* di Stephan Lausch – estratto da “Con più democrazia verso più autonomia”, POLITiS aprile 2014 – a cura di Thomas Benediketer
Autonomia e democrazia diretta sono due concetti complementari. Democrazia diretta è l’esercizio immediato dell’autonomia nel suo senso originale: autos (stesso) e nomos (legge), quindi legiferare su se stessi.Allora chiedersi: chi è autonomo può legiferare per se stesso? Questo diritto complete solo alla rappresentanza politica oppure a tutti gli abitanti della provincia? Lo Statuto in questo riguardo dal 2001 è chiaro: autonomi sono i cittadini della provincia nel loro insieme, poiché l’art. 47 prevede tutta la gamma di diritti referendari (referendum propositivo, abrovativo e consultivo, e proposta di legge di iniziativa popolare). Col referendum confermativo ai cittadini è riconosciuto un diritto di controllo almeno sulle leggi provinciali sulla forma di governo (legge elettorale e democrazia diretta). Inoltre i cittadini, stando allo Statuto, hanno anche il diritto di iniziativa popolare e di referendum confermativo sulle leggi provinciali ordinarie. Quindi in linea di principio i cittadini sono l’ultima istanza di decisione nella politica provinciale.
Perchè allora la realtà politica è un’altra? Forse a causa della stessa ragione per cui la Germania nella sua Costituzione ha voluto inserire questa frase: “Tutto il potere statale deriva dal popolo e il popolo lo esercita tramite elezioni e votazioni”. In Germania, però, la CDU, presieduta da Angela Merkel, da 60 anni nega una riforma costituzionale per consentire votazioni referendarie anche a livello federale. I padri della Costituzione tedesca, sotto l’impressione del fallimento della democrazia di Weimar e della tragedia dello Stato totalitario e della guerra, avevano gettato le basi per una democrazia completa. Dopo, la maggioranza politica e i partiti al governo hanno applicato questi principi e procedure solo nella misura in cui era compatibile con la conservazione del loro potere. A questo punto Günther Grass una volta ha lanciato il monito: “La democrazia ha bisogno di cura. Se la cediamo a coloro che ne traggono profitto diretto, sarà presto consumata.” Anche dalle nostre parti abbiamo la sensazione che la democrazia stia degenerando.
Cosa possiamo concludere da questa esperienza che va ripetendosi? Ciò che accomuna tutti, a prescindere da obiettivi politici divergenti, è la rivendicazione del diritto dei cittadini di poter decidere sulle regole della democrazia, affinché la democrazia stessa abbia un futuro. Senza dubbi non possiamo lasciare questo potere solo alla maggioranza politica che subordina le regole solo alla conservazione del potere e delle poltrone. Se ci fossero dei dubbi se l’art.47 dello Statuto di autonomia non attribuisca ai cittadini la facoltà di determinare le leggi sulla forma di governo, sarebbe un obbligo della politica rimuovere questa mancanza di chiarezza modificando semplicemente l’art.47. Solo di questo modo si rispetterebbe l’intenzione originaria della riforma della Costituzione del 2001 e l’orientamento della Commissione affari costituzionali del Parlamento, che a suo tempo hanno elaborato questo articolo.
Lo Statuto di Autonomia non solo definisce il quadro della nostra sovranità come cittadini, ma determina anche i contenuti dell’autonomia in numerosi settori. Oggi si propone di introdurre l’autonomia integrale, che sarebbe a significare una sovranità totale di decidere. In che misura potrà mai essere integrale è ancora aperto. Ma nei fatti si tratta solo di competenze legislative importanti per la realtà politica della nostra provincia, ma anche dell’autonomia statutaria. Ciò significa la facoltà dei cittadini di determinare le condizioni politiche. I cittadini dovrebbero poter scegliere liberamente chi va incaricato il compito di elaborare un nuovo statuto. Ciò equivale a una Convenzione liberamente nominata dai cittadini. Questa sovranità dovrebbe, inoltre, essere rispettata anche attraverso un coinvolgimento diretto nei lavori della Convenzione. Infine dovrebbero essere i cittadini a poter decidere del risultato della Convenzione per via di un referendum confermativo.
L’esempio del canton Zurigo dimostra un’ottima pratica di partecipazione diretta dei cittadini ad una procedura costituente. Negli anni 2000 fino al 2005 la Costituzione cantonale di Zurigo è stata riscritta. Un’assemblea costituente, composta da 100 membri, elaborò una prima bozza. Il lavoro fu diviso su 6 commissioni che rendevano conto dei lavori all’assemblea plenaria. Questa in quasi 30 sedute discusse i risultati delle Commissioni e votò più di 100 emendamenti. Dopo un’attività di tre anni approvò una bozza di Costituzione di 60 pagine che venne sottoposta a tutta la popolazione in un referendum confermativo. Questa procedura dava a tutti gli aventi diritto la possibilità di discutere, criticare e emendare la bozza di Costituzione, giacché più tardi sarebbero stati chiamati a votare. Le proposte e le obiezioni presentate dai cittadini, se accettate dalla maggioranza, vennero integrate nel testo della bozza costituzionale.
