Quote di genere. ll popolo abbia l’ultima parola sulle modifiche alla legge elettorale

20160913_titoloL’iter di approvazione del disegno di legge sulle quote di genere, in gergo “ddl quote rosa”, si preannuncia già incanalato su un binario morto. Il testo propone di modificare la legge elettorale, ossia il meccanismo per trasformare in seggi i voti che il corpo elettorale esprime. Nello specifico si tratta di norme concernenti la composizione delle liste, la partecipazione nelle trasmissioni di comunicazione politica e l’espressione delle preferenze.

E’ pacifico che l’ambizione ad essere rieletti incida significativamente sulla posizione e sull’orientamento di voto dei singoli consiglieri provinciali. Non a caso, sembrerebbe che gli esponenti di PATT e di UPT, che messi insieme contano una sola donna in Consiglio su tredici seggi occupati, siano tendenzialmente contrari. Con la nuova legge, che così come è scritta assicurerebbe più problemi che risultati utilizzando le donne come tappabuchi, cresce per molti candidati uomini la percezione del rischio di perdere il seggio a causa della “riduzione forzata” degli spazi e delle opportunità riservate ai candidati con il fiocco azzurro.

Si provi a immaginare cosa sarebbe successo se la proposta fosse stata di assegnare i seggi in alternanza al genere maschile e a quello femminile, dopo aver definito il numero di seggi spettanti a ciascun gruppo politico e a partire dal soggetto della lista con più preferenze.

È altresì evidente che l’interesse ad essere rieletti non coincida necessariamente con quello del corpo elettorale. Anzi, si trova spesso all’estremo opposto poichè si scontra con le esigenze della democrazia di garantire la rotazione delle cariche, la redistribuzione del potere e la rappresentazione di tutti i segmenti della popolazione. Il Porcellum e l’Italicum fanno scuola sotto questo profilo, privilegiando la selezione dei candiati fedeli da parte delle segreterie dei partiti sulla facoltà di scelta degli elettori a danno della democrazia.

Queste criticità erano ben note al legislatore che approvò la legge costituzionale 2/2001¹ per la modifica dell’articolo 47 dello Statuto di autonomia. Per neutralizzare il rischio di derive autoreferenziali e di manipolazioni partitiche si introdusse la possibilità, seppur ridotta e perfettibile, di richiedere un referendum confermativo sulle leggi riguardanti la forma di governo – per inciso la legge elettorale e la legge su iniziativa e referendum – delle province di Trento e di Bolzano. Il principio che i rappresentanti non possano decidere i meccanismi per favorire la propria rielezione è stato peraltro confermato anche dall’iter di approvazione della legge elettorale provinciale in vigore. Infatti, la LP 2/2003 della XII consiliatura entrò in vigore solo per l’elezione della XIV consiliatura che ebbe luogo nel 2008.

Non ci dovrebbe quindi sorprendere che, per le suddette ragioni, nei cosiddetti paesi democratici, la legge elettorale è modificata solo a seguito del voto popolare, tramite diretta iniziativa dei cittadini o tramite referendum confermativo obbligatorio sui testi di legge approvati dalle assemblee legislative. Gli esempi sono copiosi e vanno dalla Svizzera (per tutti i livelli di governo), passano dal Regno Unito e dalle province della British Columbia e dell’Ontario in Canada, e arrivano fino agli Stati Uniti. Lo stesso Codice di buona condotta in materia elettorale del Consiglio d’Europa mette in guardia sul fatto che, a torto o a ragione, il diritto elettorale possa essere percepito come uno strumento che coloro che esercitano il potere manovrano a proprio favore, raccomandando pertanto di assicurare la stabilità del diritto elettorale.

In conclusione, l’auspicio è che, nel corso della discussione, i gruppi di maggioranza facciano un passo indietro lasciando votare in libertà di coscienza mentre i gruppi di opposizione non utilizzino lo strumento ostruzionistico in forma impropria. L’ostruzionismo è da ritenersi legittimo quando si tratta dell’ultimo strumento democratico a disposizione. In questo caso vi è invece la possibilità di lasciare che sia “il più qualificato organo politico dello Stato democratico” (cit. C.Mortati) a pronunciarsi con un referendum confermativo a quorum zero così come previsto dalla legge. Lo Statuto prevede infatti che se non si raggiungere la maggioranza dei due terzi dell’assemblea, è sufficiente la richiesta di sette consiglieri per richiederlo. Chi meglio del popolo può decidere se la legge elettorale deve prevedere il ricorso alle quote di genere o meno? Il dibattito pubblico che ne scaturirebbe garantirebbe peraltro alla nostra comunità l’opportunità di maturare una più spiccata consapevolezza in ordine alla problematica relativa alla disparità di genere. E in ogni caso in misura maggiore rispetto alle conseguenze di una modifica alla legge elettorale decisa a tavolino tra segreterie di partito.
¹ – Disposizioni concernenti l’ elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano

Alex Marini – Più Democrazia in Trentino

* pubblicato sul Corriere del Trentino il 13 settembre 2016

SABATO 17 SETTEMBRE 2016 – UNA FESTA PER PIU’ DEMOCRAZIA
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2 pensieri su “Quote di genere. ll popolo abbia l’ultima parola sulle modifiche alla legge elettorale

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