I consigli comunali di Trento e Rovereto rifiutano di adeguarsi agli standard europei di democrazia

image_galleryLa prima cosa che si legge di un articolo è il titolo, e i giornali lo sanno bene. Siamo così abituati a vedere titoli eclatanti che poi non corrispondono al contenuto. In questo caso in realtà avviene forse il contrario. Si potrebbe dire che non solo si rifiutano di adeguarsi, ma probabilmente li ignorano completamente. Recentemente, il 5 Dicembre 2012 per Trento e il 15 Gennaio 2013 per Rovereto, i consigli comunali delle due maggiori città della nostra provincia hanno avuto l’opportunità, su sollecitazione dei cittadini, di abolire i quorum per i referendum municipali. Continua a leggere

Fare per Fermare il Declino e la democrazia diretta secondo Tiziano Franceschini

Tiziano FranceschiniProsegue la nostra serie di interviste che hanno il fine di esplicitare le posizioni di cittadini, rappresentanti politici ed aspiranti tali sulle istanze contenute nel disegno di legge di iniziativa popolare promosso da Più Democrazia in Trentino. Questa volta è il turno di Tiziano Franceschini, coordinatore regionale di Fare per Fermare il Declino, movimento che ha come leader Oscar Giannino.
Tiziano, esperto in gestione d’impresa e consulente nell’ambito della formazione a livello locale, racconta di aver preso la scelta di dedicarsi alla politica attiva dopo la grande delusione della mancata rivoluzione liberale della cosiddetta seconda repubblica.

Alex: Il programma del vostro movimento è molto semplice ed è diviso in 10 interventi per stimolare la crescita. Tale programma propone una ricetta di politica economica liberista per far uscire l’Italia dall’impasse in cui si trova. Come pensate invece di affrontare la questione etica?
Tiziano:
Tanto per cominciare, dobbiamo dire che non esiste “la” questione etica, ma “molte” questioni etiche, dal fine vita all’aborto, giusto per citarne due. Il nostro programma è molto concreto e tralascia volutamente le questioni etiche per due ragioni principali. La prima è che siamo un movimento liberale, e non crediamo nello “Stato Etico”. La seconda è che siamo di fronte ad una emergenza economica di tale proporzioni, che crediamo che ora sia il momento di “fare” qualcosa per essa, che sia necessario unirsi per far fronte ad essa, a prescindere dalle nostre convinzioni etiche, religiose, filosofiche.

L’ultimo intervento del vostro programma prevede l’introduzione di un vero federalismo. E’ noto come in una società federalista, al contrario di una società regolata dal principio della sussidiarietà, sia il cittadino colui che decide cosa delegare ed a chi delegare. Questo significa che siate a favore anche di un rafforzamento del livello di democrazia diretta come peraltro accade in stati federali come USA o Svizzera?
Contesto l’affermazione che il federalismo sia antitetico ad un principio di sussidiarietà, credo anzi che proprio un buon federalismo (come quello che abbiamo in programma e che si base sulla forte autonomia degli enti locali, connessa però ad una effettiva responsabilità dei capitoli di spesa, e con una quota delle entrate riservata alle esigenze nazionali ed alla ridistribuzione per le aree povere) sia un ottimo modo per avere vera sussidiarietà, da non confondere con l’assistenzialismo.
In generale siamo favorevoli al rafforzamento degli strumenti di democrazia diretta, vanno ovviamente valutati nello specifico.

A partire dalla fine degli anni ‘80 la Lega Nord ha proposto con vigore una soluzione federalista. Nonostante ciò pur avendo avuto un significativo sostegno popolare ed essendo stata al governo per anni, i risultati conseguiti non hanno per nulla risposto alle aspettative iniziali. A conferma di una simile teoria anche Giuliano Amato ha recentemente espresso il suo parere in un editoriale su Il Sole 24 Ore intitolato “Senza virtù regionalismo vano”. Vista la situazione, come credete di riuscire a dare avvio ad una riforma di una simile portata come quella federalista? Come pensate di coinvolgere i cittadini in un cambiamento così radicale?
Personalmente credo che il coinvolgimento dei cittadini non sarebbe un ostacolo, credo invece che ormai larga parte della popolazione sia convinta che il federalismo ed i suoi principi base (o l’autonomia, come si preferisce chiamarla qui da noi) siano fortemente radicati, soprattutto nel nord. Il problema fondamentale è stato la delega di poteri e competenze, senza dare responsabilità effettiva sulle spese e la gestione dei servizi. Se la sanità è regionale, per esempio, allora deve esserci un capitolo di tasse regionali a copertura. La copertura non può dipendere da una distribuzione fatta a livello centrale, secondo parametri storici che fotografano gli sprechi anziché lo stato dei servizi, e con i politici locali completamente irresponsabili di fronte all’eventuale dissesto, con lo Stato (e quindi le altre regioni) che poi devono coprire i buchi. Questa non è sussidiarietà, questo è far festa con i soldi degli altri. Sussidiarietà è invece destinare il 10% di tutte le tasse raccolte in tutte le regioni a progetti di sviluppo nelle aree più povere, infrastrutture ad elevato impatto per la crescita in primis. La spesa corrente ed i dipendenti pubblici devono invece essere coperti dalle tasse locali, senza ulteriori necessità di trasferimenti.

In qualità di coordinatore regionale del movimento di Fare per Fermare il declino, ti sei trovato ad affrontare la questione posta nel disegno di legge di iniziativa popolare provinciale n° 328/XIV promosso dal comitato Più Democrazia in Trentino? Se sì, qual è la vostra posizione in merito?
Non mi sono trovato ad affrontare tale questione, sia perchè il mio impegno come coordinatore è estremamente recente (abbiamo organizzato il partito dal nulla in 2 mesi!), sia perchè questa, come altre questioni, le analizzeremo dopo le elezioni politiche, nell’elaborazione di un programma per le provinciali. Sono però a conoscenza dell’iniziativa. Pur non avendo avuto modo di approfondire nel dettaglio tutti gli aspetti del disegno di legge (per cui mi riservo una valutazione complessiva), da parte mia c’è piena condivisione del tema centrale dell’abolizione del quorum per i referendum. Credo, molto semplicemente, che chi va a votare si assume l’onere della scelta per chi non ci va. Nel momento in cui un referendum, anche attraverso la raccolta firme, ha dimostrato di avere alle spalle un movimento di cittadini interessati al tema, il suo esito deve essere rispettato. Oltretutto, con l’abolizione del quorum, sono convinto che si eliminerebbe anche il problema della bassa affluenza, spesso indotta.

