La votazione popolare del 3 Marzo 2013

No, non è che so che si voterà prestissimo nuovamente. E comunque non sarebbe così presto.
Ma nelle concitate fasi finali di queste elezioni politiche mi rifugio nel commento dei referendum popolari in Svizzera. Sono una talismano di buona politica, antidoto a quella pessima che purtroppo vedo e vivo qui in Italia.
La prima tornata referendaria di quest’anno in Svizzera è fissata per il 3 Marzo, una settimana dopo le nostre elezioni politiche, ed è interessante per due motivazioni, una procedurale e una sostanziale.
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La prima perché in una sola tornata di votazioni sono presenti tutte e tre le tipologie di votazione popolare.
La seconda perché affronta temi di grande attualità anche da noi, e dimostra che dove vige la democrazia diretta si decide anziché riempire pagine di inchiostro e aria di vibrazioni senza costrutto.
I 3 quesiti riguardano una modifica costituzionale richiesta la Parlamento svizzero, una iniziativa popolare e un referendum confermativo chiesto per impedire l’entrata in vigore di una legge approvata dal Parlamento.

La modifica costituzionale è ovviamente soggetta a referendum confermativo obbligatorio. Mi pare interessante ribadire che in Svizzera le modifiche costituzionali possono avvenire unicamente con voto popolare, sia che l’iniziativa della modifica sia parlamentare che nel caso l’iniziativa sia popolare.

L’aspetto tecnico interessante dell’iniziativa popolare è che si porta dietro una controproposta parlamentare indiretta. Abbiamo spiegato, perché è previsto anche per la nostra legge provinciale di iniziativa popolare, cosa sia un controprogetto diretto del legislativo. Se ad una legge di iniziativa popolare il legislativo (il parlamento federale per le leggi federali in Svizzera) ritiene di affiancare una controproposta se vincono i si al cambiamento entra in vigore delle due proposte quella con più si. Se vincono i no sono bocciate entrambe. Il controprogetto indiretto invece entra in vigore se l’iniziativa popolare è respinta, e se contro il controprogetto non viene chiesto un referendum confermativo. In quest’ultimo caso entra in vigore solo se la successiva votazione popolare lo conferma. Risulta interessante il fatto che nel corso delle deliberazioni il Parlamento aveva discusso anche un controprogetto diretto. Questo aveva contenuti differenti rispetto a quello indiretto ma non è stato approvato dal Consiglio Nazionale.

Anche la terza proposta ha un elemento interessante. Questa legge è una risposta indiretta ad una iniziativa attualmente in corso, la c.d. iniziativa per il paesaggio, che è stata sospesa in attesa dell’approvazione di questa legge. L’iter testimonia della ricchezza di dibattito che si sviluppa grazie alle iniziative popolari. Il comitato promotore della iniziativa per il paesaggio aveva infatti richiesto il voto su una particolare testo legislativo. Il Parlamento ha discusso se fare una controproposta, ma ha determinato che la cosa più adeguata sarebbe stato intervenire su altri testi legislativi. Il comitato ha accettato di sospendere l’iter del proprio progetto. Nel caso in cui il controprogetto indiretto venisse approvato ritirerebbe definitivamente la propria proposta. Il controprogetto è stato approvato dal Parlamento, ma un altro gruppo di cittadini ha richiesto che questo venga sottoposto a referendum confermativo. Se questo referendum quindi approverà la legge, l’iter della iniziativa per il paesaggio si fermerebbe definitivamente. Se invece questa legge venisse respinta, in una prossima tornata elettorale verrebbe votata l’iniziativa per il paesaggio.

Ma lasciamo da parte le questioni procedurali, che magari appassionano solo me, e vediamo quali siano i contenuti di questi referendum.
Il primo è una modifica della Costituzione Federale per dare migliori strumenti di intervento legislativo nel campo delle politiche familiari, ed in particolare della conciliabilità tra la vita familiare e quella lavorativa.
Il secondo riguarda una iniziativa popolare denominata “contro le retribuzioni abusive”. L’iniziativa si propone di porre un freno nelle aziende quotate in borsa alle retribuzioni e liquidazioni esageratamente elevate ai manager a prescindere dai risultati economici conseguiti. E anche da loro si parla soprattutto dei manager bancari.
Il terzo referendum mira a bloccare delle modifiche parlamentari alla legge sulla pianificazione del territorio (LPT). Questa legge interviene in vari modi per limitare l’estensione delle zone edificabili, promuovere il mantenimento di aree edificate il più compatte possibile e promuovere il risparmio energetico e l’uso di fonti rinnovabili.

Come sempre è stato predisposto un opuscolo, che illustra dettagliatamente quanto viene posto in votazione e le posizioni favorevoli e contrarie.
Come vedete sono argomenti attualissimi anche in Italia. Argomenti sui quali in Svizzera, sulla spinta popolare, la politica dibatte e agisce. Da noi a volte dibatte sui giornali ma poi non fa nulla. Sul consumo di territorio per esempio è stato persino proposto un referendum interno al PD per farlo diventare parte della piattaforma programmatica del partito. Nemmeno questa iniziativa ha avuto un qualche effetto pratico. Di fatto il tema è scomparso dalle agende politiche.
Ma vediamo più nel dettaglio con l’aiuto dei testi dell’opuscolo, con qualche parallelo rispetto alla nostra realtà. Per un approfondimento più completo rimando ai collegamenti nel testo.

1- Decreto federale sulla politica familiare

Il nuovo articolo costituzionale incarica la Confederazione e i Cantoni di promuovere la conciliabilità tra la vita familiare e l’esercizio di un’attività lucrativa o una formazione. Consiglio federale e Parlamento raccomandano di accettare il nuovo articolo costituzionale.

L’essenziale in breve

Conciliare famiglia e lavoro

Oggi sono molte le famiglie in cui entrambi i genitori sono costretti a lavorare o semplicemente desiderano farlo. Chi ha famiglia ed esercita un’attività lucrativa deve però spesso fare i conti con serie difficoltà che possono indurre soprat­tutto le madri a rinunciare loro malgrado interamente o in parte alla vita professionale.

Migliorare le condizioni quadro

Occorre quindi provvedere affinché diventi più facile lavorare o seguire una formazione pur avendo figli. Le condizioni quadro vanno cioè impostate in modo tale che sia più sem­plice conciliare la vita familiare con un’attività lucrativa o una formazione. A tal fine, vanno innanzitutto potenziate le strut­ture di custodia complementari alla famiglia, per esempio gli asili nido, i doposcuola o le mense. Ne trarrà beneficio anche l’economia, dato che in un’ottica economica è impor­tante che al mercato del lavoro partecipi il maggior numero possibile tanto di donne quanto di uomini.

Un nuovo articolo costituzionale

Il Parlamento intende migliorare la situazione attuale, ma ritiene che l’odierna base costituzionale sia insufficiente. Ha pertanto elaborato un nuovo articolo costituzionale che incarica la Confederazione e i Cantoni di promuovere la conciliabilità tra la vita familiare e l’esercizio di un’attività lucrativa o una formazione. La competenza in materia spetta innanzitutto ai Cantoni, chiamati ad approntare un’offerta sufficiente di posti nelle strutture di custodia com­plementari alla famiglia e parascolastiche. La Confederazione interviene unicamente se necessario, emanando principi a livello nazionale.

