentato in pompa magna il 10 giugno).

Di queste proposte è iniziato l’iter in Commissione Affari Costituzionali. A questo collegamento trovate la notizia, il collegamento ai due progetti di legge e al dossier preparato dal servizio studi del Senato sulle modificazioni alla Costituzione, e in particolare i precedenti tentativi di riforma tramite convenzione, oltre agli atti che hanno portato alla proposta governativa, in particolare la mozione trasversale del 29 Maggio 2013 a firma Zanda e altri.

Due cose mi sembrano da evidenziare.

La prima che la convenzione sia composta unicamente di deputati e senatori (20 e 20 nella mozione ripresa dal ddl governativo, 35 e 35 in quello di de Poli), contrariamente a quella irlandese. Agli eletti italiani non passa nemmeno per l’anticamera del cervello l’idea di coinvolgere i cittadini. Così un metodo ovvio in altri paesi diventa inconcepibile nel nostro. Rinforzando il fatto che politici e cittadinanza oramai sono mondi separati.

La seconda che comunque si propone di sottoporre le modifiche a referendum unicamente su richiesta (di un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali, come per l’art. 138), sia pure eliminando la non sottoponibilità se approvate dalle camere con maggioranza dei 2/3 dei suoi membri. Questo tanto nella mozione che nel ddl del governo che la recepisce.

Vale la pena di notare che la proposta di de Poli invece prevedeva che le riforme venissero comunque sottoposte a referendum confermativo, e che la stessa previsione era stata fatta per la convenzione del 1993.

Risulta evidente che la previsione di una consultazione referendaria in ogni caso avrebbe per lo meno garantito un certo dibattito pubblico intorno alle riforme. Altrimenti ci sarebbe stato il rischio, paventato anche dal Senatore Palermo, che una minoranza possa vanificare i lavori della convenzione e del Parlamento. Posto per altro che abbiano lavorato bene, che non è scontato.

Personalmente spero che il dibattito in commissione e in aula possa risultare una sorta di strada per Damasco (oggi sulle cronache per ben altro purtroppo) e che, folgorati da una illuminazione, i nostri parlamentari possano prendere esempio dai loro colleghi irlandesi.

Coinvolgendo i cittadini nella commissione, o almeno,  come misura minima, prevedendo il referendum confermativo in ogni caso. Meglio entrambe le misure. E mi auguro che questa posizione sia condivisa da tutti coloro che auspicano un maggior coinvolgimento dei cittadini nella politica, in tutti gli schieramenti. Trovo possa essere una sorta di cartina di tornasole per valutare la genuinità di queste posizioni.

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3 pensieri su “É la tua Costituzione, e solo tu puoi cambiarla

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