Anche con una legge elettorale studiata nel dettaglio non si potrebbero risolvere i persistenti problemi generati della democrazia rappresentativa come ad esempio corruzione o clientelismo. Non sono pochi coloro che affiderebbero le soluzioni più spinose alla demosortecrazia. In Australia, ad esempio, sono state indirizzate brillantemente politiche urbane e di trasporto pubblico con questa tecnica mentre nel ddl n°328 abbiamo proposto l’istituto dei pritani. In che contesto faresti ricorso all’istituto dei pritani?
Sono d’accordo sul fatto che corruzione e clientelismo non dipendano in modo diretto dalla legge elettorale. Credo piuttosto che “l’occasione fa l’uomo ladro”. Quello che avrebbe bisogno questo paese è semplicemente un taglio drastico di tutte le possibilità di corruzione e clientelismo che vengono offerte alla politica. Come? Privatizzando, dismettendo, liberalizzando. Faccio un esempio: privatizzare la RAI significherebbe liberare i contribuenti dell’onere di dover sostenere i suoi debiti, ampliare il perimetro del libero mercato e della concorrenza in Italia, togliere alla politica la possibilità di corruttele e clientele.
I pritani possono essere un mezzo per ampliare la democrazia diretta in certi contesti, ma non credo che siano la giusta risposta per la corruzione.

La normativa nazionale sulla raccolta firme e sulla democrazia diretta in Italia disattende clamorosamente le raccomandazioni di un’organizzazione internazionale come il Consiglio d’Europa. Come pensate di rimediare a tale mancanza?
Ci siamo appena scontrati con la normativa per la raccolta firme, a dir poco ottocentesca!  Non abbiamo come movimento elaborato una piattaforma programmatica su questo punto, ma sicuramente c’è da semplificare ed aggiornare alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie!

Al pari del M5S di Grillo, anche Fare per Fermare il Declino propone la completa sostituzione della classe politica. Qualora questo obiettivo fosse raggiunto, qual è la garanzia che la nuova classe dirigente si comporti in modo consapevole e lungimirante? Che meccanismi pensate di introdurre per garantire un corretto ed equilibrato funzionamento del sistema?
Una sola parola: trasparenza. Non è possibile garantire la selezione ex-ante, ma è possibile dissuadere i comportamenti inaccettabili, grazie alla trasparenza ed ai controlli ex-post.

Una delle giustificazioni utilizzate degli oppositori alla democrazia diretta è di considerare il popolo incompetente e di non essere in grado di riconoscere il bene comune. Questo è quanto emerso nei Consiglio comunali di Trento e di Rovereto nel corso delle recenti discussioni per l’eliminazione del quorum nei referendum locali e per la riduzione degli ostacoli alla raccolta delle firme per promuoverli. Nell’era dell’istruzione universale e dell’information technology non ti sembra un’affermazione arrogante ancor prima che priva di fondamento?
Sicuramente credo che il popolo non sia affatto incompetente e che anzi, spesso capisca certe situazioni meglio di chi lo governa. D’altra parte credo anche che gli strumenti di democrazia indiretta siano importanti, perchè garantiscono, soprattutto quando funzionano in modo corretto e virtuoso, stabilità  e selezione di una classe dirigente competente. Non credo affatto a suggestioni neo-proletarie del tipo “le casalinghe e gli operai al potere”. La società è complessa, gestire la macchina dello stato richiede competenze, ed è anche necessario affidarsi a persone competenti che sappiano dominare la complessità. Gli strumenti di democrazia diretta sono d’altro canto essenziali, per portare avanti istanze a cui la classe politica non dà risposte, oppure su temi specifici, che non facevano magari parte dei programmi dei partiti eletti, e sui quali è bene che si esprimano direttamente i cittadini. Questo discorso, non per dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, ma per ribadire che credo occorra assoluto equilibrio tra le due forme.
Sono assolutamente a favore dell’iniziativa Quorum Zero, mentre ritengo importante la presenza di forme di “sbarramento” per evitare un abuso di questi strumenti anche da parte di chi non ha alcun seguito nella società civile. L’obbligo di raccolta firme nasce storicamente proprio con questo intento, ma credo, come detto prima, che vada aggiornato nelle procedure alle nuove tecnologie. E’, ad esempio, ridicolo nel 2013 dover andare in ogni comune della provincia (per non parlare della numerosità di questi comuni, ma qui apriremmo un altro capitolo…) per raccogliere i certificati elettorali cartacei. Possibile che non esiste modo di averli centralizzati e via web?!

In Trentino Alto Adige – Südtirol sono state raccolte più di 13.000 firme (circa il 27% del totale delle firme raccolte) a sostegno dell’iniziativa popolare di modifica costituzionale lanciata dal comitato Quorum Zero e Più Democrazia, la quale è in attesa di essere discussa dal Parlamento. Questa risulta essere una delle proposte più votate anche sul sito Agenda Monti. Qual è la posizione di Fare per Fermare il Declini in riferimento a questa dimostrazione di impegno civico a livello locale che si proietta con forza a livello nazionale?
Non possiamo che essere felici dell’impegno che i nostri concittadini dimostrano a livello locale. D’altro canto anche il nostro movimento sta sperimentando proprio tale entusiasmo e coinvolgimento nelle varie iniziative che organizziamo, che in parte smentiscono l’immagine dei trentino e altoatesini come “orsi” che difficilmente si espongono.