Posizione del Consiglio federale  e del Parlamento

Il Consiglio federale e il Parlamento sono persuasi che la nuova disposizione possa giovare alle famiglie e concorrere a garantire il benessere generale. Raccomandano pertanto al Popolo e ai Cantoni di accettare il nuovo articolo costitu­zionale.

Già oggi in Svizzera vi è un forte supporto della famiglia e della maternità. La Costituzione prevede questo supporto e intorno al nucleo familiare e ai figli ruota il sistema di supporto sociale esistente. Per cui vi è un reddito garantito per la madre che si deve assentare dal lavoro per il parto e l’assistenza ai neonati, degli assegni familiari e una struttura impositiva che favorisce i nuclei familiari. Il Parlamento però ritiene che non vi sia sufficiente base costituzionale per altre incentivazioni che ritiene indispensabili per meglio conciliare durante la crescita dei figli la vita familiare e quella professionale. In particolare la norma costituzionale serve ad impegnare risorse pubbliche per il finanziamento di asili nido, orario scolastico continuato, doposcuola e mense. La norma, come normale in un paese federale, assegna ai cantoni il compito di disciplinare la materia, lasciando eventualmente alla confederazione compiti di coordinamento e definizione di livelli minimi di servizio.
Per la nostra realtà possiamo osservare due cose. La prima che mentre da noi si parla tanto di cosa si potrebbe fare, gli Svizzeri fanno e cercano anche di migliorarsi. Questo è un effetto del controllo popolare sulle scelte politiche, e sull’allineamento che naturalmente si ottiene tra scelte politiche e volontà popolare grazie alla democrazia diretta. La seconda è l’estrema attenzione prestata al rispetto delle norme. Sebbene qui si tratti di legiferare su questioni ampiamente supportate dalla popolazione, si spinge per far si che l’intervento legislativo avvenga nel pieno rispetto del quadro costituzionale.
Purtroppo da noi il disallineamento tra le scelte legislative concrete e le norme ha dato luogo persino alla differenziazione tra costituzione reale e costituzione materiale. Con tanti saluti allo stato di diritto.

2 – Iniziativa popolare «contro le retribuzioni abusive»

L’iniziativa intende consentire agli azionisti delle imprese quotate in borsa di esercitare una maggiore influenza sulle retribuzioni versate al consiglio d’amministrazione e alla direzione. Lo scopo è di evitare retribuzioni spropositate e abusive.

L’essenziale in breve

Negli ultimi anni l’opinione pubblica ha criticato in modo anche aspro il fatto che diverse imprese versassero ai propri dirigenti retribuzioni e liquidazioni molto elevate a prescin­dere dai risultati economici conseguiti. In questo contesto è stata lanciata l’iniziativa popolare «contro le retribuzioni abusive».

Contenuto dell’iniziativa

Scopo dell’iniziativa è imporre restrizioni alle imprese quo­tate in borsa affinché non possano continuare a remunerare i vertici aziendali con somme spropositate. A tal fine, l’iniziativa propone tre nuove disposizioni: le retribuzioni del consiglio d’amministrazione e della direzione devono essere imperativamente autorizzate dall’assemblea generale degli azionisti; il mandato dei membri del consiglio d’amministra­zione è limitato a un anno; alcune tipologie di retribuzioni, per esempio le liquidazioni e i premi per le acquisizioni di aziende, sono vietate. Inoltre, chi contravviene a queste regole può essere punito.

Posizione del Consiglio federale e del Parlamento

Il Consiglio federale e il Consiglio degli Stati respingono l’iniziativa: oltre a comportare un eccesso di regolamentazione, essa metterebbe in discussione uno dei capisaldi della piazza economica elvetica, ossia i principi liberali alla base del diritto societario svizzero. Il Consiglio nazionale non ha invece espresso alcuna raccomandazione di voto. Il Parlamento concorda sulla necessità di disciplinare le retri­buzioni versate dalle imprese quotate in borsa e ha pertanto adottato un controprogetto indiretto. Sostenuto anche dal Consiglio federale, il controprogetto concretizza con una mo­difica di legge le principali rivendicazioni dell’iniziativa, ma rispetto a quest’ultima è complessivamente più moderato.

Anche qui, come in molte parti del mondo, si è assistito a ondate di sdegno verso le retribuzioni astronomiche date ai grandi manager di società quotate, e spesso anche ai c.d. paracadute d’oro che consistono in buonuscite milionarie quando vengono sostituiti, solitamente per aver male gestito l’azienza. Grande clamore in particolare hanno suscitato le retribuzioni dei vertici bancari, assolutamente spropositati soprattutto in un momento in cui i profitti mancano del tutto o vi sono addirittura perdite causate anche dalla gestione di questi manager.
Ma mentre negli altri paesi questo resta un dibattito largamente accademico, in Svizzera, grazie alla democrazia diretta, si avrà comunque una legge sul tema.
Personalmente preferisco la controproposta del Governo. Però è evidente che non vi è nel Parlamento una grande condivisione sul miglior modo di procedere. Questo sia perché non si è riusciti ad elaborare una controproposta diretta, sia perché non vi è una raccomandazione di voto del Consiglio Nazionale, benché il Consiglio Federale e il Consiglio degli Stati dia a sfavore dell’iniziativa e a favore di quella indiretta da loro proposta.

3 – Modifica della legge sulla pianificazione del territorio

La modifica della legge sulla pianificazione del territorio intende ridurre la superficie delle  zone edificabili sovradimen­sionate e dunque frenare la dispersione degli insediamenti in Svizzera. È un controprogetto indiretto all’iniziativa per il paesaggio. Contro la revisione della legge è stato chiesto il referendum. Se la revisione è respinta, l’iniziativa per il paesaggio sarà sottoposta al voto.

L’essenziale in breve: obiettivo della modifica di legge

In passato diversi Cantoni e Comuni hanno definito zone edificabili sovradimensionate. Spesso tali zone sono edificate in modo sparso, con gli edifici nuovi lontani dai centri urbani. In tal modo aumenta la dispersione degli insediamenti. La modifica della legge sulla pianificazione del territorio punta a distinguere più chiaramente i comprensori edificabili da quelli non edificabili. Si prefigge uno sviluppo compatto degli insediamenti, un migliore utilizzo delle aree dismesse presenti nelle zone edificabili e una riduzione dell’estensione delle zone edificabili sovradimensionate. In futuro le dimen­sioni delle zone edificabili dovranno dipendere dal fabbisogno prevedibile per 15 anni.

