Il mancato referendum sulla Rete delle Riserve delle Alpi Ledrensi

val di ledroIl 3 settembre 2013 il Consiglio comunale di Ledro ha approvato due delibere:

  • Esame ed approvazione del Protocollo di intesa per la candidatura del territorio dell’Ecomuseo della Judicaria “dalle Dolomiti al Garda” e della costituenda Rete delle riserve delle Alpi Ledrensi a Riserva della Biosfera (delibera Consiglio 45/2013)
  • Approvazione schema di Accordo di programma finalizzato all’attivazione della Rete di riserve “Alpi ledrensi” di cui alla L.P. 23 maggio 2007 n. 11 e del Progetto di attuazione della Rete di riserve “Alpi Ledrensi” sul territorio dei Comuni di Ledro (delibera Consiglio 46/2013)

Con l’approvazione dei suddetti provvedimenti il Comune di Ledro ha aderito all’accordo di programma finalizzato all’attivazione della Rete di Riserve Alpi Ledrensi con la prospettiva di candidare l’intera area all’ottenimento della qualifica di Riserva della Biosfera dell’Unesco (qui le Riserve Unesco in Italia).

La prima reazione ai provvedimenti amministrativi è stata una petizione popolare (di Aldo Cadili, Trentino, 30 agosto 2013) lanciata già prima della seduta del Consiglio comunale del 3 settembre e conclusasi poche settimane dopo l’approvazione delle delibere. In breve tempo la petizione, promossa e sostenuta dai cacciatori locali per opporsi al coinvolgimento del Comune di Ledro nella Riserva Unesco, ha raccolto 1.839 adesioni su un totale di 5.500 abitanti.

Il secondo passaggio (di Aldo Cadili, Trentino, 26 marzo ’14) è stato il deposito di un’istanza di richiesta di referendum nel marzo del 2014. Nella fattispecie, il presidente di valle della Consulta della caccia e i responsabili delle sei sezioni ledrensi dei cacciatori hanno avviato l’iter burocratico finalizzato a richiedere una consultazione popolare per annullare l’adesione alla Rete di Riserve delle Alpi Ledrensi. Le ragioni dei promotori erano le seguenti: “il motivo principale che spinge la popolazione locale a manifestare contrarietà ai due nuovi organismi è la determinazione a non delegare ad enti esterni ma a mantenere in mani ledrensi la gestione del territorio così com’è, con risultati giudicati ottimi, da secoli”.

L’iter della richiesta di referendum si è concluso nell’agosto 2014 (di Aldo Cadili, Trentino 23 agosto ’14) con il rigetto della richiesta di referendum ai sensi dell’articolo 9, comma 3, lettera f sottoscritto dal Sindaco Achille Brigà. Questo l’estratto dell’articolo 9 dello Statuto al quale il parere del Comitato dei Garanti ha fatto riferimento:

Art. 9 – Esclusioni

1) Il referendum non può essere indetto nei sei mesi precedenti alla scadenza del mandato

amministrativo né può svolgersi in concomitanza con altre operazioni di voto.

2) Non è consentita la presentazione di più di tre quesiti per ogni procedura referendaria.

3) Il referendum può riguardare solo questioni o provvedimenti di interesse generale e non è

ammesso con riferimento:

a) a materie che siano già state oggetto di consultazione referendaria nel mandato

amministrativo in corso;

b) al sistema contabile e tributario e tariffario del Comune;

c) agli atti relativi ad elezioni, nomine, designazioni;

d) al personale del Comune e delle Aziende speciali;

e) agli Statuti delle aziende comunali ed alla loro costituzione;

f) alle materie nelle quali il Comune condivide la competenza con altri Enti;

g) ai piani territoriali e urbanistici, i piani per la loro attuazione e le relative variazioni.

Pur riconoscendo l’importanza e la lungimiranza di un simile progetto che mira alla tutela e alla promozione del patrimonio naturale locale e la correttezza formale del parere degli esperti del Comitato dei Garanti (Anna Gnuffi, Anna Fedrigotti e Paolo Franzinelli), rimane biasimabile la limitazione dei diritti politici sancita nello Statuto comunale e la noncuranza degli amministratori a riguardo. Infatti, il paradosso è che i cittadini residenti a Ledro non possono esprimersi sulle materie che potrebbero (e dovrebbero) maggiormente interessarli: questioni tributarie e tariffarie, regolamentazione di nonime e disegnazioni di competenza del Comune in enti e aziende pubbliche, Statuti delle aziende comunali, urbanistica e materie nelle quali il Comune condivide la competenza con altri Enti.

Indipendentemente dal merito e dall’opportunità della delibere n.45 e n.46, il Comune ha ceduto delle competenze ad un ente esterno senza riconoscere ai cittadini il diritto di esprimersi su una simile scelta e quindi eliminando a priori l’occasione per un dibattitto pubblico aperto, informato e finalizzato a consapevolizzare la popolazione sul tema specifico. Tutto ciò in conformità con lo Statuto che nega esplicitamente la partecipazione popolare diretta sulle materie di maggiore rilievo.

Il quesito rimane lo stesso e riguarda l’assetto democratico delle istituzioni: è meglio responsabilizzare i cittadini limitando la possibilità di partecipare alle scelte che li riguardano ed imponendo loro i provvedimenti dall’alto o garantendo loro la possibilità di partecipare e, quando lo ritengono necessario, di decidere direttamente?

Il comitato Più Democrazia in Trentino è per la seconda opzione e lo ha dimostrato con i fatti. Nel giugno scorso aveva infatti risposto all’invito dell’amministrazione comunale di Mori di presentare idee e suggerimenti per la modifica dello Statuto. Le raccomandazioni espresse dai rappresentanti del comitato in quell’occasione potrebbero essere prese in considerazione anche dagli amministratori ledrensi, i quali potrebbero affinare gli strumenti di democrazia diretta per affrontare con un approccio e un metodo diversi le prossime sfide per lo sviluppo locale.

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