Jacopo Zannini: una visione olistica su democrazia e partecipazione

Jacopo ZanniniIn questa intervista è stato il portavoce del circolo Trento di Sinistra Ecologia e Libertà, Jacopo Zannini, a rispondere alle nostre domande. I concetti proposti da Jacopo ci offrono nuovi spunti di riflessione su democrazia e partecipazione poiché considerano realtà geografiche lontane dalla nostra ed epoche storiche che hanno preceduto l’attuale.
Jacopo Zannini ha studiato Scienze Antropologiche alla Facoltà di Lettere e Filosofia a Bologna, e Antropologia della Contemporaneità a quella di Modena e Reggio Emilia. Dopo un’esperienza sul campo in Venezuela di 4 mesi nel 2008 in cui ha analizzato esperienze di partecipazione e conflitto dei Consejos Comunales, ha continuato a maturare interesse per tematiche come partecipazione, conflitto e cooperazione sociale.

Alex: Nella tua esperienza a Cumanà in Venezuela (link a piè di pagina) hai osservato l’attività dei Consejos Comunales istituiti da Chavez. Dal tuo articolo sul sito Cartografare il presente emerge un quadro piuttosto “confuso” della situazione. I Consejos sono un’idea buona per coinvolgere i cittadini e le famiglie dimostrano molto entusiasmo, tuttavia l’ascolto da parte delle autorità è scarso e le dinamiche clientelari tipiche dei partiti al governo sono la normalità. Tutto il mondo è paese?
Jacopo: A volte dicendo che “tutto il mondo è paese” si corre il rischio di fare della semplificazione, ma in effetti alcune dinamiche sociali e politiche anche geograficamente agli antipodi posso mettere in evidenza i limiti che la democrazia rappresentativa sta vivendo, oramai da decenni in tutto il mondo. L’esperienza dei Consejos Comunales venezuelani è stata pensata proprio per valorizzare percorsi partecipativi che spingano i cittadini a occuparsi in prima persona o a influenzare la cosa pubblica. Potremmo dire che la sorgente di questo esperimento è stato il percorso nato con l’esperienza del Social Forum di Porto Alegre, in cui il governo venezuelano ha avuto un forte protagonismo. E’ pur vero che comunque in Venezuela la pratica clientelare anche dopo anni da cui sono stati istituiti i Consejos, come evidenzio anche nella mia etnografia, è molto forte, ma la spinta popolare al cambiamento è comunque interessante. Si può dire che nello stendere la “ley de los Consejos Comunels” lo Stato venezuelano abbia guardato più avanti di altri.
Ma torniamo al panorama mondiale.
Le prime avvisaglie della crisi democratica planetaria sono arrivate dal movimento nato a Seattle alla fine degli anni novanta, movimento che contestava la globalizzazione neoliberista come forma attraverso cui l’economia globale stava trasformando i cittadini del mondo, specialmente quelli dei paese più poveri in sudditi, distruggendo i loro sistemi economici e l’ambiente. Dopo quasi tre lustri e con l’arrivo della crisi strutturale dell’occidente le avvisaglie e le critiche dei movimenti no-global si sono rivelate degli avvertimenti saggi. Così  è arrivato in Europa il regime di austerity che stiamo vivendo e con la crisi economica, il livello democratico ne risente sempre di più. Lo stiamo vedendo anche nel nostro paese che ha inaugurato e consolidato la stagione del “ montismo” l’austerity in salsa italiana. Anche nel nostro paese in risposta a questa crisi oramai chiara sono nati movimenti che stanno tentando di coinvolgere maggiormente i cittadini nelle scelte della politica, insomma la democrazia partecipativa e quella diretta sono sempre più un fetta importante delle proposte d’alternativa di movimenti e percorsi politici che vogliono cambiare il distruttivo modello di società e di economia che viviamo.

Negli ultimi 20 anni seppur con molte contraddizioni e con tensioni dovute alle lotte per il controllo delle risorse petrolifere il Venezuela ha avviato un cammino verso una democrazia sociale e partecipativa. Se a livello locale sono stati istituiti i Consejos Comunales a livello nazionale si sono susseguiti referendum costituzionali, il fallimento di un colpo di stato militare, un referendum indetto per revocare il mandato del Presidente Chàvez ed altro ancora. Una serie di trasformazioni piuttosto impetuose. A distanza di 4 anni come valuti la tua esperienza nel paese di Simòn Bolivar?
E’ stata un’ esperienza che ha sicuramente segnato la mia visione della politica, mi ha  portato a confrontarmi con le reali aspettative di una spinta popolare al cambiamento; al tempo stesso però mi fatto analizzare e toccare con mano le barriere burocratiche e culturali che il capitale sociale e relazionale di una comunità deve vincere quando cerca di produrre “cambiamento”. E’ stata inoltre un’esperienza che mi ha avvicinato maggiormente alla politica intesa come valorizzazione della relazione, come condivisione e come patto sociale che nasce da percorsi tracciati collettivamente.
La crescita democratica sviluppatasi in Venezuela con l’avvento di Chavez è infatti innegabile, ma certo questa deve essere vista come un punto di passaggio, verso  una maggiore consapevolezza e democrazia in un paese che per troppo tempo è stato trattato come  la “depandace petrolifera” degli Stati Uniti.
Chavez nelle sue vittorie ha cavalcato sicuramente anche un nazionalismo “quasi etnico” una sorta di “reazione identitaria” dopo anni di predominio statunitense, ma lo ha fatto senza sfociare in regime autoritario. In Venezuela negli ultimi cinque lustri c è stata sicuramente una centralizzazione della ricchezza, ma vi è stata anche una redistribuzione. Il passaggio ulteriore che auspico per il popolo venezuelano è il superamento del “chavismo”. Quindi al di là delle condizioni di salute di Chavez, è proprio sulla vitalità e le spinte della democrazia venezuelana, tutt’ altro che sopite, che si deve puntare per completare il percorso di una democrazia sempre più genuina. Il miglioramento di molti istituti di democrazia partecipativa attivati nell’epoca chavista non puo’ che essere un obbiettivo per far crescere ulteriormente il giovane ma robusto, spirito democratico dei venezuelani.