Controprogetto all’iniziativa per il paesaggio

La modifica della legge sulla pianificazione del territorio è stata decisa dal Parlamento quale controprogetto indiretto all’iniziativa per il paesaggio, che chiede di non aumentare la superficie totale delle zone edificabili in Svizzera per 20 anni. L’iniziativa è stata ritirata dal comitato d’iniziativa, a condi­zione che la revisione della legge sulla pianificazione del territorio entri in vigore. Nel caso in cui la presente revisione venga respinta, l’iniziativa per il paesaggio sarà sottoposta al voto popolare.

Motivi del referendum

Contro la revisione è stato chiesto il referendum. Il comitato referendario critica la revisione poiché limiterebbe i diritti di proprietà e provocherebbe un aumento del prezzo dei terreni.

Posizione del Consiglio federale e del Parlamento

Consiglio federale e Parlamento raccomandano di accettare la modifica della legge sulla pianificazione del territorio, che consentirà di contrastare il consumo poco parsimonioso del suolo e la dispersione degli insediamenti.

Il consumo di territorio è un argomento di grande attualità anche in Italia. Sarebbe utile nel nostro dibattito politico entrasse a pieno titolo la discutere la discussione sulle edificazioni compatte, come proposto in Svizzera con questa legge, o di recupero delle aree edificate e non più utilizzate. Purtroppo il consumo di territorio non è ancora parte integrante dei programmi politici, anzi, spesso la politica ha una insana dipendenza proprio dai costruttori edili. E i pochi, ma significativi esempi, quali quelli di Cassinetta di Lugagnano, con il suo piano regolatore che prevede solo recupero di edificazioni esistenti, sono magari additati come esempio, ma poi poco ripresi dalle norme edilizie generali. Se anche noi avessimo gli strumenti della democrazia diretta enti come Italia Nostra, il FAI o il WWF potrebbero essere molto più attivi per la protezione del nostro territorio. E, come dimostrato a Cassinetta, l’appoggio popolare esiste.

Un ultima nota. Non essendoci il quorum il dibattito, come dovrebbe essere normale, è tutto incentrato tra le ragioni del si e del no. Non ci sono patemi o dubbi. Quello che il popolo voterà tra due settimane sarà legge.

Ruggero Pozzer ribadisce l’appoggio alla democrazia diretta

Ruggero Pozzer è membro costituente del comitato civico di Più Democrazia in Trentino. E’ insegnante di educazione fisica nonché allenatore e istruttore nazionale di vela. Viticoltore per passione di famiglia, negli anni 80’ ha inaugurato con il padre una delle prime aziende agricole biologiche del Trentino. Dal 2000 al 2010 è stato consigliere presso il Comune di Rovereto con i Verdi. Ora è consigliere, sempre per i Verdi, presso la Comunità di Valle della Vallagarina.

Alex: Il tuo appoggio all’iniziativa popolare di Più Democrazia in Trentino è solo l’ultima parte di un percorso iniziato mentre eri consigliere comunale a Rovereto. Puoi raccontare qualcosa in merito?
Ruggero PozzerRuggero: Devo a Paolo Michelotto l’illuminazione che mi ha trasmesso fin dal 2006 l’interesse per i temi della democrazia diretta. All’inizio mi sono messo a disposizione solo come autenticatore di firme nella mia vesta di Consigliere comunale; andavamo in piazza d’inverno al freddo a raccogliere le sottoscrizioni per i referendum comunali. Conosciute meglio le modalità della democrazia diretta ho condiviso subito la necessità di estendere i suoi principi ad ogni livello, pur sempre in affiancamento alla democrazia rappresentativa. Ora ho scelto di condividere pienamente il percorso con il comitato civico Più Democrazia in Trentino conscio che sia forse l’unica strada civile e incruenta per restituire piena dignità alla politica.

Nonostante gli sforzi per adeguare gli istituti di democrazia diretta alle best practice suggerite dal Consiglio d’Europa , i rappresentanti dei partiti locali roveretani hanno disatteso sistematicamente le aspettative per un miglioramento dei diritti politici. Come giudichi quanto successo a Rovereto in occasione della discussione dell’ultima proposta di deliberazione popolare?
Credo sia doveroso innanzitutto sottolineare come non tutti i partiti locali abbaino attuato questa sorta di chiusura. I Verdi, sia roveretani che trentini, hanno ormai assimilato pienamente il bisogno di aprire le porte agli strumenti  “demodiretti”. Così non è invece per le altre forze politiche che esprimono un generalizzato atteggiamento di diffidenza a quanto proponiamo.
Ritengo che le difficoltà che hai ben espresso nella domanda siano dovute a diversi motivi.  L’autoreferenzialità della politica tradizionale protratta al punto da credere di essere intoccabile. La paura di perdere i privilegi socio economici riservati agli organi politico-amministrativi. La mancanza di apertura mentale e di coscienza sociale. Più di tutto poi l’influenza dei partiti, ben consci che perderebbero autorità e potere. E’ vero che alcuni rappresentanti tentano di emanciparsi dai rispettivi partiti, ma però con grande difficoltà. Anche leggendo alcune interviste che compaiono prima della mia nel blog, noto senza stupore come alcune espressioni siano sottolineate cautelativamente dalla dichiarazione di “a titolo personale” che significa “pur nel rispetto del parere contrario del partito di appartenenza”.

Nel consiglio comunale di Rovereto, l’unico sostenitore delle ragioni dei cittadini che ha dimostrato buona conoscenza e responsabilità civica è stato appunto un rappresentante dei Verdi, Mauro Previdi. Come mai le altre forze politiche – ad eccezione del M5S che dal momento della sua costituzione sostiene la democrazia diretta ma che ora non è rappresentato – sono così poco propense a valorizzare le diversità ed il contributo dei cittadini?
Mauro Previdi è persona aperta ed intellingente che ha condiviso fin dall’inizio anche le nostre posizione riguardo a questo tema. La sua è politica per servizio e la sua buona fede è dimostrata ancor di più dal suo impegno umanitario in Africa. E’ il soggetto politico ideale per comprendere la bontà sociale del percorso di Più Democrazia. In generale al di fuori di Previdi e di qualche altro consigliere, vedo molta superficialità, impreparazione e poca affinità alla fatica politica.
M5S esprime nelle intenzioni una potenzialità incredibile come movimento di rottura. E’ in questo senso che sostiene la democrazia diretta in contrapposizione totale al sistema. Fare politica significa però saper lavorare anche assieme a chi la pensa diversamente da te, significa rispetto per le posizioni altrui, significa capacità alla fatica dimostrata solo con la gavetta; nessuno inventa nulla ma ciascuno può contribuire.

A livello provinciale dopo aver presentato l’iniziativa in Prima Commissione lo scorso settembre, la proposta del nostro comitato è stata ignorata. Il rischio di un altro flop democratico come accaduto a Trento e Rovereto è evidente. Vista la situazione credi anche tu che sarebbe meglio lasciare che il ddl venga discusso nel corso della prossima legislatura?
Ora o dopo poco cambia, anche a livello provinciale sembra che solo la sensibilità del consigliere dei Verdi e democratici del Trentino, Roberto Bombarda, sia in grado di comprendere la grandiosa potenzialità democratica degli strumenti referendari. Confido che un forte cambiamento alla guida della nostra provincia possa, nella prossima legislatura, diffondere la percezione di quanto sia utile oggi che i cittadini riprendano in mano il controllo della loro sorte con i nostri strumenti.

