Renzi a giudizio all’Onu per diritti politici violati

ONU_fatto quotidianodi Giampiero Calapà – pubblicato su Il Fatto Quotidiano, 11 dicembre 2015

La Presidenza del Consiglio di Matteo Renzi andrà a giudizio davanti al Comitato dei diritti umani dell’Onu a Ginevra (Human Rights Committee CCPRper aver violato il diritto dei cittadini di partecipare alla vita politica e al governo del Paese col boicottaggio di referendum e di leggi di iniziativa popolare. “Un boicottaggio pluridecennale – per i Radicali italiani, promotori della denuncia alle Nazioni Unite – aggravato dalla riforma Boschi che modifica l’articolo 75 della Costituzione sul diritto al referendum in senso peggiorativo”. Infatti, la riforma Boschi aggravagli effetti degli ostacoli all’esercizio del referendum: il quorum rimane al 50 per cento degli aventi diritto, ma si riduce al 50 dei votanti qualora si raccolgano 800 mila firme: “In questo modo – lamentano i Radicali – il referendum si trasforma in uno strumento a disposizione esclusivamente dei grandi partiti“.

L’Onu, dunque, porta l’Italia alla sbarra per la violazione degli articoli 2 e 25 del Patto internazionale dei diritti civili e politici (English version), considerato il principale trattato al mondo sui diritti umani. “È uno dei primi casi sottoposti a una giurisdizione internazionale in tema di democrazia diretta e le conseguenze del Comitato dell’Onu potranno avere effetti anche su altri Paesi. Ed è la prima volta che l’Italia viene rinviata a giudizio dall’Onu per violazione del diritto a partecipare alla vita politica”, spiega Mario Staderini che, con Michele De Lucia (segretario dei Radicali il primo e tesoriere il secondo dal 2009 al 2013), ha presentato il ricorso a Ginevra. Questa denuncia, appunto accolta dall’Onu con tanto di rinvio a giudizio dell’Italia, è stata scritta e sottoposta al vaglio delle Nazioni Unite, dalla Clinica dei diritti umani della Loyola Law School di Los Angeles diretta da Cesare Romano, docente di diritto internazionale (intervista su Radio Radicale).
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Adesso Palazzo Chigi avrà sei mesi di tempo, quindi fino all’aprile 2016, per presentare le sue memorie difensive. La decisione di procedere con la denuncia all’Onu, spiegano Staderini e De Lucia, è stata presa dopo il caso dei referendum del 2013, mai arrivati alle urne: In Italia le leggi e le procedure referendarie sono ingiustamente restrittive, arbitrarie e irragionevoli. Di fatto, impediscono l’effettivo esercizio del diritto a promuovere i referendum garantito dalla Costituzione”. In che modo? Questi sono per i Radicali gli ostacoli sui quali deciderà l’Onu: “Solo tre mesi per la raccolta firme e solo in alcuni periodi dell’anno (considerato che le firme si raccolgono soprattutto nei fine settimana e per strada, le 500 mila firme in realtà vanno raccolte in dodici fine settimana, con una media di 42 mila firme a fine settimana); il quorum alto favorisce gli oppositori che sfruttano l’astensionismo; la raccolta firme solo cartacea; una procedura di autenticazione e certificazione delle firme complessa e discriminante; l’assenza di normative per garantire informazione e favorire donazioni”. Nel 2013 in particolare i Radicali promossero dei referendum (su immigrazione, legalizzazione droghe, finanziamento dei partiti, abolizione otto per mille alla Chiesa, divorzio breve e giustizia). “Ma – spiegano oggi – la campagna si caratterizzò per una serie di violazioni daparte delle istituzioni italiane: a causa dell’assenza di autenticatori disponibili senza che il governo Letta prendesse provvedimenti, è stato quasi impossibile raccogliere le firme anche nelle grandi città. La Rai, radiotelevisione di Stato, non ha informato adeguatamente, su cosa, come, dove e quando firmare. Spesso nei Comuni è stato impossibile firmare d’estate, gli uffici erano nascosti, gli adempimenti svolti con lentezza. Il governo non rispose alle richieste di aiuto dei promotori dei referendum. E alla fine – conclude Staderini – furono raccolte e depositate in Cassazione 200 mila firme per ciascuno dei sei referendum, invece delle 500 mila richieste, ma la Corte non volle neppure valutare tutti gli ostacoli incontrati. Sabotando i referendum fallisce la democrazia, perchè se impedisci ai cittadini di partecipare con la democrazia diretta, si convinceranno che anche quella rappresentativa non serve a nulla”.
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