Nonostante il peculiare contesto sociale venezuelano credi che alcuni istituti di democrazia diretta introdotti da Chàvez possano essere esportati nel resto del mondo?
Sono da sempre un estimatore della democrazia diretta ma penso che ogni contesto sia particolare, proprio per questo credo che non si possano importare pacchetti di democrazia partecipativa e impiantarli in diversi contesti culturali, a piacimento. L’esempio di altre virtuose esperienze, da noi la più vicina è la Svizzera, deve servire come stimolo ma non si può trapiantare così come è ci sono modelli culturali contrastanti che vanno mediati insomma la conoscenza e il confronto sono il frutto per far nascere esperienze nuove e proficue.

Con la caduta del Muro di Berlino sono svaniti anche i confini netti fissati precedentemente dalle ideologie politiche dominanti. Oggigiorno è estremamente difficile per un cittadino identificarsi in un partito politico e quindi prendere una decisione razionale al momento delle elezioni. Non sarebbe più utile coinvolgerlo direttamente nelle decisioni su questioni concrete?
Come sottolinei bene dopo la caduta del muro e  di questo tempi ci siamo trovati di fronte alla crisi di due ideologie che hanno segnato il novecento, il socialismo reale che è stato il primo a implodere  e il neoliberismo che ha mostrato i limiti strutturali con la crisi pesantissima del 2008 partita dai mutui sub-prime negli Stati Uniti e poi arrivata anche nel Vecchio Continente. La crisi di un’ ideologia non vuol dire la sua automatica fine e noi stiamo attualmente vivendo “i colpi di coda” del neoliberismo. Quindi non credo che si possa parlare di difficoltà di un cittadino di identificarsi in un partito politico perché le ideologie sono finite, probabilmente la difficoltà nasce proprio perché la fine deve ancora avvenire definitivamente. L’influenza di modelli economici anche dominanti culturalmente, ma falliti nei fatti, sta segnando  tragicamente le nostre esistenze. Vanno sperimentate idee nuove e vanno accantonati strumenti superati; senza correre il rischio però di buttare via il bambino con l’acqua sporca confondendo la fine delle ideologie con la fine della idee ciò produrrebbe un’altra catastrofe. Pensare che l’ unico strumento di salvezza siano la democrazia diretta e la partecipazione è altrettanto pericoloso. La democrazia diretta è sicuramente un mezzo per arrivare migliorare la nostra democrazia adesso “in coma”, è fondamentale valorizzare la cultura “partecipativa” coinvolgere i cittadini nelle decisioni ma affianco a questa ci vogliono anche delle idee di fondo da condividere. Intendo dire che sostenere che  dopo la caduta del muro di Berlino e la crisi del neoliberismo destra e sinistra siano delle categorie superate dal mio punto di vista è un errore, la differenza sui i valori su cui si basa la propria vita rimane. La cultura della democrazia diretta dovrebbe essere uno strumento bipartisan, utilizzato da tutti gli schieramenti e non in maniera populistica come spesso accade. La partecipazione e l’intervento dei cittadini dentro la definizione di un programma politico o dentro la sua attivazione devono diventare un percorso naturale di ogni soggetto o realtà che si definisce realmente democratica.

La prosperità di un paese non è solo data dalla qualità delle leggi e della classe dirigente ma soprattutto dal senso civico dei cittadini. Credi anche tu che il cittadino possa acquisire più consapevolezza e più rispetto per le leggi se coinvolto concretamente nei processi decisionali?
Credo che questo sia fondamentale e ancor più importante in un paese come il nostro in cui lo stato è visto, a volte anche a ragione, come distante dai cittadini. Insomma uno sguardo civico va ricostruito dopo il ventennio berlusconiano, che purtroppo ha prodotto germi culturali e politici che, hanno intaccato tutto il nostro paese e noi stessi. Dobbiamo tutti fare una seria analisi sinistra destra o centro che sia per cogliere in questa crisi come l’occasione per espellere quel po’ di berlusconismo che ci è arrivato inevitabilmente. In questi anni i cittadini italiani sono stati presi in giro e si sono anche fatti prendere in giro mettendosi nelle mani di un venditore di fumo, si è prodotta così una pericolosa regressione antropologica. Sicuramente la partecipazione e il coinvolgimento concreto nei processi decisionali dei cittadini può che farli riavvicinare alla cosa pubblica facendoli sentire protagonisti, smarcandoli dall’apatia di consumatori inebriati e poi bidonati.

Nel corso della raccolta delle firme promossa dal comitato di “Più Democrazia in Trentino”, hai dato il tuo sostegno personale organizzando un incontro pubblico in Valle dei Laghi, zona dove le realtà associative hanno promosso interessanti progetti di utilità sociale. A tuo avviso, quali fra gli istituti contenuti nel ddl 328/XIV possono essere recepiti in un contesto di quel tipo?
Associazione Banca del Tempo - seduta in centro la presidente Angelina PisoniLa Valle dei Laghi è un area piuttosto particolare in cui vivono diecimila persone circa, ha una sua particolare territorialità e sicuramente strumenti di democrazia diretta e partecipativa potrebbero stimolarla nel crescere sia da un punto di vista democratico che identitario. La Comunità di Valle è ancora un ente piuttosto fumoso e i sei comuni fanno scudo difendendo le loro competenze. Il livello intermedio inserito dalla provincia per ora  ha sviluppato poca partecipazione, speriamo in futuro. Penso che  eliminare il quorum o quanto meno abbassarlo potrebbe essere un primo passo verso un utilizzo interessante degli strumenti della democrazia diretta.