Rivoluzione Civile sarà presente anche alle Provinciali? Se sì, avete in programma di inserire le proposte del ddl n.328 o parte delle stesse nel vostro programma? Eventualmente quali?
Rivoluzione Civile – Lista Ingroia è un nuovissimo soggetto politico che nasce da un’esigenza attuale, la scomparsa dei temi sociali, legali e ambientali dai tavoli operativi dei partiti. Il suo futuro non si conosce e sarà determinato in parte dall’esito alle prossime elezioni politiche; esito che si prospetta peraltro ottimo dalla lettura dei sondaggi di opinione. Posso garantire che la componente Verde di Rivoluzione Civile farebbe propria senza difficoltà la proposta del ddl n. 328 e conosciute le sensibilità delle altre componenti credo che nulla osti ad una completa condivisione nei progetti del gruppo.

I Verdi hanno dimostrato un interesse genuino per un miglioramento dei diritti politici dei cittadini (vedi Häfner a livello europeo, Dello Sbarba e Heiss in Alto Adige-Sudtirol, Bombarda in Trentino, etc.) considerando gli input provenienti dal basso come un elemento integrante della democrazia rappresentativa. Questo aspetto non risulta esplicitamente nel programma di Rivoluzione Civile se non per un vago accenno alla partecipazione ed alla democrazia. Giustizia e democrazia possono essere perseguite solo da soggetti con doti morali superiori al resto dei cittadini?
Il tema dei diritti politici legati alla democrazia diretta non risulta specificamente scritto per esteso nel programma di Rivoluzione Civile ma si rivela senza dubbio nella filosofia generale; ogni passaggio del programma è un inno alla rivalutazione della persona umana che non può prescindere dalla sua piena consapevolezza e controllo del suo presente e futuro.
E’ dimostrato ormai ogni giorno da scandali e ruberie legalizzate come sarebbe necessario dotare la classe politica di un passaporto di assoluta moralità ed etica. La fiducia nostra è assoluta perché riposta nel garante della coalizione. Antonio Ingroia ha trascorso una vita di lavoro mettendosi in gioco ogni giorno, a rischio della vita, nella lotta al cancro peggiore della nostra Italia, la criminalità organizzata.

Nel 1980 in Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti, Italo Calvino scriveva “…Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino a allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro centro di potere.
Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri…”
Sembra un passo scritto in questi giorni eppure è vecchio di 30 anni…

E’ la componente animalesca dell’homo homini lupus, dell’uomo che divora l’altro uomo, componente naturale dell’essere umano, oggi come ieri, qualora manchi la cultura della responsabilità. Responsabilità propria e riconoscimento responsabile di quella altrui; queste le soluzioni al problema, distanti anni luce dalla realtà della società italiana di oggi.

Nell’articolo Carnevalata elettorale, non cadere nella trappola pubblicato su Umanità Nova, Tiziano Antonelli sostiene come sia inutile votare poiché la possibilità per ogni lista di entrare in Parlamento è inversamente proporzionale alla sua rappresentatività dei movimenti. Rivoluzione Civile nasce da un malcontento popolare diffuso accorpando movimenti ed appartenenze ideologiche diverse. I propositi sono molto ambiziosi, tuttavia le possibilità che anche solo una piccola parte del programma venga realizzata sono quasi nulle. Puoi offrire delle motivazioni del perché un cittadino dovrebbe votare per Rivoluzione Civile sapendo che nulla (o molto poco) può fare nel contesto parlamentare italiano?
Non credo siano reali le affermazioni proposte nella domanda. Rivoluzione Civile è costituita da persone fortemente rappresentative e rappresentate nei movimenti ambientalisti e sociali del territorio. Persone che credono però non sia sufficiente la testimonianza ma sia necessario mettersi in gioco direttamente nella conduzione delle scelte amministrative; con la certezza di avere un ottimo riscontro elettorale.
Le appartenenze diverse si fondono piacevolmente senza difetto allorquando si citano i quattro principi coerenti con le storie di ciascuno: legalità, lavoro, ecologia, diritti umani.
Un cittadino deve votare Rivoluzione Civile – Lista Ingroia se ritiene necessario mantenere un baluardo che senza compromessi mantenga viva l’attenzione sui temi degli ultimi, dei deboli che costituiscono la componente in oblio nella società.

Le resistenze al cambiamento in Trentino ed in Italia sono forti. I politici attraverso norme da loro approvate senza che i cittadini possano opporsi chiedono rinunce alla famiglie. Però loro stessi non sono disposti a nessun sacrificio difendendo invece strenuamente la democrazia rappresentativa (ed in particolare i loro privilegi). Qual è la chiave di volta a tutto ciò?
Basta smettere di credere alle promesse ed ai buoni propositi. Forse non c’è speranza perché gli elettori cadono sempre nel tranello. E’ sufficiente leggere con attenzione il vissuto di chi si propone, sapendo cosa ha fatto e come si è distinto in tempi non sospetti.
Personalmente sono molto fiero di aver partecipato in piena consapevolezza e convinzione alla raccolta firme per la Proposta di Legge Costituzionale di Iniziativa Popolare “Quorum zero e Più Democrazia”. Mi sono impegnato per la proposta di abolizione del quorum referendario anche a livello nazionale. Ma due punti altrettanto qualificanti del DDL sono la revoca del mandato e l’indennità dei parlamentari decisa dagli elettori.
Nel primo caso si evita di dovere attendere sino a scadenza di mandato per sbarazzarsi di parlamentari che abbiano palesemente mancato la loro promessa elettorale. Avviene mediante una cospicua raccolta di firme nel collegio di pertinenza. E’ un istituto già previsto e già utilizzato in numerosi collegi ad esempio negli USA e in Sud America.
L’indennità di carica decisa dagli elettori è invece un istituto secondo il quale l’elettore, al momento del voto, determina anche l’indennità che secondo lui merita il deputato o senatore. La media delle scelte effettuate da tutti gli elettori determinerà l’indennità di ogni singolo parlamentare. Il cittadino “datore di lavoro” decide lo stipendio del suo “delegato”. Questa è vera democrazia.

La Bussola: un meritevole esempio di democrazia popolare

Articolo di Manuel Lorenzini sulla pagina web del Comitato La Bussola di AlaIn questi giorni di intensa campagna elettorale abbiamo avuto l’occasione di intervistare Corrado Pinter e Silvia Debiasi del comitato La Bussola. I due giovani cittadini di Ala hanno risposto a titolo degli altri membri del comitato utilizzando una metodologia collegiale per la definizione delle risposte.
Il comitato La Bussola nel 2009 è stato protagonista di una lodevole iniziativa popolare per introdurre delle modifiche alla legge elettorale della Provincia di Trento come possiamo leggere di seguito.

