Nel giorno in cui il mondo intero ripeteva in coro più democrazia, più apertura, più umanità, più libertà, Ugo Rossi, rispondendo alle domande di Dafne Roat sull’iter dell’iniziativa popolare per più democrazia, ha affermato di avere cose più importanti di cui occuparsi.
Difficile decifrare se si tratti di semplice disprezzo per i cittadini o di un velleitario tentativo di ergersi a paladino degli oppressi per placare il vento centralista che soffia da Roma.
Più plausibile invece l’ipotesi che Rossi non abbia le caratteristiche per cogliere l’essenza del collegamento tra lo svuotamento della democrazia e il campo di studi multidisciplinare proposto da Simone Casalini allo scopo di preparare l’humus fertile del vivere collettivo e di favorire la circolazione della conoscenza e la costruzione di nuove teorie critiche. La confutazione a questa supposizione è peraltro rafforzata dal fatto che Rossi, nell’esercizio di quello che lui definisce ruolo di mediazione, propose di eliminare – unitamente a tutti gli articoli dell’iniziativa popolare eccetto uno – anche gli interventi nell’ambito dell’educazione civica.
Di fronte a ciò, è evidente che di dubbi non ne esistano: ci troviamo dinanzi ad un monarca illuminato, l’unico in grado di condurre il popolo trentino in salvo dalla minaccia autoritaria che si sta avvicinando sotto il cielo di nubi cupe e di arie gelide del continente europeo.
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