Pur non essendo presente in Consiglio Provinciale in questa legislatura, SEL ha maturato una posizione riguardo al ddl 328/XIV che si propone di introdurre nuovi strumenti di democrazia diretta? Se sì, quali sono le proposte maggiormente condivise?
Anche al nostro interno abbiamo iniziato un importante confronto, proprio grazie allo stimolo dato dal percorso importante compiuto dal comitato “Più democrazia in Trentino”, sulla questione della partecipazione e della democrazia diretta. La nostra posizione è chiara siamo aperti al coinvolgimento dei cittadini e alla partecipazione, per esempio porteremo avanti la battaglia per l’abbattimento del quorum, che potrà anche essere progressivo ma che punta all’azzeramento proprio perché pensiamo che questo potrebbe sviluppare una “relazione” nuova, attiva e proficua fra i cittadini e la cosa pubblica. Dopo di che rispetto alle proposte siamo interessati anche a quella del referendum propositivo e naturalmente anche a dei percorsi interni alle scuole sulla democrazia diretta. Personalmente sottoscrivo tutte le proposte presenti nel ddl 328/XIV.

Il Pd trentino non sembra ben disposto alle pratiche partecipative basta vedere quanto accaduto nel consiglio comunale di Trento [post ndr e di Rovereto]. Visto che tra Sel e Pd c’è un’alleanza, qual è il terreno comune fra Sel e Pd in tema di democrazia diretta?
Be il terreno comune dobbiamo ancora trovarlo su tante cose con il Pd locale, certo il patto che abbiamo stipulato firmando la carta “Italia Bene Comune” sarà la nostra stella polare. Ma ora come ora i rapporti a livello locale sono ancora piuttosto freddi fra Sel del Trentino e il Pd che fa parte della maggioranza provinciale anche per la presenza di soggetti politici che guardano anzi hanno Monti come punto di riferimento e al suo operato come un esempio. Sel come sapete si pone in alternativa al “montismo”, quindi anche i rapporti locali sono tutti da definire se il Pd si sposterà troppo al centro sicuramente noi non ci faremo trascinare. Dopo di che riguardo la democrazia diretta noi porteremo avanti i nostri punti condivisi dal gruppo locale e cercheremo se ve ne sarà la possibilità di influenzare più possibile il nostro alleato.

Qualora l’iniziativa popolare venisse tramutata in legge, in che modo e con quali tempi credi che la proposta del nostro disegno di legge possa cambiare il futuro dell’assetto democratico in Trentino?
I percorsi di consolidamento della cultura partecipativa sono complessi, poi in un territorio particolare come il Trentino non sarà facile. Tuttavia la spinta dal basso che avete mosso con il comitato “Più Democrazia in Trentino”, sta intercettando un bisogno che da qualche anno pulsa in parte della società Trentina. Infatti la sorta di logica di fiducia nel “principe vescovo” che ha caratterizzato il percorso di governo di Lorenzo Dellai tramontando dopo che sono venuti a galla dei “punti neri” in quello che per decenni è stato descritto come il “buon governo” della provincia di Trento. Quindi la vivacità e il senso critico di alcuni cittadini, che è stato espresso spesso attraverso comitati che sono nati su questioni importanti come quelle dell’inceneritore o della caserma militare di Mattarello, avrà la possibilità di trovare uno sbocco partecipativo effettivo. Sicuramente se le proposte interne al ddl 328/XIV faranno breccia nel dibattito politico e se  diventeranno in futuro parte della pratica democratica segneranno a fondo il contesto in cui viviamo andando a modificare in maniera proficua anche la visione di un concetto tanto importante per la nostra provincia l’Autonomia.

Links:
L’esperienza dei consejos comunales a Cumanà fra clientelismo e conflitti urbani
di Jacopo Zannini

I consejos del Venezuela: il paradosso del centro
di Jacopo Zannini

Bruno Firmani: favorevole a quorum zero e più partecipazione

Nei giorni scorsi grazie all’aiuto di Elena Baiguera Beltrami siamo riusciti ad entrare in contatto con il Consigliere provinciale dell’Italia dei Valori, prof. Bruno Firmani, il quale con celerità e cortesia ha risposto ai nostri quesiti. Anche in questa occasione dobbiamo riconoscere il rispetto e la comprensione che il consigliere ha dimostrato nei confronti dell’iniziativa popolare promossa da Più Democrazia in Trentino. Lo stesso, infatti, era stato l’unico fra i Consiglieri provinciali a presentarsi all’incontro con Bruno Kaufmann, Chi ha paura dei cittadini?, nel settembre scorso.
bruno firmaniBruno Firmani, romano di origini è professore in pensione di Analisi Matematica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Trento. E’ stato eletto consigliere nelle fila dell’Italia dei Valori nel 2008. E’ quindi stato nominato Presidente della Giunta delle elezioni, segretario della Prima Commissione permanente nonché componente effettivo della Commissione per i rapporti internazionali e con l’Unione europea. Infine, è attualmente candidato alle nazionali fra le liste di Rivoluzione Civile proprio insieme a Baiguera Beltrami.

Di seguito l’intervista:
Alex: Lei, Cogo (ddl 222/XIV) e Bombarda (ddl 330/XIV), insieme al comitato Più Democrazia in Trentino (ddl 328/XIV), siete gli unici a sostenere l’eliminazione del quorum di partecipazione nei referendum provinciali. Ci può indicare il percorso che L’ha portata a maturare la convinzione di rimuovere il quorum?
Firmani: La democrazia diretta ha molti vantaggi, anche se non può risolvere tutti i problemi. L’esistenza del quorum ha consentito di unire i voti contrari ai non votanti e questo ha costituito un vulnus per la democrazia ed ha permesso evidenti abusi. Anche l’assenza del quorum può creare qualche problema, ma certamente immensamente minore della normativa attualmente in vigore. Un evento interessante, da questo punto di vista, è stato rappresentato dagli ultimi referendum costituzionali. In quanto tali non era previsto alcun quorum, ma proprio questo fatto ha spinto la maggioranza degli elettori ad andare a votare.