Alex: Quali sono le caratteristiche del comitato La Bussola e come è nato?
Corrado e Silvia:
Il gruppo “la Bussola” è un gruppo di giovani, provenienti per lo più dal comune di Ala, ormai ben consolidato da rapporti di amicizia oltre che politici, nato dal comune bisogno di creare uno spazio dove poter rappresentare le nostre idee di politica giovane.
NConsegna delle firme con Giovanni Kesslerel 2009 abbiamo depositato un disegno di legge sostenuto da 3417 firme per la modifica di due articoli della legge elettorale provinciale, al fine di ridurre sprechi e ipocrisie della politica provinciale.
Abbiamo poi proseguito presentando una lista di soli giovani alle elezioni del comune di Ala, dove la maggior parte di noi è residente. I nostri sforzi sono stati ampiamente ripagati con la vittoria del candidato sindaco che sostenevamo e l’elezione a Consigliere comunale di quattro dei nostri candidati, di cui due sono poi stati nominati Assessori.
La nostra attività si è poi concentrata sull’organizzazione di serate ed eventi volti a sensibilizzare e riavvicinare i cittadini alla Politica (con la P maiuscola), senza tralasciare le attività amministrative. Inoltre abbiamo contribuito a promuovere la democrazia diretta attraverso raccolte firme come l’abolizione del Porcellum e la vostra iniziativa popolare “Più democrazia in Trentino”.

Nel 2009 avete scritto una proposta di legge per l’eliminazione della porta girevole in Consiglio provinciale, come era nata l’esigenza di intraprendere un’iniziativa popolare di quel tipo?
Nel nostro disegno di legge non ci siamo solo limitati a proporre l’abolizione della porta girevole, che vedevamo come uno dei tanti punti deboli della democrazia provinciale.
Vedevamo anche nell’introduzione del limite dei due mandati ai Consiglieri Provinciali una spinta e un’opportunità per far tornare l’impegno politico agli albori, quando non era ancora un lavoro ma un mettersi al servizio della propria comunità per un determinato periodo, al termine del quale tornare poi ad occupare il proprio posto nella società. Riteniamo che nel corso di due legislature (10 anni) una persona abbia tutto il tempo necessario per offrire il suo contributo senza poi cadere nel quotidiano e senza dare per scontato il suo ruolo.
Un disegno di legge popolare ci sembrava lo strumento più efficace per poter proporre qualcosa di concreto con il sostegno dei cittadini.
L’iniziativa è nata da alcuni di noi che, delusi dai partiti e dal loro modo di intendere la politica locale, avevano tuttavia ancora la volontà di impegnarsi per la collettività.

Una volta costituito il gruppo promotore ci puoi dare una breve descrizione di come avete organizzato l’iniziativa?
L’ufficio legislativo del Consiglio provinciale ci ha aiutato nella scrittura del disegno di legge, e una volta ottenuti i moduli per la raccolta firme abbiamo provveduto a portarli nel maggior numero di uffici elettorali comunali e scritto via mail a tutti i consiglieri comunali e provinciali (ringraziamo ancora Emiliano per la paziente ricerca degli indirizzi e-mail di tutti gli oltre 300 Comuni del Trentino).
Le richieste sono state inviate senza distinzione di appartenenza politica, chiedendo quindi supporto nella raccolta firme e nell’autentica a tutti i rappresentanti politici dei vari Comuni. Come sapete bene le sottoscrizioni possono essere autenticate solo da personale autorizzato (sindaci, assessori e consiglieri comunali, funzionari comunali o provinciali autorizzati). In totale ventitré consiglieri e tre funzionari di 18 comuni diversi, regolarmente autorizzati hanno accettato la nostra richiesta di collaborazione e hanno contribuito nella raccolta firme a supporto dell’iniziativa.
Grazie anche al sito internet, ai social network, ai comunicati stampa pubblicati sui giornali e alla nostra newsletter abbiamo potuto pubblicizzare la proposta e nei numerosi banchetti organizzati nelle piazze, nelle manifestazioni popolari e nei supermercati nel corso dei tre mesi di raccolta firme illustravamo ai passanti la nostra proposta raccogliendo la maggior parte delle 3417 firme a sostegno della nostra iniziativa. Le firme raccolte provengono da cittadini residenti in 49 diversi comuni della nostra Provincia.
Con questa esperienza ci siamo accorti che per diffondere la proposta e sensibilizzare i cittadini è necessario non limitarsi a depositare i moduli negli uffici elettorali e nelle anagrafi dei comuni ma impegnarsi in prima persona, attraverso i banchetti di raccolta firme, per comunicare il messaggio. In questa maniera l’attenzione che si ottiene è  chiaramente maggiore e inoltre si ha modo di rispondere a possibili obiezioni e ricevere nuovi spunti. Le intere giornate di tempo libero sacrificate per questo scopo sono sempre state ampiamente ripagate.

Che ostacoli avete incontrato nel percorso che va dalla genesi alla presentazione finale della proposta? Sono stati maggiori quelli sostanziali relativi ai contenuti della proposta e di diffusione del messaggio ai cittadini o quelli burocratici relativi alla raccolta delle firme?
Il tempo è sicuramente limitante, soprattutto per un gruppo che, come noi, era sconosciuto ai più. Il numero di firme raccolto non rende forse merito all’interesse suscitato nelle persone che siamo riusciti a rendere partecipi nella raccolta firme.
Infatti, durante la raccolta firme, incontrando persone nelle piazze, nelle manifestazioni popolari o nei supermercati siamo rimasti colpi dal forte senso di sfiducia verso le istituzioni e dal conseguente bisogno di buona politica. La gente chiede alla politica fatti concreti e tangibili (specialmente durante un periodo di crisi economica come questo) ed è proprio questo che come persone impegnate in politica ci dobbiamo impegnare a fare. Atti magari semplici, ma che siano realmente utili alle persone.

Sulla base della vostra esperienza, cosa cambieresti dell’attuale legge 3 del 5 marzo 2003? Ed eventualmente cosa aggiungeresti?
Il momento della consegna delle firme a Palazzo Trentini, sede del Consiglio RegionaleCrediamo che buona parte delle proposte contenute nel ddl d’iniziativa popolare Più democrazia potrebbero migliorare l’attuale legge.
Oltre all’aspetto dei tempi ristretti di cui abbiamo parlato precedentemente, crediamo che per favorire la partecipazione del maggior numero di cittadini il Consiglio Provinciale, al momento dell’inizio dell’iter burocratico, dovrebbe informare obbligatoriamente tutti gli elettori dell’iniziativa, in modo da portarli così a conoscenza della proposta presentata, favorendo così la loro partecipazione.
Inoltre una semplificazione del procedimento di autentica delle firme farebbe risparmiare molto tempo sia ai comuni sia ai promotori.

