Appunti serata democrazia diretta & democrazia deliberativa

democrazia diretta e deliberativa

APPUNTI 30/6/14
DEMOCRAZIA DIRETTA E DEMOCRAZIA DELIBERATIVA

Tavolo di confronto con
– Antonio Floridia, Toscana
– Roberto Louvin, Val d’Aosta
– Leonello Zaquini, Neuchatel
– Marika Damaggio, Trentino

organizzato da Scuola di Preparazione Sociale Sociale e Più Democrazia in Trentino

Marika Damaggio:
– perchè quorum zero?
– ruolo del dirigente alla partecipazione?
– le Autonomie sono luoghi privilegiati per la sperimentazione?

Vincenzo Calì:
– conservatorismo del PD: quale consiglio per superare l’ostacolo?

Ezio Viglietti:
– tunnel del Garda: è sufficiente la pubblicazione del progetto sul sito o si può fare di più per poter parlare di democrazia diretta?

Alessandro Branz:
– nei percorsi referendari c’è spazio/tempo per deliberare?

Francesca Gleria:
– la legge è lo strumento adatto per stimolare la partecipazione? Quali norme transitorie?

Maria Saja:
-vista la grande distanza tra cittadini e politici è necessario partire dall’educazione civica, come avviare questo processo?

Stefano Longano:
– le decisioni devono essere rapide? Oppure giuste e condivise?

Selene Sordo:
– tecnicamente come funziona il referendum? E’ sostenibile inserire questo strumento in Italia?
– istituto dei pritani come funziona?

Andrea Pradi:
– principio di governabilità vs controllo democratico> il ddl può creare delle reazioni difensive da parte dei rappresentanti, cosa si può ottenere?

Gianni Ceri:
– esiste la possibilità di inserire l’istituto del recall (richiamo degli eletti) a livello locale?
– Come funziona in Svizzera la revoca?

Daniela Filbier:
– il ruolo dei media per la democrazia?

FLORIDIA: il dirigente non fa il pedagogo della partecipazione. Si occupa della gestione e della valutazione della legge. L’esperienza della legge 69/2007 toscana è notevole: da modello teorico di democrazia deliberativa a istituzionalizzazione della democrazia deliberativa. Budget con 650mila euro annuali. La legge determina apprendimento collettivo. In 5 anni finanziati 160 processi partecipativi. La fase partecipativa precede il momento decisionale. La democrazia deliberativa non coincide con la democrazia diretta perchè non è un semplice “sì o no” ma una costruzione condivisa fra i partecipanti al processo. La legge non vincola/obbliga l’ente locale a rispettare gli esiti di un processo partecipativo. Il referendum non tiene conto delle modalità con cui si arriva alla decisione finale.

ZAQUINI: in Svizzera c’è astensionismo perchè vota solo chi è preparato. I cittadini con idee vaghe non fanno rumore e non votano. Con un referendum a quorum zero le lobby non sanno a chi rivolgersi perchè a decidere sono i cittadini. Pur presentando poche iniziative (a Le Locle in 17 anni presentate solo 7 iniziative popolari vs 1000 delibere) ad ogni delibera i rappresentanti si chiedono “ma se intervengono i cittadini?”. Nel 1992 i cittadini hanno votato per non entrare nella CEE per la paura di perdere la propria sovranità nonostante le banche abbiano finanziato i media per fare campagna pro-Europa.

LOUVIN: Il Trentino è una delle comunità più mature dell’arco alpino con una storia di partecipazione alla vita pubblica che accomuna le genti locali. Il referendum è spesso frutto della casualità e dell’ipocrisia. L’esperienza svizzera ha invece canalizzato lentamente l’esperienza referendaria. In Val d’Aosta quattro tornate referendarie (valvole di sfogo della tensione politica): due abrogative e due propositive. 1) consultivo sulle Olimpiadi (voto di protesta al sistema) 2) in materia scolastica sull’apprendimento delle lingue che metteva a rischio le minoranze 3) dopo l’intuizione del referendum propositivo nel 2003 (quorum 45%): nel 2007: cinque quesiti referendari (i referendum delle matite spezzate) su problematiche tecnico/istituzionali (forma di governo, legge elettorale, localizzazione presidio ospedaliero) 4) localizzazione dell’impianto di pirogassificazione > i comitati civici sfidarono il palazzo e il quorum fu raggiunto! La legittimità delle istituzioni regionali fu scossa anche se successivamente la Corte Costituzionale annullò il referendum per una questione di competenza di materia.
Il referendum è uno strumento eccezionale per dare voce al popolo ma non è l’unica soluzione. Serve un processo di maturazione lento. In Italia dagli anni 80 linea di centralismo e gestione personalistica del potere che contrasta con i principi della partecipazione democratica. Le terre alpine rappresentano un’area privilegiata e fertile dove pratiche partecipative possono attecchire.
Ora che c’è di mezzo il Terzo Statuto si può mettere al centro il fattore della specificità delle comunità locali. Al Popolo bisogna dare fiducia perchè il Popolo sa meglio dei governanti le conseguenze di quello che si dice. In Svizzera questo lo sanno da sempre. Ci mettono di più a prendere le dicisioni ma una volta deciso camminano tutti insieme.
Le Autonomie speciali hanno il vantaggio di avere un rapporto stretto tra eletti ed elettori. Gli eletti vanno aiutati perchè in questo periodo non sanno che pesci pigliare. Va per questa ri-creata una sfera pubblica.

DAMAGGIO: gli organi non hanno molta consapevolezza del ruolo che hanno. Ci sono battaglie civiche che non hanno spazio. Molte logiche di potere si spera siano in esaurimento. I limiti del sistema dell’informazione sono abnormi. Questo è vero a livello locale (dove le dimensioni sono piccole) ma anche e soprattutto a livello nazionale.
I media possono partecipare ad educare il popolo.

Intervento anche della consigliera provinciale Violetta Plotegher: opportunità offerta dal ddl per valorizzare i contributi dal basso e includere i cittadini nei processi decisionali

E un grazie a tutti per la partecipazione!

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