D. Diverse organizzazioni internazionali raccomandano sia ai governi nazionali che a quelli locali di introdurre misure di partecipazione dei cittadini. In particolare il Consiglio d’Europa – istituzione composta da 47 paesi – si è espresso per la rimozione dei quorum nel referendum e per l’abbattimento degli ostacoli per la raccolta delle firme. Un adeguamento della normativa nazionale è francamente utopico mentre invece a livello locale ci si potrebbe aspettare qualcosa di più. Nonostante ciò solo 3 consiglieri su 35 sono a favore di misure tanto auspicate per la democratizzazione delle istituzioni provinciali. Come mai i rappresentanti politici trentini sono così legati ad un assetto storicamente superato e ostile alle tendenze innovatrici?
R. Questa domanda andrebbe posta agli altri 32 consiglieri. Io potrei soltanto immaginare i motivi di questi comportamenti, ma potrei anche essere facilmente smentito dagli interessati. Credo che la cosa più semplice sia quella di lasciare ogni persona sola di fronte alle proprie responsabilità e vedere poi come si comporta.

D. Quali sono le altre proposte contenute nel ddl 328/XIV che lei intende appoggiare?
R. In generale sono favorevole ad una maggiore partecipazione dei cittadini alle decisioni pubbliche: Svizzera docet. I tempi ormai strettissimi che ci separano dalla fine della legislatura impongono di scegliere di ottenere qualcosa subito. In questo caso occorre concertare con le altre forze politiche e verificare cosa sono disposte a concedere.

D. Quali sono le proposte del ddl 328/XIV che lei non condivide e per quale ragione?
R. Ripeto, sono generalmente favorevole alla partecipazione popolare nelle decisioni politiche. Sarebbe ragionevole cercare di una sintesi unificante.

D. La proposta di deliberazione comunale Quorum Zero discussa a dicembre in seno al Consiglio comunale di Trento è stata interpretata negativamente con un’inutile riduzione del quorum di partecipazione ed un innalzamento significativo degli ostacoli per la raccolta delle firme. Visto che i partiti al governo sono gli stessi, di questo passo a livello provinciale si corre il rischio di peggiorare la LP 3 del 5 marzo 2003 anziché di accogliere le istanze progressiste del ddl 328/XIV. Una delle possibili soluzioni per evitare spiacevoli sorprese è quella di rimandare la trattazione finale del ddl agli eletti della prossima legislatura sperando di trovare consiglieri più aperti alla transizione democratica. E’ una soluzione percorribile?
R. Direi, visti i tempi di questa legislatura, che si tratta di una soluzione quasi inevitabile.

D. L’articolo 1 della Costituzione Italiana dice che la sovranità appartiene al popolo. Questo implica un sistema politico in cui il popolo è detentore dell’autorità politica suprema, vale a dire appunto che la sovranità dello stato appartiene al popolo. Per avvalorare questa ipotesi il popolo – quando lo ritenesse opportuno – dovrebbe essere nelle condizioni di esercitare tale sperata sovranità direttamente, per esempio mediante la conferma di leggi (ref. Confermativo) proposta di leggi e la sua approvazione diretta (ref. Propositivo o iniziativa popolare). Nei fatti però il popolo italiano sia a livello nazionale che a livello locale può proporre ed approvare nuove leggi solo in forma indiretta. Al massimo può abrogarle. Storicamente le battaglie per i diritti politici sono state tra le più difficili e cruente e solo a distanza di anni si è compreso pienamente il valore delle conquiste. Cosa dobbiamo fare per mettere in pratica il principio della volontà popolare con mezzi democratici?
R. Le leggi di iniziativa popolare ed i referenda sia abrogativi che propositivi sono da considerare un utile strumento di democrazia. Non il solo, però molto utile. Alcune norme, che per bassi motivi clientelari sono bloccate qui in Italia, potrebbero essere rapidamente approvate se si interpellassero i cittadini.

D. I 10 referendum sardi (abrogativi e consultivi) ed il referendum della Valle d’Aosta – il primo referendum propositivo di successo nella storia italiana – ci evidenziano come i cittadini siano in grado di proporre e prendere decisioni altrimenti difficilmente realizzabili in un regime di democrazia rappresentativa puro. Questo fa ben sperare per miglioramenti normativi futuri anche se c’è il rischio piuttosto elevato di una risposta reazionaria da parte dei partiti. A Suo avviso, quale tendenza prenderà il sopravvento a seguito delle prossime elezioni? Lo sviluppo ed il consolidamento dei diritti politici o il continuo distacco della casta dal popolo?
R. Alla luce della incertezza politica del momento attuale, a queste domande è impossibile rispondere se non si è in possesso di capacità divinatorie.

D. La sentenza di non ammissibilità dei quesiti referendari della Consulta per abrogare il Porcellum e la successiva scelta dei partiti di mantenere l’attuale legge elettorale, non è certo un buon viatico per le prossime elezioni. L’impotenza e la frustrazione del popolo non rischiano di minare la convivenza civile e il capitale sociale degli italiani?
R. Secondo me la tremenda crisi economica, sociale e finanziaria rischia di far precipitare il nostro Paese in un baratro profondissimo, più delle decisioni della Consulta.

D. Nella British Columbia dei cittadini estratti a sorte con il supporto di alcuni tecnici avevano scritto una nuova legge elettorale poi sottoposta a referendum. Altri esempi di notevole successo prodotti demosortecrazia esistono in Islanda, Australia e USA. Noi abbiamo pensato all’istituto dei pritani al fine di dare pareri apartitici sia su politiche pubbliche sia sull’operato delle società controllate e/o partecipate della provincia. Un sogno che si può realizzare?
R. Se dipendesse soltanto da me, questo sogno sarebbe vicino alla sua realizzazione.