A tuo avviso personale, quali sono le idee più innovative contenute nel ddl sostenuto da Più Democrazia in Trentino?
Lo scorso anno siamo stati contenti di poter dare una mano nella presentazione del ddl d’iniziativa popolare Più Democrazia. Alcune proposte contenute, come ad esempio l’introduzione di un limite massimo di due mandati per chi occupa cariche pubbliche, non possono che trovare il nostro pieno sostegno.
Crediamo poi che un sistema di voto elettronico e postale come quello proposto nel ddl, potrebbe essere la soluzione ad alcuni deficit di democraticità presenti in Trentino e non solo. Ci rendiamo conto che per essere fattibile, un sistema di voto elettronico e postale necessiti di un adeguato regolamento, ma se pensiamo al recente caso degli oltre 20mila studenti Erasmus italiani che non potranno votare alle prossime politiche non possiamo che augurarci che nel prossimo futuro venga predisposto un sistema di votazione come quello proposto nel ddl.

C’è qualcosa che non condividi? E perché eventualmente?
Non condividiamo ad esempio la proposta dell’istituzione del Consiglio dei Pritani e soprattutto la composizione casuale. Quest’organo é previsto con poteri consultivi, propositivi e persino con la possibilità di proporre mozioni di sfiducia, pertanto sceglierne casualmente (per sorteggio?) i membri non ci sembra una soluzione adeguata e garante della sua funzionalità. La legittimazione dell’organo stesso ne risentirebbe.

Se la vostra iniziativa fosse stata approvata nel 2009 anziché a fine del 2012 quanti soldi pubblici avremmo risparmiato? Avete mai provato a fare il calcolo?
L’abolizione della porta girevole permette di risparmiare alle casse provinciali circa 5 milioni di euro a legislatura, così abbiamo stimato.
Essendo che la nostra proposta e quella che poi è stata approvata recentemente ricadono all’interno della stessa legislatura, entrambe sarebbero entrate in vigore a partire dalla prossima. Pertanto dal mero punto di vista economico non cambia nulla (e di questo non possiamo che esserne felici) ma è evidente che quando nel 2009 sono stati i cittadini a proporre una soluzione la politica si è dimostrata sorda, proponendo però poi la medesima cosa soltanto tre anni dopo.

Sulla pubblicazione Cronache del Consiglio Provinciale di novembre, è stato fatto solo un accenno marginale all’iniziativa popolare sostenuta dal comitato La Bussola. Si è parlato di voi in una citazione nella descrizione cronologica dell’istituto della porta girevole che andava dalla sua ideazione alla sua eliminazione. Non credi che avrebbero dovuto sottolineare il merito per quanto dei liberi cittadini avevano proposto già 3 anni fa?Convegno 2010
Nello specifico della questione la sconfitta della politica sta proprio in questo, ovvero nell’arrivare dopo l’iniziativa dei cittadini, da loro stessi frettolosamente liquidati, dimostrando così un ritardo nel capire le esigenze del territorio delle quali dovrebbero essere le guide. Probabilmente nel momento della recente abolizione i politici di professione han preferito non ricordarsi della nostra iniziativa.

Avete mai provato ad analizzare l’attività politica sostanziale dei ripescati con il meccanismo della porta girevole? Dovendo fare un’analisi costi-benefici se da un lato c’è stato un esborso finanziario forse dall’altra i consiglieri che hanno sostituito gli assessori hanno dato un valore aggiunto in termini di idee, proposte e controllo dell’attività dell’esecutivo. E’ possibile?
Analizzando i fatti, fino al 2003 gli Assessori provinciali ricoprivano anche la carica di Consigliere. La porta girevole fu introdotta per alleggerire il loro lavoro e favorire i lavori in aula. Nelle due legislature in cui è stata in vigore però non ci sembra che con la presenza dei consiglieri supplenti i lavori dell’aula siano migliorati in maniera tale da giustificare il costoso meccanismo della porta girevole.
Ma quello che noi riteniamo il vero male della porta girevole è un altro e non si limita al costo (se pur eccessivo) dei consiglieri supplenti. Cancellando la porta girevole proponevamo di abolire l’incompatibilità tra la carica di Consigliere Provinciale e la carica di Assessore Provinciale. Infatti la norma prevedeva (ora è stata modificata) che il Presidente, eletto a suffragio universale diretto, nominasse un numero massimo di otto Assessori e soprattutto che le funzioni di Assessore fossero incompatibili con l’esercizio delle funzioni di Consigliere. In tali casi, continuava la norma, il Consigliere nominato Assessore era sospeso dalla carica per la durata dell’incarico ed il suo seggio era provvisoriamente assegnato al primo dei non eletti della sua lista. Ritenevamo che questa norma diversa da quella applicata nei comuni con più di 15.000 abitanti rendesse instabile il quadro istituzionale provinciale, in quanto il Consigliere a cui era provvisoriamente assegnato il seggio in Consiglio, nella sua condizione di “precarietà” non si trovava nelle condizioni di operare in modo imparziale e libero da ogni forma di condizionamento esterno.
La domanda che ci ponevamo era questa: quanti consiglieri supplenti hanno votato contro a proposte avanzate dall’assessore che, se sfiduciato, sarebbe tornato tra i banchi del Consiglio proprio al loro posto?

Qualora l’iniziativa popolare promossa da Più Democrazia in Trentino venisse tramutata in legge, in che modo e con quali tempi credi che la proposta del ddl possa cambiare il futuro dell’assetto democratico in Trentino?
Sicuramente una legge da sola non può cambiare il livello di democrazia della nostra Provincia. Occorre che essa sia accompagnata dall’impegno di noi cittadini, soprattutto quando si parla di democrazia partecipata. Sicuramente strumenti come il referendum propositivo, inseriti nella proposta, permetteranno i cittadini di influenzare maggiormente le azioni e le politiche di chi governa il nostro territorio.

A parte il costo collettivo per i consiglieri che sono entrati in Consiglio con il meccanismo della porta girevole, i partiti che ne hanno beneficiato hanno avuto anche una sovraesposizione nelle istituzioni provinciale che ha permesso di concentrare e consolidare il loro potere? Come interpreti la scelta di eliminare il meccanismo a pochi mesi delle elezioni?
Rispondendo alla seconda domanda, eliminare il meccanismo a pochi mesi dalle elezioni è un chiaro atto propagandistico, vista l’enorme sfiducia di noi cittadini verso la politica.
Per quanto riguarda la prima domanda, senza fare nomi e cognomi, nelle elezioni del 2008 il Patt ha ottenuto tre rappresentanti, che grazie alla porta girevole, sono diventati cinque, grazie alla nomina ad Assessore di due degli eletti con questo partito. In questo modo, i rappresentanti di questo gruppo nell’istituzione sono quasi raddoppiati, con benefici sia economici che di visibilità politica.

