
Un recente editoriale pubblicato nei giorni scorsi su Federalismi del professor Sandro Staiano, ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università Federico II di Napoli, offre una chiave di lettura molto utile per comprendere le attuali dinamiche di potere nelle regioni italiane. L’analisi di Staiano descrive un fenomeno che definisce “torsione monocratica”: una trasformazione politico-istituzionale che ha progressivamente concentrato il potere nelle mani di un’unica figura, il Presidente di Regione eletto direttamente, con profonde conseguenze sulla rappresentanza democratica e sul sistema dei partiti.
Continua a leggere






Nonostante la civiltà occidentale rivendichi l’invenzione della democrazia, Graeber ci mostra come in molte società “altre” ci siano state, nel tempo e nello spazio, forme democratiche basate sull’auto-organizzazione comunitaria ben lontane dal paradigma occidentale gerarchico e disegualitario. Non solo, nello stesso Occidente stiamo assistendo alla nascita tumultuosa di nuovi movimenti di critica radicale dell’esistente che stanno sperimentando una molteplicità di processi decisionali egualitari fondati su pratiche orizzontali e modalità di condivisione. Proprio questi esperimenti sociali in atto dimostrano come la democrazia sia un’invenzione molto più ricca e articolata della riduttiva concezione statuale imposta dall’Occidente come modello unico. Anzi, è proprio questo modello a essere oggi in crisi, perché è fallito il suo progetto di coniugare le procedure democratiche con i meccanismi coercitivi dello Stato e dunque creare democrazie nel senso pieno del termine.
di Stéphan Hessel e Edgar Morin: “E’ innegabile che esistano dei processi di degenerazione inaridimento della democrazia. La deriva oligarchica è uno di questi, ma ce ne sono altri. All’origine di queste derive c’è anche la perdita del coinvolgimento civico, che si traduce per esempio nell’assenza di democrazia cognitiva, ovvero nell’incapacità dei cittadini di acquisire conoscenze tecniche e scientifiche che permetterebbero loro di capire e di affrontare problemi sempre più complessi. 

* di Stephan Lausch – estratto da “Con più democrazia verso più autonomia”, POLITiS aprile 2014 – a cura di Thomas Benediketer
«Le grandi opere non solo sono distruttrici, non solo assorbono grandi quantità di denaro estorto a tutti noi, ma disegnano un’organizzazione sociale futura, con conseguenze sulla qualità di vita, su quella del lavoro, sul mercato immobiliare, sulla produzione e distribuzione dei beni alimentari e di consumo, sull’esigenza di sempre nuove fonti energetiche, e così via. 


[…] (Lo Statuto dello Spinale ndr) Si tratta di una realtà collettiva, di un fatto di popolo, che riguarda il diritto, naturalmente, che riguarda l’economia, altrettanto naturalmente, ma che riguarda prima di tutto la società, il dato sociale, che riguarda un’intera comunità, di cui le Regole e il loro Statuto è appunto la forma giuridica. Si tratta, lasciatemelo dire come professore di storia del diritto, di una realtà che rispecchia la dimensione ordinativa: il diritto come ordine sociale vissuta come una “seconda natura”, il diritto che non nasce come precetto imposto dall’alto, come imposizione, come decisione che cala sulle teste dei cittadini come semplici destinatari, ma come un ordine che la società si dà da sé, si dà dal profondo del suo costume e delle sue convinzioni e pratiche collettive.
Abbiamo una costituzione che non emula le leggi dei vicini, in quanto noi siamo più d’esempio ad altri che imitatori. E poiché essa è retta in modo che i diritti civili spettino non a poche persone, ma alla maggioranza, essa è chiamata democrazia: di fronte alle leggi, per quanto riguarda gli interessi privati, a tutti spetta un piano di parità, mentre per quanto riguarda l’amministrazione dello stato, ciascuno è preferito a seconda del suo emergere in un determinato campo, non per la provenienza da una classe sociale, ma più che per quello che vale. E per quanto riguarda la povertà, se uno può fare qualcosa di buono alla città, non ne è impedito dall’oscurità del suo rango sociale.
«Io ho cercato un sintomo che ci faccia conoscere quando venga leso il diritto in un uomo; e l’ho trovato nel risentimento morale […] 