D. L’IdV ha fatto ampio ricorso agli strumenti di democrazia diretta nazionali. Simultaneamente però il proprio leader Antonio di Pietro – in modo similare a Grillo – si ritiene che accentri eccessivamente il potere su di sé. Le due situazioni non Le sembrano incongruenti?
R. E’ sbagliato supporre che Antonio Di Pietro accentri su di sé troppo potere. Questa domanda manifesta, purtroppo, una certa dose di superficialità, se non malafede. E’ triste constatare che anche coloro che si definiscono “popolo sovrano” non sono indipendenti e soffrono degli stessi mali dei politici di professione.

Gli statuti comunali di Rovereto e di Lugano. Una breve comparazione dei diritti di iniziativa popolare.

CARLO_BARONI_palazzo_podestàDomani si dovrebbe discutere della proposta di iniziativa popolare per l’abolizione del quorum nei referendum comunali a Rovereto. Nelle discussioni avute con i Consiglieri negli incontri di preparazione che avverso i referendum in generale, e al quorum in particolare, vi sono grandi riserve. E il precedente di Trento non fa ben sperare. Continua a leggere

Riccardo Fraccaro su democrazia diretta e democrazia rappresentativa

Tra i vari politici e i candidati alle prossime elezioni che abbiamo contattato nei giorni scorsi, Riccardo Fraccaro è stato il più celere a rispondere alle nostre domande. Riccardo oltre che essere membro costituente del comitato di Più Democrazia in Trentino è anche candidato alle prossime elezioni nazionali nelle fila del Movimento 5 Stelle. Di seguito domande e riposte dell’intervista:

Riccardo FraccaroAlex: Il 12 gennaio 2012 sei stato uno dei 12 costituenti del comitato civico apartitico Più Democrazia in Trentino. Quali erano le motivazioni che ti hanno spinto ad aderire al comitato? Come giudichi il lavoro che è stato fatto fino a questo punto? Condividi tutti i punti della proposta?
Riccardo:
La mia adesione al comitato è stata spontanea e naturale. Non potevo certo sottrarmi nel dare un contributo ad un progetto che aveva e che conserva tuttora l’aspirazione a promuovere la partecipazione e la democrazia diretta: quelli chi io ritengo essere gli elementi più importanti per migliorare la società in cui viviamo. Voi un giudizio onesto su questa esperienza, su quanto il comitato ha prodotto: la proposta emersa è meravigliosa. E’ sempre incredibile osservare quali risultati si possono ottenere con la compartecipazione delle idee; quali competenze possono emergere in un contesto democratico di lavoro…..chi non ne a mai fatto esperienza non può nemmeno immaginarlo. L’unico elemento che mi trova contrario è la previsione di quote rosa per la composizione dei Pritani, semplicemente perché non necessaria. Dalla mia esperienza nel M5S quando c’è democrazia diretta reale la componente femminile viene eletta naturalmente senza bisogno di quote garantite. Questa prassi è nata in seno alla nostra classe dirigente perché ingessata e falsamente democratica, precludendo un vero apporto spontaneo dalla base nella scelta dei rappresentanti.

Come credi che ne uscirà il disegno di legge di iniziativa popolare dalla discussione in Consiglio provinciale? A prescindere dal risultato finale prodotto dall’elaborazione del Consiglio, credi che il comitato di Più Democrazia in Trentino debba proseguire la sua esperienza?
Se devo basarmi su quanto avvenuto a livello comunale con l’iniziativa Quorum Zero a Trento, il disegno di legge di iniziativa popolare incontrerà consiglieri provinciali capaci di grandi discorsi farciti di ipocrisia sull’importanza della partecipazione dei cittadini e sulla democrazia, salvo poi trovare qualsiasi pretesto per limitarne l’espressione, che in realtà si leggono come un istintiva paura di perdere il potere. Quindi sarebbe una grave perdita se di fronte a questa prospettiva il comitato interrompesse la sua opera di promozione e sensibilizzazione. La proposta di legge è solo il primo importante passo di un lungo cammino.

Per poter sostenere la tua candidatura alla Camera hai dovuto raccogliere le firme a sostengo della lista. Ritieni che la procedura per la raccolta delle firme possa essere semplificata al fine di favorire la partecipazione dei cittadini adeguandola così alle modalità indicate nell’Iniziativa dei Cittadini Europei?
Non voglio lamentarmi per gli sforzi irragionevoli e gli ostacoli burocratici che nell’epoca di internet si richiede a un cittadino per candidarsi alle politiche se non fai parte di un partito al potere, ma mi limiterò a riportare la frase che mi sono sentito dire dagli impiegati degli uffici elettorali in giro per il Trentino: per favore, se mai andrete su, cambiate la legge elettorale, non è possibile dover fare tutte ‘ste carte nel 2013!

Negli ultimi anni ci siamo stati abituati a sopportare una classe politica con uno spessore etico prossimo alla zero. Altro che Quorum Zero! Inoltre, storicamente, in differenti contesti sociali, tutti coloro che inizialmente erano favorevoli ad un ampliamento degli istituti di democrazia diretta, una volta che sono andati al potere hanno cambiato idea al fine di perseguire con più efficacia i propri interessi personali e di partito. Perché i candidati del M5S dovrebbero avere qualcosa di diverso rispetto agli altri rappresentanti politici che si sono conformati all’attuale sistema?
I candidati del M5S sono esseri umani e come tali non indifferenti a vizi, difetti, incongruenza. La cosa che li rende unici nel panorama italiano è la loro provenienza. Non conoscono gruppi di interesse, lobby, amici che gli danno una spinta, non devono garantire favori a nessuno, non hanno dovuto fare militanza presso un partito e scendere a compromessi per arrivare nelle prime file. E questo li rende liberi di poter fare il bene dei cittadini prima che quello dei pochi portatori di interessi.

