Il ruolo di Capo di Stato ha durata, regole e poteri assai diversi nei vari Paesi.
Solo a titolo di esempio, ci sono Capi di Stato che lo diventano per eredità. Regno Unito, Spagna, Danimarca, Paesi Bassi.
Ce ne sono che sono eletti direttamente dai cittadini. Il Presidente della Federazione Russa, il Presidente della Repubblica d’Irlanda.
Altri che sono eletti dalle diverse Camere dei Rappresentanti che si riuniscono appositamente. Italia, Svizzera, Repubblica di San Marino.
Negli Stati Uniti d’America i cittadini scelgono i 538 grandi elettori e può verificarsi, come effettivamente è accaduto, che vinca quello con il maggior numero di grandi elettori dalla sua parte ma non con il maggior numero di voti dei cittadini in assoluto.
Ci sono cariche con durate diverse che a volte possono essere ripetute altre no: 7 anni Italia e Irlanda; 6 anni Russia; 5 anni Francia, Germania, Grecia; 4 anni USA; 1 anno Svizzera; 6 mesi Repubblica di San Marino e 1 giorno nell’antica Atene.
Anche i poteri dei quali sono investiti sono molto diversi tra loro.
Faccio notare che 6 mesi, la durata del Presidente della Repubblica di San Marino, a noi possono sembrare pochi e magari assolutamente insufficienti in un processo politico eppure per i sanmarinesi sono la norma dal 1243. È evidente che una carica con durata breve esercita un potere, qualunque esso sia, inferiore a chi ha durata lunga. In quel caso il potere risiederà su qualche altra istituzione. Nel nostro caso su un’istituzione collegiale.
Veniamo all’elezione che abbiamo vissuto recentemente. Settimane di intensa attività mediatica nell’attesa della scelta del nostro Presidente. Ancora in Italia tale decisione viene presa dalla Camere riunite e dai Rappresentanti delle Regioni ma c’è una spinta a scegliere direttamente chi eleggere. La rielezione di Giorgio Napolitano va nella direzione del presidenzialismo. L’elezione diretta del sindaco prevista dal 1993 alimenta questo paradigma. Anche le “primarie”, peraltro non previste dalla legislazione, sono una forte sollecitazione verso il personalismo della politica e così si fa un gran parlare di scelta diretta del candidato premier di un partito o di una coalizione. Mi pare evidente che tanto più si da valore ad una carica con la partecipazione diretta degli elettori tanto più questa carica viene investita di poteri. Poco importa che non sia previsto in Costituzione. Nei fatti questo genera poi un’esclusione dell’elettorato dalle scelte importanti della comunità. “Mi avete scelto, ora fatemi lavorare.” Questa è la logica conseguenza di questo procedere ed è per questo che ogni elezione politica diventa clangore mediatico. Trovo questa spettacolarizzazione una distrazione esercitata con alta professionalità. La distrazione da una questione FONDAMENTALE e provo a spiegarmi con una metafora.
Tutti conosciamo la corrida de toros. Nell’arena il toro insegue la muleta rossa ma il suo problema non è il mantello bensì il torero che lo muove. Ebbene qualsiasi elezione corrisponde al mantello che viene sventolato magistralmente dagli eletti di concerto con i mezzi di comunicazione. Il nostro problema non è come e chi eleggere (il mantello per l’appunto), ma come poter condividere con gli eletti le decisioni ritenute importanti. Questo è il punto dal quale ci distraggono con abilità, costanza e lungimiranza e noi, piuttosto che cercare di inseguire il “mantello” e disperdere energie nella ricerca di come scegliere un eletto, dovremmo cercare di restare concentrati su come OTTENERE ISTITUZIONI PER FARE PARTECIPARE IL POPOLO AI PROCESSI DECISIONALI soprattutto quelli in cui gli eletti sono in conflitto di interessi. Costituzione, statuti regionali, provinciali e comunali, retribuzione degli eletti, cessione di sovranità nazionale e l’autorizzazione a spese ingenti e a privatizzazioni solo per fare qualche esempio.