Elisa Filippi: le giustificazioni a favore della democrazia rappresentativa

Dopo il post di Stefano Longano che fa il punto sullo stato di arretratezza delle norme sui referendum in Trentino, pubblichiamo le risposte appena ricevute da Elisa Filippi a seguito di un’intervista inviatale il 6 gennaio scorso. Filippi, candidata alla Camera fra i ranghi del Partito Democratico dopo essersi posizionata seconda alle primarie trentine di dicembre, ci tiene a sottolineare come “le risposte naturalmente riflettono solo il mio personale punto di vista, non quello del Partito nella sua totalità.”
Elisa FilippiPer colmare questa mancanza, nei prossimi giorni confidiamo di ricevere anche le risposte del segretario provinciale del PD, Prof. Michele Nicoletti. Nella nostra intervista avevamo infatti cercato di indurlo ad esplicitare le motivazioni delle resistenze del partito alle riforme sui diritti politici in Trentino.
Nell’attesa di conoscere la linea ufficiale del partito condividiamo il pensiero di Elisa Filippi:

Introduzione alle domande
Nei primi mesi di quest’anno riprenderà la trattazione in Prima Commissione sul ddl di iniziativa popolare n.328 “Iniziativa politica dei cittadini. Disciplina della partecipazione popolare, dell’iniziativa legislativa popolare, dei referendum e modificazioni della legge elettorale provinciale”, e dei ddl di iniziativa consiliare n. 98, 222, 233, 297, 305, 328 e 330/XIV.
Il Disegno di iniziativa popolare promosso dal Comitato “Più Democrazia in Trentino” ha ricevuto il sostegno di oltre 4.000 cittadini della Provincia di Trento. Alla luce del risultato delle recenti Primarie, che La vedono come probabile futura Deputata della Repubblica, il Comitato desidera conoscere la Sua opinione riguardo al tema della democrazia diretta.
Di seguito alcune domande cui La preghiamo di rispondere; le Sue risposte saranno poi pubblicate sia sul blog del Comitato che sulla pagina Facebook. Per completezza e volontà di trasparenza La informo che in contemporanea sottoponiamo un set di quesiti analoghi anche a Michele Nicoletti, Segretario del Partito Democratico del Trentino e futuro Parlamentare. Grazie sin d’ora per la disponibilità

Alex: Nonostante le nomine per le candidature siano state criticate da molti, a livello concettuale il Partito Democratico ha dato un buon esempio lanciando le primarie. Purtroppo però – citando Gad Lerner “il vertice del Pd per due elezioni di fila (2006 e 2008) ha usufruito del Porcellum per compilare liste di nominati come gli altri partiti. Inoltre il Pd non ha appoggiato come sarebbe stato necessario il referendum abrogativo del Porcellum, in quanto sperava di mettersi d’accordo con Casini per una svolta proporzionale foriera di governi nati da intese parlamentari”. Non trova tutto ciò un po’ contradditorio? Sembra che la democrazia faccia comodo solo quando i risultati siano prevedibili …
Filippi:
Personalmente considero la modifica della legge elettorale una priorità assoluta, uno dei primi provvedimenti da adottare qualora fossi eletta. Detto ciò, il Porcellum , sul quale ho un giudizio fortemente negativo, avrebbe comunque potuto dare la possibilità alla politica (ai partiti) di rinnovarsi. Es. regolamenti interni dei partiti x determinare requisiti x entrare nelle liste (genere/età/fedina penale…). Con le precedenti leggi in cui valeva principio di nominatività, il Popolo ha eletto Salvo Lima, Marcello Dell’ Utri, Clemente Mastella etc. Il PD ha sfruttato da parte sua questa possibilità e in queste ultime Primarie/Parlamentarie ha prodotto il più incisivo rinnovamento della storia repubblicana. Proponendo volti nuovi e nuovissimi (+ donne) nelle parlamentarie e adottando un severo codice etico. Niente di paragonabile con gli altri Partiti che oggi affrontano la medesima competizione elettorale.
Rispetto al referendum. Personalmente ero favorevole al referendum, tuttavia la sua inammissibilità era molto probabile come la sentenza della Corte ha dimostrato. La soluzione più razionale era quella di trovare accordo in Parlamento. Nelle democrazie che presuppongono una società articolata, complessa e tendente alla specializzazione dei ruoli sociali come la nostra atti legislativi fondamentali come quelli che contengono la disciplina di elezione dell’organo Costituzionale più importante devono esser decisi in Parlamento.
Inoltre l’art.72 della Costituzione prevede che la legge in materia elettorale è coperta da “riserva di assemblea” quindi può essere approvata solo con procedimento ordinario (per commissione referente) e non possibile con procedimenti alternativi (per commissione deliberante o redigente).

2 – Alcuni – pochi per fortuna – credono che l’unico modo di fare politica sia all’interno di un partito. Come dire che per andare a nuotare in piscina un cittadino si debba necessariamente iscrivere ad una società sportiva. Non sarebbe un vantaggio anche per i partiti (in questo caso per il Pd) conciliarsi con la volontà del popolo e con lo spirito del nostro tempo in un cammino di comprensione reciproca?
Personalmente sono convinta che il ruolo dei Partiti così come previsto in Costituzione sia fondamentale e abbia mostrato propria importanza nel reggere la coesione sociale del Paese in momenti in cui esso attraversava momenti difficili (penso al dopoguerra, ma anche agli anni del terrorismo). Certamente negli ultimi anni abbiamo assistito ad una degenerazione del ruolo dei partiti, della gestione interna e soprattutto del rapporto con l’elettorato. Spesso la classe politica e dirigente ha dato il peggio di se, e i partiti erano i luoghi della cooptazione piuttosto che della scelta, della formazione e dell’elaborazione politica. In conformità ai bisogni e alle esigenze della società in cui viviamo considero che i partiti debbano impegnarsi al massimo per aprirsi alla società, alla partecipazione delle cittadine e dei cittadini.
Evitiamo di costruire recinti e apriamo le porte alle istanze della società per una contaminazione positiva e virtuosa., un arricchimento reciproco.

3 – Il ddl promosso da Più Democrazia in Trentino è stato pensato per integrare le mancanze della democrazia rappresentativa e non certo per sostituirla. Qual è a Suo avviso l’aspetto più avvincente della proposta popolare?
Personalmente trovo che di per se la mobilitazione messa in atto dalla formulazione di questa proposta popolare sia di per se un aspetto avvincente. In un momento in cui la politica fatica ad essere considerata patrimonio comune, questa iniziativa testimonia un nuovo approccio, un nuovo desiderio da parte dei cittadini di contare e di partecipare alla gestione della res publica. In riferimento ai diversi punti proposti credo sia simbolicamente interessante il punto che prevede la cessazione del trattamento economico dei consiglieri che non acconsentono alla pubblicazione della loro situazione patrimoniale. E’ un provvedimento molto semplice, ma eticamente doveroso e di alta valenza simbolica in un momento come quello attuale.

4 – Una giustificazione classica degli oppositori alla democrazia diretta è che il “popolo” è incompetente e quindi non è in grado di riconoscere il bene comune. Nell’era dell’istruzione universale e dell’information technology non Le sembra una giustificazione priva di fondamento?
Sono convinta che un dovere etico e politico di ogni rappresentante politico sia quello di veicolare una corretta e trasparente informazione rispetto ai lavori parlamentari. Per questo impegnerò qualora dovessi essere eletta in Parlamento. Le persone oggi giorno possono certamente accedere a molte informazioni, anche se spesso nel vasto panorama offerto anche da internet può risultare non sempre semplice distinguere l’informazione corretta da quella parziale o faziosa. Allo stesso tempo è indubbio che le persone al giorno d’oggi hanno molte opportunità di essere informate e che ttalvolta utroppo, come avvenuto in passato, casi di incompetenza vera si trovavano piuttosto tra chi sedeva in Parlamento!