In linea teorica il M5S sostiene i principi della democrazia diretta. Tuttavia il M5S – prendendo spunto dalla teoria sulla legittimità del potere di Weber – si fonda su un concetto di legittimità del potere di tipo carismatico dove il leader, Grillo in questo caso, ha una missione eroica da compiere al quale tutti si adeguano con fascinazione ed ammirazione. Questa situazione controversa che mescola emotività nel seguire il leader salvifico e razionalità nel proporre soluzioni concrete, se da un lato può stravolgere le regole del potere esistente dall’altro può portare al nulla o a delle derive democratiche. A grandi linee questa è anche la critica mossa dal Pd. Trovi che sia un’analisi troppo estrema?
Prendendo spunto dalla teoria sulla legittimità del potere di Weber, il M5S si fonda su due poteri:
1)   Quello legale-razionale che poggia sul diritto a rappresentare i cittadini da coloro che sono chiamati dalla società civile. E questo potere spetta esclusivamente ai candidati del M5S, cittadini incensurati che credono nella democrazia diretta, nella politica come impegno civile e lo dimostrano con uno stipendio allineato alla media degli stipendi nazionale, con la non cumulabilità delle cariche e il divieto di fare più di due mandati;
2)    Quello carismatico di Grillo che serve solo a rompere gli schemi rigidi e parassitari del sistema informativo e politico nazionale. E’ la testa d’ariete che rompe le mura delle istituzioni per far entrare i cittadini, nonché il garante delle poche regole di condotta degli eletti. Il suo ruolo politico finisce lì, come testimoniato dalla attività del M5S in tutte le istituzioni in cui siamo presenti. Questa sinergia, questo metodo è la vera rivoluzione che il MoVimento porta con se. Certo in un sistema democratico non se ne sentirebbe il bisogno, ma attualmente questo connubio è indispensabile per dare spazio a chi non ne avrebbe avuto, non per demeriti, bensì perché coraggiosamente fuori dal sistema.

I voti dei cittadini che non si recano alle urne per le elezioni non incidono per nulla nel conteggio delle preferenze. A fini elettivi i non votanti non sono considerati. Paradossalmente con il premio di maggioranza i non votanti è come se votassero per la maggioranza pur non avendo votato per nessuno. Questo invece non avviene con il referendum con il quorum al 50% dove i non votanti vengono assimilati ai contrari. Pur essendo questo un palese freno alla partecipazione, l’Italia con i propri enti territoriali non si adegua agli standard democratici degli altri paesi occidentali. Quali sono a tuo avviso le ragioni a questa ostinazione?
Concentrazione del potere, arroganza, arricchimento personale, corruzione, interessi lobbistiche da tutelare, paura della volontà popolare, individualismo, disonestà intellettuale.

Cosa ne pensi dell’idea di Flores d’Arcais di attribuire i seggi dei parlamentari eletti solo in proporzione del numero dei votanti e sorteggiare il resto fra coloro che non si sono recati alle urne? D’altra parte in linea teorica se un cittadino non trova nessun candidato di suo gradimento (o che qualsiasi candidato sia comunque influenzabili da chi lo appoggia) potrebbe preferire che il proprio rappresentante venga estratto a sorte così da avere la garanzia che questo non sia sottomesso all’influenza di nessun partito o gruppo di potere. Troppo utopica come idea? In quali contesti utilizzeresti i meccanismi propri della demosortecrazia?
La democrazia delegata priva di strumenti reali di democrazia diretta ha distorto il significato originario della rappresentanza popolare. La realtà in cui viviamo è così disabituata alla democrazia che appare sconcertante come nell’antica Atene era consentito ai cittadini accedere alle cariche istituzionali mediante sorteggio. Ricordo inoltre il sistema ad estrazione viene utilizzato nei paesi anglosassoni per selezionare la giuria che giudica i processi. Io credo che questa prassi possa trovare un applicazione positiva nella prassi istituzionale del Paese se abbinata alla democrazia diretta a quella rappresentativa in quanto evita clientelismi come anche l’immorale mercato dei voti e delle poltrone. Del resto il disegno di legge di iniziativa popolare presentato dal comitato va positivamente in questa direzione con l’istituzione dei Pritani.

Insieme a Elisa Filippi (che abbiamo intervistato e dalla quale siamo in attesa di risposte) tu sei uno dei candidati più giovani in lista fra le varie fazioni in campo. Per prepararti alla campagna elettorale hai chiesto un part-time. Un bel rischio di questi tempi in cui il lavoro scarseggia. Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a questa decisione? C’è qualcuno che ti ha spinto e ti ha appoggiato in questa impresa?
La democrazia richiede per funzionare due cose essenziali: libertà di informazione e partecipazione. Attualmente entrambe scarseggiano, ed in alcuni casi sono completamente assenti. Chiunque voglia contribuire, fare la sua parte per cambiare le cose, deve necessariamente rischiar qualcosa, mettere qualcosa di suo. Io ci sto provando come molti altri……e poi nella vita bisogna fare qualcosa di folle ogni tanto, altrimenti che noia!!!

Se dovessi essere eletto quali saranno le tue prime cinque proposte? Qualora non fossi eletto continuerai ad occuparti di politica?
Le prime 5 proposte se dovessi essere eletto: quelle che i cittadini iscritti al MoVimento mi chiederanno di proporre. Le mie priorità personali sono (ma valgono uno): sostegno alle PMI; reddito di cittadinanza garantito; referendum propositivo ed abrogativo senza quorum; abolizione dei monopoli di fatto; informazione libera. Per rispondere alla seconda domanda: per me fare politica significa anche fare parte di un comitato per la democrazia diretta apartitico, quindi la risposta è sì.

Lettera ai consiglieri provinciali

Di seguito la lettera inviata la sera del 4 gennaio ai funzionari della Prima Commissione del Consiglio Provinciale e chiedendo che sia reindirizzata al Presidente della commissione ed ai consiglieri provinciali:

Consiglio provinciale di TrentoTrento, 3 gennaio 2013

Illustrissimo Presidente della Prima Commissione
Sig. Renzo Anderle
Gentili consiglieri ed egregi consiglieri provinciali Continua a leggere