Il Cantone nella sua nuova Costituzione del 2005 prevede i seguenti diritti democratici referendari:
Il popolo partecipa direttamente alla legislazione tramite il diritto di iniziativa popolare e referendum. Votazioni referendarie obbligatorie vengono effettuate su modifiche costituzionali, referendum facoltativi con modifiche della legge, qualora questi vengano richiesti da almeno 3.000 aventi diritto al voto (0,35% dell’elettorato). Iniziative popolari per modificare la Costituzione oppure per emendare una legge cantonale ordinaria vanno firmate da almeno 6.000 aventi diritto al voto (0,7% dell’elettorato). Queste iniziative, proposte in forma di legge oppure come iniziativa generale, vengono sottoposte ad una votazione referendaria nel momento in cui sono respinte dal Parlamento (Consiglio) cantonale. Decide chi va a votare, non importa il numero dei votanti. A Zurigo esiste un’altra specificità: l’iniziativa di un singolo cittadino. Un’unica persona può presentare al Consiglio cantonale una modifica di una legge ordinaria o della Costituzione cantonale. Se questa iniziativa viene avvallata dalla maggioranza del Consiglio cantonale, viene portata a referendum popolare. Lo stesso vale per “l’iniziativa di autorità” che può partire da un Consiglio comunale del Cantone.
Il valore democratico di una tale procedura di elaborazione o di modifica della Costituzione, in cui sono coinvolte ampie fasce della popolazione, è enorme. Il risultato di conseguenza coincide in misura molto più ampia alle preferenze dei cittadini, quindi la riforma è anche chiarita e discussa nella popolazione e non solo una disquisizione astratta di qualche commissione parlamentare.
di Stephan Lausch
Fondatore e coordinatore dell’Iniziativa per Più Democrazia, Bolzano
Con più democrazia verso più autonomia
Raccoglie interventi e saggi di 25 esperti di un ciclo di conferenze del 2013/14 sull’imminente riforma dell’autonomia della provincia di Bolzano e della Regione. Politici di vari partiti, scienziati, attivisti di organizzazioni civiche si alternano. Da un sondaggio online sull’argomento sono emersi risultati interessanti sulle preferenze dei cittadini relative alla riforma dell’autonomia. Il volume chiude con una serie di proposte per più partecipazione dei cittadini nel processo di riforma.
La pubblicazione è disponibile nelle librerie o può essere ordinato quì.
Thomas Benedikter (a cura di, 2014), CON PIU’ DEMOCRAZIA VERSO PIU’ AUTONOMIA – Cittadini e cittadine partecipano – I risultati di un progetto di formazione (POLITiS-SBZ), ed. ARCA, 160 pp., ISBN 978-88-88203-50-8, 10.-
Le considerazioni di Stephan sono sempre interessanti e stimolanti.
La Costituzione del Cantone di Zurigo che lui utilizza come esempio è illuminante di quanto succede quando nel disegno istituzionale si inizia a inserire il seme della partecipazione diretta dei cittadini alle scelte.
Dalla fine del 1800, dove a seguito della pressione popolare venne riscritto il primo articolo della Costituzione per sottolineare che la sovranità popolare si esercita anche permettendo ai cittadini si esprimersi direttamente e in modo vincolante sulle scelte politiche, gli sviluppi sono andati in una sempre maggiore partecipazione.
La revisione costituzionale partecipata, che da noi appare pura utopia, è la diretta conseguenza di quella “piccola” variazione di oltre 100 anni or sono.
E come si vede, con il tempo si “osa” anche inserire nuovi strumenti di partecipazione. Inclusa l’obbligatorietà dei referendum finanziari.
Un solo piccolo appunto riguarda quanto affermato riguardo l’iniziativa individuale e delle autorità.
Di fatto queste sono iniziative a voto consiliare (del Gran Consiglio), non a voto popolare.
Il voto può essere eventualmente richiesto avverso la norma approvata dal Gran Consiglio se previsto. Se invece il Gran Consiglio la respinge, l’iniziativa si ferma.
Solo le iniziative popolari riuscite (ossia che hanno raccolto le 6.000 firme previste) vanno a voto popolare se il Gran Consiglio le respinge.
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