5 – Un’altra considerazione dei detrattori della democrazia diretta – ad esempio all’interno del Consiglio Comunale di Trento a maggioranza Pd – è che l’eliminazione degli ostacoli eccessivi per la raccolta delle firme e dei termini di raccolta troppo brevi porterebbe “fisiologicamente” i cittadini ad abusare di questo  strumento e ad avanzare proposte dai contenuti insignificanti. Oltretutto, come forse Lei già sa, anche il Comune di Rovereto (Sua residenza) a breve delibererà in Consiglio su questo tema (e ci piacerebbe sapere come il PD in quella sede intende procedere … ).
Non Le pare che una siffatta posizione sia arrogante e poco democratica? Le proposte dei cittadini non dovrebbero essere accolte con entusiasmo?
Dal mio punto di vista il tema si regge su un equilibrio molto delicato. Da una parte l’art1 Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo, ma la esercita nelle forme e limiti della Costituzione e questa (cioè il rispetto della disciplina del referendum abrogativo) è esplicazione di una forma/limite. Da un punto di vista politico, attribuisco notevole importanza all’iniziativa dei cittadini, che a mio avviso, andrebbero consultati più spesso ed in modo più strutturato avviando percorsi di partecipazione attiva: es. percorsi animati da professionisti per la redazione di un bilancio sociale, bilancio di genere, e percorsi di consultazione su temi importanti ad esempio l’utilizzo o la destinazione d’uso di determinate aree.

6 – I partiti politici nella Costituzione italiana sono nominati solo art.49 eppure hanno sostanzialmente monopolizzato il potere lasciando uno spazio esiguo alla democrazia diretta, modalità di espressione più vicina al concetto di volontà popolare (art. 1). I risultati di tale situazione sono stati nefasti soprattutto negli ultimi anni quando la classe politica antifascista è stata sostituita con una classe politica ambiziosa ed egoista con uno scarso interesse verso il bene collettivo. Non dovremmo sforzarci maggiormente per integrare la democrazia rappresentativa con la democrazia diretta?
Riprendo le considerazioni espresse nella domanda numero 2.

7 – I voti dei cittadini che non si recano alle urne per le elezioni non incidono per nulla nel conteggio delle preferenze. A fini elettivi i non votanti sono considerati d’accordo con la maggioranza. Questo non avviene con il referendum con il quorum dove i non votanti vengono assimilati ai contrari. Come interpreta questo diverso modo di ‘contare’ i voti?
Le elezioni sono convocate dal Presidente della Repubblica in carica che chiama il popolo ad esercitare la propria sovranità nell’eleggere i propri rappresentanti. In questo il grado partecipazione al voto non può essere considerato come elemento invalidante le elezioni.
La previsione del quorum di partecipazione per l’approvazione popolare di una proposta referendaria di tipo abrogativo è incardinata nell’assetto costituzionale che prevede la “supremazia” della democrazia rappresentativa, ovvero quella che si esprime nel momento delle elezioni come detto prima. In questo senso la legge del Parlamento può essere abrogata dall’intervento popolare, ma questo non può essere l’intervento di una maggioranza popolare qualsiasi, bensì di una maggioranza qualificata.
Altrimenti si potrebbe assistere al paradosso di vedere abrogata una legge con da una minoranza (es.30%aventi diritto), mentre quella legge è stata emanata da un Parlamento eletto da una maggioranza (es.70%aventi diritto al voto).

8 – In Trentino Alto Adige – Südtirol sono state raccolte più di 13.000 firme (circa il 27% del totale delle firme raccolte) a sostegno dell’iniziativa popolare di modifica costituzionale lanciata dal comitato Quorum Zero e Più Democrazia, iniziativa in attesa di essere discussa dal Parlamento. Qual è la posizione del Pd trentino in riferimento a questa dimostrazione di impegno civico a livello locale?
Credo sia opportuno che a questa domanda risponda in modo autorevole il Segretario del PDT Michele Nicoletti candidato alla Camera.

9 – Il voto popolare potrebbe favorire riforme di importanza cruciali che la democrazia rappresentativa non è in grado di portare a termine. I gruppi di potere e le lobby sono un freno notevole non solo alla partecipazione dei cittadini, ma anche alla possibilità di riformare il sistema. Questo avviene palesemente in Trentino, in Italia e nel resto del mondo. L’esempio più evidente sono le riforme a livello federale negli Stati Uniti d’America dove le riforme proposte da Obama sono state svilite da una serie di ricatti e compromessi al ribasso. Secondo Lei come si può riformare il sistema per attuare le riforme chieste e votate direttamente dei cittadini nell’interesse dei cittadini?
Se la democrazia rappresentativa può essere ostaggio di interessi contrastanti, più o meno trasparenti anche la democrazia diretta può essere oggetto di molte manipolazioni (e.g. scarsa o mala informazione, campagne che fanno leva sull’emotività e non sui fatti). La democrazia rappresentativa premia le responsabilità nel rapporto eletto/elettore che è esercitata a intervalli regolari. Errori ed omissioni possono essere corretti o colmati. La democrazia diretta – espressione del popolo sovrano – è elemento importante per temi di coscienza, grandi temi di società, ma non può sostituirsi al processo di mediazione politica necessario affinchè nelle società complesse si arrivi alla sintesi migliore tra una varietà di interessi convergenti. A volte la classe politica ha anche saputo andare al di la dei sentimenti contingenti della popolazione per scelte di grande civiltà: penso all’abolizione della pena di morte in Francia nel 1981 ad opera della sinistra mentre l’opinione pubblica era ancora maggioritariamente in favore della pena di morte. In Italia grande battaglie civili sono state vinte grazie al ricorso alla volontà popolare. Temi troppo tecnici o la cui soluzione non possa essere proposta in modo binario (sì vs no) secondo me si prestano poco alla democrazia diretta. La quale resta comunque uno strumento irrinunciabile ma che non può sostituirsi alla responsabilità dell’eletto di rappresentare i migliori interessi dei cittadini ed ai cittadini/elettori di esercitare il loro diritto/dovere di controllo sugli eletti ed eventualmente di sanzione con la non rielezione.
Teniamo anche conto che gli strumenti di partecipazione diretta alla democrazia sono delicati e i importanti ed una loro generalizzazione ne sminuirebbe il significato. Le percentuali di partecipazione ai referendum sono andate via via abbassandosi e negli ultimi anni spesso non si è raggiunto quorum (http://it.wikipedia.org/wiki/Consultazioni_referendarie_in_Italia) svilendo cosi l’importanza e la ‘sussidiarietà” dello strumento diretto e mettendone a rischio la legittimità e l’efficacia.